Le mille e una rivolta/4 - “Amo la democrazia e la libertà”; così scrive Zeinab Al-Khawaja sul suo account Twitter in Bahrein
Antonelli Barbara Lunedi, 09/05/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2011
Il suo account twitter si chiama “Angry Arabiya”; oltre 8000 “seguaci” leggono i suoi messaggi, dove scrive di “amare la democrazia e la libertà” e “di odiare i dittatori arabi e il neo-colonialismo americano”. Si chiama Zeinab Al-Khawaja, i suoi tweet sono preziose testimonianze per aggiungere un tassello di conoscenza a quello che sta avvenendo in Bahrein. E’ una delle giovani donne che si sono attivate contro la monarchia assoluta di Hamad Bin Isa al Khalifa. Chiedono, come gli uomini, vere riforme democratiche e una piena uguaglianza con la minoranza sunnita, nel piccolo regno del Golfo, lontano dai riflettori. Una partecipazione che, come in altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, è cominciata proprio così, come un passaparola, postato sui nuovi mezzi disponibili in rete.
27 anni, Zeinab Al-Khawaja, un figlio di un anno, ha iniziato nella capitale del piccolo stato del golfo, Manama, uno sciopero della fame: rifiuterà il cibo fino a quando suo padre, non sarà liberato. Ex presidente del Centro per i diritti umani del Bahrein, Abdulhadi Al-Khawaja è come altri attivisti, giornalisti, oppositori del regime, tra i tanti arrestati (in alcuni casi col sostegno dei soldati sauditi e dei poliziotti arrivati dagli Emirati su richiesta di Bin Isa al Khalifa) per aver chiesto dalla metà di febbraio, sull’onda delle proteste che hanno scosso il mondo arabo, una piena riforma democratica. Secondo i dati delle organizzazioni internazionali sarebbero oltre 400 gli attivisti detenuti finora. Dal 3 aprile poi, sono stati almeno 3 i casi di decessi “sospetti” di detenuti (secondo Human Rights Watch).
L’11 aprile Zeinab, aveva postato sempre su “Angry Arabyia”, diventato anche un seguitissimo blog, una sua lettera indirizzata a Barack Obama, Presidente di quel paese, gli USA, dove la stessa Zeinab ha studiato: sono proprio gli USA, che in Bahrein hanno la base navale della V Flotta, ad aver mantenuto finora un atteggiamento indulgente nei confronti delle repressioni messe in atto dal regime e denunciate più volte dalle organizzazioni in difesa dei diritti umani. In quella lettera racconta di come le forze governative siano entrate in casa sua e abbiano terrorizzato la sua famiglia, senza mostrare alcun mandato di perquisizione. “Il crimine di mio padre è quello di essere un attivista per i diritti umani”, scrive. “Le scale di casa nostra mostrano ancora le tracce del sangue di mio padre”, picchiato mentre veniva portato via. “Come figlia e moglie, rifiuto di rimanere in silenzio mentre mio padre e mio marito vengono torturati nelle prigioni bahrenite” scrive ancora ad Obama. Perché non solo suo padre, ma tutti gli uomini della sua famiglia sono finiti in carcere: suo marito, uno zio e suo cognato. Per sostenere la sua battaglia, è nata subito anche una pagina Facebook, “We are Zainab Al-Khawaja”, che ricalca l’idea della pagina del social network dedicata a Khaled Said, il giovane ventottenne egiziano di Alessandria, picchiato a morte da due poliziotti. Un caso che suscitò decine di proteste in tutto l’Egitto.
Come Zeinab, tante altre donne bahrenite sono scese in piazza, la Piazza della Perla, diventato il simbolo della rivolta, la Piazza Tahrir del Bahrein. Nelle loro lunghe vesti nere, l’abaya, erano lì anche lo scorso 8 Marzo, sfilavano lungo gli ampi viali della piazza, protagoniste della rivolta. “Non si può parlare di un movimento separato di donne” dice l’accademica Munira Fakhro.
“La lotta per la democrazia per un Bahrein senza discriminazioni verso gli sciiti, si fonde però ad una lotta che è anche di genere”, afferma la giornalista e attivista Reem Khalifa, del quotidiano indipendente Wasat.
Nonostante i diritti delle donne siano stati un cardine delle riforme politiche di Re Hamad, tanto che dopo gli emendamenti alla Costituzione nel 2002, le donne hanno ottenuto il diritto al voto e hanno potuto candidarsi alle elezioni, persiste una totale mancanza di leggi chiare che regolino lo statuto personale e familiare, lasciando questioni come il divorzio e la custodia dei minori a discrezione delle corti islamiche della Sharia. La donna rimane ancora soggetta a norme patriarcali e il tasso di disoccupazione è il doppio rispetto a quello tra gli uomini.
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