Lunedi, 01/10/2018 - Spike Lee è tornato. A quasi trent’anni di distanza dalla sua partecipazione al Festival di Cannes con il film ‘Do the right thing’, che fece conoscere al mondo il talento di questo piccolo, grandissimo regista, inconfondibile per le sue opere concitate, inquiete, splendidamente girate e sempre impegnate contro il razzismo e a favore dei neri d’America, Spike Lee vince il Grand Prix (assegnato ai film di maggiore originalità o su temi importanti) con la sua ultima pellicola selezionata a Cannes 2018 nella competizione ufficiale, dal titolo “BlacKkKlansman” (gioco di parole fra black, Ku Klux Klan e man), tornando vincitore a graffiare e scardinare gli schemi, come ogni black panther che si rispetti (trailer).
Basato sulle memorie di Ron Stallworth, il film racconta le vicende di un poliziotto afro-americano infiltratosi nel Ku Klux Klan di Colorado Springs, negli anni Settanta: ogni scena è una gioia per gli occhi, dalla fotografia nitida che esalta l’elemento narrativo, all’atmosfera vintage sottolineata dalle luci e dai costumi, al montaggio perfetto ed al ritmo serrato - dal primo all’ultimo fotogramma - ottenuti anche grazie alla forza espressiva delle immagini, alla cura nella composizione delle scene girate stupendamente, con sistemi di macchina diversi ma perfettamente integrati fra loro. Il film di Spike Lee risplende di luce propria. E come se non bastasse “BlacKkKlasman” ha una sceneggiatura inossidabile, una storia avvincente, dialoghi perfetti e un messaggio forte e chiaro contro il razzismo dichiarato dell’America di Trump (a Cannes, in conferenza stampa, Lee si è schierato senza mezzi termini contro ‘quel tipo della Casa Bianca’, utilizzando epiteti pieni di rabbia) e contro i fatti criminali di Charlottesville.
La descrizione dell’ambiente sociale e culturale degli States anni Settanta proposta da Lee, mostra come la visione bianco-centrica del mondo e l’odio per i neri fossero ancora ben vivi (sottintendendo che ancora oggi le cose non sono realmente cambiate) ed evidenziano con grande ironia il paradosso di un agente di polizia nero in un dipartimento di bianchi, per di più inseritosi sotto copertura in uno dei più biechi gruppi razzisti del pianeta, ed essendo divenuto prossimo al Gran Maestro del Klan, David Duke (nel film Topher Grace). Nel film tutto si gioca sull’equivoco, costruito ad arte da Ron, che tesse la sua tela ed i suoi contatti con il Klan per telefono, mostrandosi paladino della causa contro i neri, e mandando poi fisicamente presso l’associazione il collega ebreo, bianco e disincantato, Flip Zimmerman (interpretato da Adam Driver, attore simpatico e gettonatissimo). Le indagini dei due si fanno sempre più pericolose man mano che si avvicinano al Klan, ed il rischio di essere scoperti dà vita a momenti di grande tensione e divertimento, con trovate decisamente geniali, pur dentro il dramma di toccare con mano la follia ‘esplosiva’ ed il degrado morale dei membri del Klan. Lee non risparmia neppure i giovani manifestanti Black Panther, esaltati dai propri slogan, inneggianti alla giusta parità ma non disposti ad accettare l’idea di un poliziotto nero, dalla parte delle istituzioni che emarginano i suoi fratelli.
“Il problema del razzismo non è solo americano ma tocca il mondo intero - ha affermato il regista - è un fenomeno globale. Dobbiamo svegliarci e non tacere, non si tratta di bianchi o neri, ma di tutti noi. Basti pensare che gruppi simili al Ku Klux Klan sono ancora attivi e pericolosi per capire che il mondo è impazzito. Bisogna essere vigili e smuovere le persone dalle loro certezze. So che il mio film non può risolvere i problemi ma può cercare di risvegliare le coscienze”.
Un grande cast completa l’ottima confezione di questo film, impegnato ma al tempo stesso molto godibile, il cui protagonista, Ron, è interpretato da John David Washington (figlio di Denzel Washington, candidato all’Oscar con “Malcom X”), Adam Driver (Paterson, Star Wars: Il Risveglio della Forza e Gli Ultimi Jedi), Laura Harrier (Spider-Man: Homecoming) e Topher Grace (Traffic, Spider-Man 3).
In coda al film scorrono le immagini spaventose della tragedia avvenuta nell’agosto 2017 a Charlottesville, in Virginia, nel corso di una manifestazione antirazzista durante un raduno di neonazisti, quando una macchina travolse la folla uccidendo Heather Hayer, una giovane donna di 32 anni. Spike Lee ha chiesto alla madre di Heather il permesso di inserire le immagini e la foto della figlia nella sequenza finale, e su quella foto si sofferma la camera di Lee per qualche lungo interminabile secondo, come a dire “mai più”.
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