L'autore di programmi televisivi, sempre più nervoso per i continui attacchi al velinismo, perde la pazienza ed afferma "Le mie figlie? Meglio veline che giornaliste".
Giovedi, 31/03/2011 - Non ci sta proprio l’ideatore di “Striscia la notizia” ad essere additato come il responsabile del degrado dell’immagine femminile nelle televisioni pubbliche e commerciali, con la conseguente grave e pervicace lesione della dignità delle donne. Arringando dal pulpito i suoi fan, sostiene “contro di noi si è scatenata la macchina dell’ipocrisia e del fango, facendo del falso moralismo sulle veline”. Ufficialmente la prima ad attaccarlo è stata Lorella Zanardo con il suo cortometraggio “Il corpo delle donne”, in cui le veline venivano definite “grechine”,ossia puri e semplici elementi ornamentali del programma. All’inizio Antonio Ricci ha tentato di controbattere, prendendo di mira soprattutto Gad Lerner, a cui attribuiva il demerito di aver divulgato il documentario in questione, giocando sul numero esiguo di persone che lo avevano visionato. Ma l’imprevisto e continuo dibattito sul tema dell’uso strumentale del corpo femminile nei mass-media, corroborato dallo scandalo Ruby e dalle sue conseguenze nell’opinione pubblica, ha ampliato il fronte dei rimproveri verso l’autore televisivo di Mediaset. Le critiche si sono addirittura trasformate in dirompenti nella fase preparatoria della manifestazione nazionale dello scorso 13 febbraio, allorquando il “velinismo” è divenuto il nemico da combattere o, quanto meno, il fenomeno di costume su cui appuntare forti e vibrate proteste. Conseguentemente il suo creatore è stato esageratamente messo in discussione, perché di certo un ideatore di programmi televisivi non è stato, non è né sarà mai l’unico responsabile di questa deriva culturale. Ma, si sa, il consenso popolare forgia i suoi eroi e li distrugge al semplice cambiar del vento e Ricci, che ne è consapevole, teme di divenire il capro espiatorio di un dissenso che diventa ogni giorno più pressante e pesante . Si è, quindi, attrezzato al riguardo ed ha “imposto”, quale autore di “Striscia la notizia”, alle veline degli spazi di approfondimento in cui, ohibò, addirittura le sentiamo parlare. Ma, evidentemente, non è preparato a giustificarsi, abituato com’è a ricevere premi ed a stare sugli altari della gloria mediatica. Cosicchè sta diventando sempre più nervoso e non manca occasione per lanciare le sue classiche provocazioni, appesantite stavolta dalla sua oltranzistica difesa del “così fan tutti”. In questo solco contrattacca, oltre a Gad Lerner, Repubblica, l’Espresso e la stampa progressista accusata di “mercificare la donna”, oppure lancia l’idea di “rinunciare alle veline se la Rai chiuderà Miss Italia”. Recentemente Ricci ha abbandonato la tattica difensiva per quella offensiva, affermando che “ se le nostre caricature (n.b. le veline) sono diventate, poi, la regola in TV, dipende dall’educazione in famiglia”. Come genitore sono rimasta senza parole di fronte a questa frase, inebetita dall’ingiusta accusa che rende la famiglia l’unica responsabile di un fenomeno che sempre più sta trascinando masse di ragazzine ad emulare le veline e a desiderarne il ruolo. Dopo l’ultima esternazione dell’autore le parole, però, sono salite su rabbiose e prorompenti e come, altrimenti, a leggere di una sua frase “Le mie figlie? Meglio veline che giornaliste”. Innanzitutto, povere figlie, usate anch’esse e sacrificate sull’altare della battaglia che il padre sta conducendo in nome dell’onorabilità del suo programma. In seconda analisi, “egregio autore”, creando l’ennesimo fronte di scontro e dividendo le donne tra veline e giornaliste, pensi davvero che cadiamo nella tua trappola? Ma hai veramente capito il senso della mobilitazione del 13 febbraio scorso? Certo, c’era chi voleva farla passare come la discesa in campo delle donne “perbene” contro quelle “permale”, ma ha fallito l’obiettivo, perché noi andiamo al di là dei ruoli per tentare di raggiungere la causa dei fenomeni e cercare, semmai, di porvi rimedio. Mi domando se Ricci ed i suoi sodali credano realmente che siamo così ingenue da non comprendere la strategia sottesa a questa tattica d’attacco, perché, se così non fosse, dovrebbero contrattrezzarsi, dal momento che noi saremo lì a difendere le moraliste e le prostitute, le perbeniste e le permaliste, le giornaliste e le veline. Voglio credere che sia finito il tempo in cui a bruciare sul rogo mediatico ci siano vittime sacrificali scelte opportunisticamente da chi accende il fuoco. Una volta tanto “egregio autore” sul rogo delle critiche ci sei finito tu, può darsi che riuscirai a spegnere le fiamme, ma nel gioco eterno delle parti, a te, in questo giro tocca un altro ruolo.
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