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“Chiamarlo amore non si può”, 23 racconti sulla violenza di genere

“Chiamarlo amore non si può”, 23 racconti sulla violenza di genere

Ilaria Guidantoni parte dalle identità plurali nel Mediterraneo

Venerdi, 06/12/2013 - Un racconto collettivo, 23 voci al femminili per parlare di violenza sulle donne, con declinazioni, stili ed emozioni molto diverse, unite per dire “no” a qualsiasi forma di sopruso, anche sottile. E’ questa l’avventura di “Chiamarlo amore non si può”, libro uscito il 25 novembre data simbolica, grazie al progetto della Casa Editrice Mammeonline di Foggia. Ne siamo venuti a conoscenza a Tunisi, da dove parte uno dei racconti, “Chéhérazade non abita qui” di Ilaria Guidantoni, scrittrice che ha rappresentato l’Italia al I Forum internazionale degli scrittori della regione Euro-Maghreb sul tema delle identità plurali. I lavori, che si sono svolti a Tunisi dal 9 all’11 novembre scorso appunto, si sono tenuti a Dar Lasram accanto al Club culturale Tahar Haddad, luogo simbolo della cultura di apertura e dialogo delle donne nel mosaico multiculturale della sponda sud del Mediterraneo. Haddad infatti, morto nel 1935 (il Club è nato nel 1975), fu un pedagogo, autore di opere istitutore di molti riconoscimenti alle donne e soprattutto alla loro capacità di ascolto, accoglienza e apertura alla diversità; all’esercizio nella mediazione. Oggi questo tema, dopo gli anni della cosiddetta emancipazione, della protesta, della liberalizzazione sessuale. Torna di grande attualità perché la società sta perdendo la bussola, rinnegando il rispetto della vita e maltrattando le storie come incontri funzionali dove le persone sono spesso mezzo e non sempre fine. Lo sguardo di Ilaria Guidantoni parte dalla cronaca, dalla denuncia, da un incontro di due donne, portatrici di una stessa violenza anche se di segno diverso, che parlano lingue solo apparentemente distanti ma trovano una comunione di sguardi e di accoglienza che superano il linguaggio verbale. L’idea del racconto è passare dalla denuncia alla proposta, alla prevenzione accogliendo l’altro quale che sia, di cultura diversa, di lingua sconosciuta grazie alla lingua delle emozioni. Al centro una novella nella novella, il racconto con la suggestione orientale di Sherazade (l’autrice usa volutamente la trascrizione francofona maghrebina dove ambienta il racconto) che è la parte più elevata della femminilità, la parola, che è carnalità e spiritualità insieme, tensione emozionale, apertura, contatto. Da giornalista non dimentica i fatti ma cerca di sublimarli, di trasferirli in una dimensione altra, dove il sogno sia ancora possibile, senza nessun romanticismo. Non parla neppure di donne ma di femminili cercando un modello inclusivo con il maschile. Il racconto si sarebbe dovuto intitolare “L’uomo che mordeva perché non sapeva baciare” che condensa tutto il dolore, la violenza e insieme la pietà verso la debolezza, come la protagonista racconta alla ‘figlia’. Nell’incontro tra due mondi c’è anche il messaggio sociale che è proprio della favole di oggi, lontane dal modello classico del mito, che attingono piuttosto alle cronache e l’impegno civile della scrittrice sui temi dell’integrazione e della mediazione dove la lingua e la letteratura giocano un ruolo centrale, com’è emerso dai lavori del Forum tunisino. Infine c’è in nuce un lavoro sul femminile che è soprattutto nel mondo del sud del Mediterraneo elemento collante nella società, relais tra livelli sociali, fedi religiose, ambienti culturali diversi, proprio per la capacità di accoglienza, metabolizzazione e autentica curiosità verso l’altro. Insomma coltivare il femminile significa rendere il maschile pienamente se stesso e fecondo. Il libro, progetto dell’Editore Donatella Caione, è in tournée: il viaggio è partito da Roma, con una tappa alla Camera dei Deputati, sarà tra l’altro a Matera alla Rassegna multiculturale di Mario Valentino, “Leggere e ascoltare” – dove Ilaria Guidantoni sarà con l’inviato Rai, Sandro Petrone – e continuerà un giro d’Italia promosso dalle diverse autrici. I proventi della vendita saranno devoluti all’Associazione Aidos per finanziare un centro in Bourkina Faso contro la mutilazione dei genitali femminili.

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