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“Contro questa legge ignorante”

“Contro questa legge ignorante”

Referendum/ La lettera dell’Udi napoletano - L’Udi di Napoli parla di: “Norme persecutorie verso il genere femminile”, “Sulle motivazioni e sul senso di questa battaglia, nei media, si sta operando una vera e propria censura”

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2005

Nella legge 40, sulla cui parziale abrogazione gli Italiani saranno chiamati ad esprimersi, sono contenute norme, al di là della complessiva “sgrammaticatura costituzionale”, persecutorie verso il genere femminile e le libertà raggiunte in anni nei quali le lotte femministe hanno coinvolto la politica su livelli di crescita altrimenti impensabili.
Lo stridente contrasto tra la stessa idea di poter imporre per legge un sistema di vessazioni sistematiche verso chi segue uno dei percorsi oggi possibili verso il desiderio di maternità, e la soggettività acquisita da donne per tutte le donne, è l’aspetto che segna in modo evidente l’ingiustizia e l’iniquità oggettiva della legge stessa.
Una legge quindi inemendabile, e la durezza del dibattito parlamentare ha rispecchiato solo in minima parte il tipo d’opposizione che il femminismo e le associazioni femminili, presenti fin dalle prime battute, anche con lunghissimi presidi sotto il parlamento, hanno articolato.
L’andare oggi al referendum, se pure con un tardivo ampio schieramento, è il risultato di un percorso che ha segnato la netta divaricazione tra eletti e cittadine.
Le donne, nel raccogliere tutte le loro energie per una battaglia non voluta, rispetto al flagrante tradimento di coloro che avevano delegato a rappresentarle, oggi lavorano all’interno dei comitati adattandosi ad un obiettivo comune, spesso riduttivo, rispetto alla necessità di cancellare definitivamente quel mostro normativo e politico che è la legge 40.
Sulle motivazioni e sul senso di questa battaglia, nei media, si sta operando una vera e propria censura, ed anzi diventa sempre più evidente l’imposizione di un’informazione parziale e dal tono respingente e specialistico, con l’aggravante di alcune scelte che contrastano con un’ispirazione realmente pluralistica: l’ampio risalto, a scapito dei soggetti realmente referendari ( i comitati per il sì e per il no), dato alla campagna per l’astensione, che rappresenta bene alcuni poteri forti ma non il paese.
Come sempre, tutto questo, a conferma di un modo di intendere l’informazione, a beneficio di ristretti gruppi di potere.
Da parte di televisioni e giornali, nell’ambito dei quali qualcuno si è anche arrogato il diritto di dire cosa le donne pensano, senza minimamente interpellarle, come il direttore Ferrara , si deve immediatamente rivedere e qualificare l’informazione sul referendum, compiendo il dovuto risarcimento verso l’associazionismo femminista e femminile.
L’aver oscurato in modo colpevole la vera e più radicale opposizione al progetto di riduzione civile ed umana verso le donne, contenuto in questa legge “ignorante” anche della sapienza giurisprudenziale corrente, apre il sospetto che vincere il referendum viene avvertito come pericoloso anche da forze che s’impegnano formalmente per il si.
Alcune dichiarazioni, che correntemente vengono rilasciate, mentre invitano a votare si, chiedono una delega a busta chiusa ad operare in parlamento, ad urne chiuse, per una legge, che le donne non vogliono, invece di quel regolamento “leggero” che nessuno ha mai voluto prendere in considerazione. Si ripropone insomma un modo di operare, nel quale le donne siano ininfluenti ed inascoltate.
I pochi giorni che ci separano dal voto sono il tempo necessario, a coloro che si dichiarano a favore del si, a ristabilire una corretta comunicazione ed usare un linguaggio che consenta di raggiungere i veri nodi della disastrosa situazione creata dalla legge 40. Il raggiungimento del quorum , come del resto si è dimostrato nella storia referendaria del nostro paese, è strettamente legato all’affezione femminile al voto.
E dunque i partiti ed i singoli operatori dell’informazione si facciano carico di usare le loro grandi possibilità di pressione perché la Rai, le televisioni, i giornali, rispondano a questo elementare e basilare principio di pluralismo: riconoscere il diritto d’espressione a quella parte referendaria fino ad oggi censurata: il movimento delle donne. È questa l’unica strada percorribile per parlare all’elettorato, fornendo la corretta informazione sulla reale portata di questa battaglia, che deve parlare alle cittadine di ciò che realmente vivono, a causa di chi arrogantemente pensa che l’ordine debba fondarsi sul silenzio e la sofferenza di chi fino ad oggi ha consentito ad un progetto di trasformarsi in vita.

L’UDI di Napoli
(Napoli, 25/05/2005)

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