ANTONIONI e BERGMAN: ricordo di due grandi del Cinema Mondiale
Michelangelo Antonioni è mancato sedici anni fa, quello stesso giorno di fine luglio, com’è noto, ed è comunque giusto ricordare, della morte di Ingmar Bergman, un altro grande del cinema europeo, mondiale, al pari di lui
Domenica, 30/07/2023 - Ed a settembre prossimo, il giorno di San Michele Arcangelo, compirebbe 111 anni...
Una manciata di ore di distanza aveva segnato, lunedì 30 luglio 2007, la data della scomparsa dei due sommi del cinema mondiale.
Due perdite immani, incalcolabili, anche per la Storia della Cultura, in generale.
Accade spesso che le personalità di gran rilievo - me lo aveva fatto notare mio padre Elio, scomparso 13 anni fa, in questi giorni, con la sua saggezza di 'senex' – abbiano ad andarsene quasi come Musae Geminae, ‘consci’ di aver ‘fatto’ ormai, la loro parte.
Tra loro non c’era – per quanto è dato sapere da biografi più o meno ufficiali – gran 'feeling': Bergman, in particolare, disse di Antonioni:
"Ha fatto due capolavori ‘Blow up’ e ‘La Notte’, ma non vale la pena di annoiarsi con il resto...”.
Certo un giudizio spietato, crudele nella sua sincerità di artista nordico, ma non dev'esser dispiaciuto - illazione? - al 'nostro' Michelangelo, persona di grande autenticità ed onestà, specie nell'esporre il suo credo cinematografico ed in genere, 'umano'.
L’aveva fatto anche nel 1978 nel corso di un’intervista apparsa più volte su Rai 3 e Storia, fattagli dal critico e cine-storico Lino Miccichè, tra i fondatori della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, uno dei luoghi dell’anima di Pasolini, quando gli era stato fatto notare che la sua opera prima, oggi ‘splendida ottantenne’, "Gente del Po (1943-1947)", nata prima su carta poi girata fortunosamente per via della guerra, era già, neppure tanto ‘in nuce’, un lavoro del Neorealismo.
Ma – Antonioni, con tranquilla modestia - aveva replicato a Lino che quella corrente – se così si può banalmente definire – era già nell’aria, quasi un gesto cine-maieutico, maturi i tempi, solo da cogliere ed applicare, ‘sic et simpliciter’, e farlo proprio.
Basti pensare, in merito, che proprio allora Visconti girava il suo capolavoro, “Ossessione” sempre sulle rive del Po, di quell’acqua ferrarese che tanto ha conservato in cuore Antonioni fino alla fine dei suoi giorni, anche nel corso di un viaggio tra il reale e l’onirico che aveva compiuto in barca con Tonino Guerra:
Vedi – diceva all’amico e sodale di una vita – stiamo andando a Ferrara...
E, forse, altrettanto onirico ma reale – un chiasma – fu l’omaggio che
Julian Schnabel, artista, classe 1951, Ebreo nativo di Brooklyn, aveva dedicato, tra altri cineasti, proprio ad Antonioni con la sua opera “Untitled (ANTONIONI was here)”, un olio su poliestere del 2010, di ‘abramoviciana’ memoria, se si passa l’altrettanto onirica citazione, qualche anno fa, nell’àmbito della sua mostra nell’Ala Napoleonica del Museo Correr di Venezia, affermando, tra l’altro:
-(...) La prima volta andai a Venezia per vedere la città. Vedere qualcosa di nuovo ed inconsueto è importante. Andai a visitare una città che esce dall’acqua, fluttuante (...). Venezia è uno di quei luoghi in cui il tempo si è fermato e tutti sono turisti. Rimangono solo per un giorno e vanno via. Il senso del tempo è così forte che non si può ingannare se stessi con l’idea della permanenza, anzi, si avverte il senso della propria provvisorietà perché si vive nel sogno di qualcun altro (Schnitzler/Kubrick? N.d.R.?).
Parole che, nell’immaginario collettivo ‘glocal’ potrebbero utopicamente ma non troppo attagliarsi a Ferrara, città pure d’acqua e d’arte, come Venezia e che il nostro Antonioni, di essa da sempre ‘innamorato’, avrebbe potuto pronunciare o, quantomeno, condividere, why not?
In fondo “Gente del Po” – come detto più sopra - l’aveva prima scritto poi girato proprio lui, tra il 1943 ed il 1947...
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