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“Butterfly”:  quando la boxe insegna a vivere e a rinascere

“Butterfly”: quando la boxe insegna a vivere e a rinascere

Nelle sale il documentario su Irma Testa, prima pugilessa italiana della storia a qualificarsi alle Olimpiadi, cresciuta nel napoletano ‘violento’, oggi farfalla

Mercoledi, 03/04/2019 - Volto d’angelo e volontà di ferro, o quasi. Irma, una ragazza come tante cresciuta in un paese ‘ghetto’, a soli 18 anni diventa campionessa di boxe. Anche grazie a un maestro d’altri tempi, Lucio Zurlo, 78 anni, primo allenatore e unica vera figura paterna per la ragazza, lo sport diventa per Irma un elemento fondamentale di riscatto e realizzazione di sé. Ma le rapide vittorie e la qualificazione alle Olimpiadi, cioè l’inizio di una brillante carriera sportiva, evidenziano presto il lato oscuro del successo: i lunghi mesi di allenamenti lontani da casa, la pressione mediatica e le aspettative ‘sociali diventano per Irma un peso insostenibile. La fragilità e la giovane età avranno il sopravvento ed Irma tornerà senza medaglie, per il mondo forse uno smacco, per lei un’occasione di maturità.

Questa la storia raccontata in “Butterfly” (trailer), film documentario di Alessandro Cassigoli e Casey Kauffman, due registi indipendenti che provengono dal reportage (“a noi piace molto la realtà”, dichiarano), che hanno intuito la potenza del racconto e hanno seguito da vicino Irma per un lungo periodo, prima, durante e dopo la sua esperienza olimpica, avendo deciso di portare a termine il loro lavoro sia se la ragazza avesse vinto sia se avesse perso a Rio.

Presentata alla Festa del Cinema di Roma nella sezione ‘Alice nella Città’, poi agli IFTA ed ora selezionato a Toronto, “Butterfly” è un’opera che, al di là dell’aspetto sportivo pure importante, racconta con sapienza estetica e narrativa, tra il detto e il non detto, un percorso formativo, con sogni, vittorie, sconfitte e rinascite.

Per una ragazza come Irma Testa, cresciuta in uno dei paesi più violenti del napoletano, la boxe ha significato, oltre ad uno sbocco professionale ed educativo, l’affrancamento dalle sue origini, la possibilità di superare i propri limiti e di dare speranza ad altre ragazze: ma dopo una cocente sconfitta come quella delle Olimpiadi di Rio (dove è stata battuta da due ragazze che lei stessa aveva sconfitto durante le qualificazioni), la giovane ha trascorso un lungo periodo di immobilità, delusione, solitudine e dubbi, chiedendosi se valesse la pena rinunciare alla sua gioventù per obiettivi sportivi che richiedono grandi sacrifici ma offrono poi risultati incerti. Lontana dai riflettori Irma può finalmente guardarsi dentro e cercare la sua strada: oggi, dopo un lungo percorso interiore, la farfalla ha ripreso a giocare e a vincere, con una consapevolezza ed una maturità diverse, supportata da Lucio, suo maestro di vita oltre che di boxe, e dalla sua famiglia.

“Quando tutto è iniziato ero molto giovane - racconta Irma - non avevo idea di cosa potesse diventare questo documentario: mi era difficile mostrare la mia fragilità, non solo ai registi che mi seguivano quasi come in un ‘pedinamento’ ma anche, immaginavo, ai futuri spettatori. Prima delle Olimpiadi, soprattutto, tendevo a mostrare solo la mia parte forte. Poi, dopo Rio, sono maturata, ero rimasta sola, a poco a poco ho iniziato ad avere fiducia nell’idea di raccontare la mia storia. La sconfitta è una delusione che ti porti dentro e può farti bene o male. Il rapporto con il mio maestro è stato fondamentale, lui mi ha portato dove sapeva che io potevo arrivare, sul ring e fuori dai luoghi brutti dove sono cresciuta, tutti dovrebbero avere un maestro Zurlo. Ma bisogna mettere in conto, nello sport come nella vita, la sconfitta, perché gareggiare implica tantissimi sacrifici: se perdi ti sembra di aver buttato via il tempo ma, se hai coraggio, ti rialzi e, se ce la fai, cresci come persona”.

Distribuito da Cinecittà Luce, il docufilm ‘Butterfly’ sarà presente in anteprima al Nuovo Cinema Aquila di Roma e, dal 4 aprile, sarà nelle sale del territorio nazionale.

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