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Antonietta Raphaël  artista e anticonformista

Antonietta Raphaël artista e anticonformista

Approdi/ - Legami familiari e vita di una donna molto particolare, sposa di Mario Mafai, nel libro della figlia, Giulia

Flavia Matitti Domenica, 12/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

Si intitola La ragazza con il violino (Skira, pp. 208, euro 18,50) il bel libro che Giulia Mafai, nota costumista per il cinema e il teatro, oltre che storica del costume, ha scritto in ricordo della madre, Antonietta Raphaël (Kaunas 1895 - Roma 1975), artista celebre, la cui opera è riconosciuta e apprezzata a livello internazionale, ma anche donna anticonformista, fortemente legata alle sue origini ebraiche. Il libro, nel ripercorrere con sincerità e affetto le vicende e gli incontri di Antonietta Raphaël, restituisce con immediatezza anche il clima politico e culturale dell’Europa del tempo, soprattutto dell’Italia del fascismo e del dopoguerra, rivelando aspetti inediti della personalità degli artisti, critici, intellettuali e collezionisti con i quali Antonietta viene in contatto, primo fra tutti il pittore Mario Mafai (Roma, 1902-1965), che è stato l’amore della sua vita e dal quale ha avuto tre figlie: Miriam (1924), Simona (1928) e appunto Giulia (1930). In più La ragazza con il violino - il titolo deriva da quello di un famoso autoritratto dipinto da Antonietta nel 1928 - è anche una coinvolgente testimonianza di legami familiari tutti al femminile. Tanto per cominciare quello tra la Raphaël e sua madre Kaja. Nata in un piccolo villaggio lituano, ultima di dodici figli, all’età di dieci anni, morto il padre, si trasferisce con la madre a Londra. Le difficoltà sono tante ma lei, che già parlava russo, tedesco e yiddish, impara l’inglese e si diploma in pianoforte e violino alla Royal Academy of Music, potendo così mantenere se stessa e la madre con le lezioni di musica. Nel 1924 però Kaja muore e Antonietta, avendo nel frattempo ottenuto il passaporto (perderà la cittadinanza inglese quando nel 1935 sposerà Mafai), decide di fare un viaggio in Europa. Visita prima la Francia, ma quando giunge a Roma ne resta ammaliata. Conosce e si innamora di Mafai, allora ventiduenne e più giovane di lei di sette anni. Come pittrice si forma a Roma, da autodidatta, ma presto attira l’attenzione della critica. Nel 1929, infatti, Roberto Longhi, con il suo proverbiale intuito, la definisce una “sorellina di latte di Chagall” e battezza il sodalizio tra lei, Mafai e Scipione “Scuola di via Cavour”, dall’indirizzo dell’abitazione della coppia. Due pittori in famiglia però sono troppi e per evitare conflitti Antonietta deciderà di dedicarsi alla scultura.

Ma tornando ai legami familiari di cui è intessuto il libro, l’altro rapporto importante è quello di Giulia con sua madre. Siamo andate a trovarla nella sua abitazione romana, nei pressi di Ponte Milvio, in quella che fu la casa-studio della Raphaël, dove tanti oggetti e opere ricordano la sua presenza: dal candelabro di ottone appartenuto a suo padre, il rabbino Simon, al pianoforte, al grande dipinto intitolato Omaggio a Mafai. “Mia madre - racconta Giulia con voce sonora, che la fa sembrare tanto più giovane dei suoi 83 anni - era molto riservata e ingenua, non sapeva affrontare la vita reale. Era indipendente, anticonformista, vestiva in modo originale, non si truccava. Diceva che Dio è donna perché sono le donne a saper creare. A noi ragazze ha dato la coscienza che la nostra vita non dipendeva dal matrimonio. Come donna però ha sofferto molto, per fortuna sfogava tutto nella sua arte. Credo che nella pittura ci fosse il lato luminoso del suo carattere, mentre nella scultura riversava tutto il suo dramma”.



Il legame intenso con sua madre sembra in qualche modo ripetere quello di Antonietta con Kaja è d’accordo?

Ho sempre pensato che il tema della maternità, un soggetto ricorrente nella scultura della Raphaël, fosse un omaggio alla figura di sua madre, la mitica nonna Kaja, che io purtroppo non ho mai conosciuto. Le fu sempre molto difficile festeggiare il mio compleanno, il 13 gennaio, perché cadeva lo stesso giorno in cui era morta sua madre. Le mie sorelle hanno avuto interessi diversi dai miei e poi si sono sposate e hanno avuto figli abbastanza presto. Io invece, proprio come mia madre, ho anticipato molte cose delle donne. Ho convissuto, ho avuto le mie figlie tardi, come si usa adesso, a 40 anni, non mi sono mai sposata e le mie figlie portano il mio cognome.



Come era vivere con la Raphaël?

Era dura. O eri un genio o non eri nessuno. Non stimava il mio lavoro, avrebbe voluto che i miei bozzetti fossero almeno come quelli dei costumisti e degli scenografi dei Balletti russi. Nel dopoguerra collaboravo con “Paese Sera” e con “Noi Donne”, allora diretta da Maria Antonietta Macciocchi. Facevo disegni di figurini di articoli di moda e guadagnavo bene. Su “Paese Sera” avevo una rubrica fissa. Nel nostro gruppo di amici, Turcato, Corpora, Consagra, io ero l’unica che aveva soldi. Ma mia madre aveva un concetto così alto della forma. Ha sempre puntato al massimo. Papà, invece, non mi giudicava, era forse più artigiano e da bravo romano era contento che mi realizzassi, che a vent’anni fossi già economicamente indipendente. Del resto i Fiori di Mafai sono una poesia contemplativa, un legame con l’umanità, mamma invece veniva da una storia millenaria di lotte, di fatica e la pace non era mai con lei. Qui siamo nel suo studio, lei abitava al piano di sopra ma era capace di scendere alle cinque del mattino perché le era venuta un’idea. Una volta ha rischiato di mandare a fuoco la casa perché si era dimenticata le patate a cuocere sui fornelli, fortunatamente se ne accorsero i vicini richiamati dal fumo. Anche d’inverno si metteva i suoi scarponi da militare e con due o tre giacche addosso, perché nello studio non c’era il riscaldamento, ha lavorato fino all’ultimo con le mani immerse nella creta bagnata. L’Omaggio a Mafai lo dipinse un mese dopo la scomparsa di papà. È una cosa meravigliosa e c’è tanto amore in quel quadro. Un amore verso l’artista. Lei ha sempre creduto molto in Mafai, anche se come uomo l’aveva delusa, come artista lo ha sempre sostenuto.



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