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"Tempi duri in città"

"Tempi duri in città"

Emilia Romagna - Come conciliare vita e lavoro qui da noi

Laura Salsi Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2008

I problemi legati alla difficile conciliazione dei tempi sono tra quelli più pesantemente in grado di interferire sulla qualità della vita, delle donne innanzitutto, ma anche degli uomini e perfino di bambini e anziani. Nonostante si tratti di un complesso di questioni sempre più dibattute, nella concretezza, il problema sembra venir affrontato con strategie soggettive e individuali (sia di rinuncia al figlio, sia di posposizione della maternità, ad esempio), piuttosto che attraverso uno scompaginamento della mentalità tradizionale e dei tradizionali stili di vita per cui nella società tutta e nelle aziende si avvii realmente una politica favorevole alla famiglia, o come si dice di questi tempi “family friendly”.
A rendere più urgente la necessità di affrontare il problema è nella fase attuale l’evidenziarsi di alcuni fattori: da un lato l’aumentata richiesta di flessibilità da parte delle aziende e delle organizzazioni invade oggi il tempo della vita in modo così forte che il problema di come conciliare i due tempi non può più essere lasciato alla capacità equilibristica dei singoli soggetti, e in particolare delle donne; dall’altro, al centro della scena lavorativa non troviamo più solo i soggetti “forti”, lavoratori maschi in età centrale, ma una pluralità di soggetti - maschi e femmine, giovani e anziani, autoctoni e migranti - con diversi bisogni, prospettive e modalità di partecipazione.
Io penso che la conciliazione rappresenti il punto di partenza per affrontare il grande tema dell’occupazione femminile. L’Italia, nello scacchiere internazionale, riguardo l’occupazione femminile è all’ultimo posto! Fortunatamente però la nostra Regione è in controtendenza con un dato al 61,7%, superando l’obiettivo di Lisbona.
Conciliazione non significa solo chiedere orari e tempi più adeguati, è la convinzione che si deve perseguire la strada di una migliore qualità della vita e che il diritto al lavoro delle donne non può continuare ad essere in contraddizione con il desiderio di altro, di una famiglia o di altri progetti personali.
Anche la Conferenza nazionale sulla Famiglia del 2007, a cui ho avuto l’onore di partecipare, ha indicato la conciliazione come una delle grandi sfide da vincere in un prossimo futuro.
Il progetto CONCILIA-R.E. portato avanti dall’assessore Gina Pedroni e dal Comune di Reggio è un atto lodevole a cui va il mio pieno appoggio, così come importante è l’attività della rete regionale CONCILIAZIONE e TEMPO perMEttendo (composta da 58 aderenti), a progetti già conclusi come Penelope, alla rete regionale di 20 Sportelli Informa Donna.
Un forte impegno della Regione, un forte impegno di alcune amministrazioni locali (come Reggio il cui progetto è tra i più strutturati ma anche Modena, Bologna), un forte lavoro con il territorio; però bisogna fare di più, non è ancora sufficiente. Scegliere tra famiglia e lavoro è ancora un dilemma che le nostre ragazze devono affrontare non appena raggiungono l’età.
La conciliazione deve essere il progetto di un’intera comunità, altrimenti non riesce perché da una parte ci sono i sistemi delle relazioni personali e di coppia, dall’altra ci sono gli stereotipi ancora radicati che arrivano dalla società. Come tentare questa conciliazione? Importantissimo rivalutare culturalmente il ruolo di madre e considerare la maternità un valore sociale, un investimento collettivo per la società oltre che un bene ed un dono per la persona e per la famiglia (è tanto che se ne parla, ma credo che oggi questo riconoscimento non sia più rinviabile).
Bisogna fare in modo che le forme di lavoro atipico della legge Biagi siano integrate con norme che assicurino garanzie e difesa reale del posto di lavoro in caso di maternità (oggi sicuramente ancora più difficile dopo l’eliminazione da parte di questo governo della legge contro i licenziamenti in bianco).
La rete dei servizi sociali, specialmente quelli della prima infanzia (nidi ed asili) va incentivata e resa più adiacente ai bisogni delle donne e delle famiglie: a Reggio Emilia siamo fortunati perché una diversificata rete di servizi 0-6 anni (scuole comunali, FISM, statali, pubblico-privato) copre il 90% dei bisogni nella scuola dell’infanzia.
Anche il dato della nostra Regione è molto positivo: i dati del Centro studi Sintesi sugli obiettivi di Lisbona 2010 evidenziano come l’Emilia Romagna sia la locomotiva dell’Italia riguardo l’occupazione femminile appunto al 61,7% e l’assistenza ai bambini tra 3 e 6 anni sopra al 90%.
Per concludere, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro rappresenta una delle più importanti sfide sociali, culturali ed economiche dei prossimi anni, che la politica nel suo complesso deve affrontare per fornire ai cittadini risposte concrete. Essa è strettamente connessa anche con la messa a punto dei nuovi servizi di welfare, ragione per la quale costituisce un elemento di riflessione davvero importante.
Importante quindi l’approvazione nel maggio scorso del Piano Sociale e Sanitario 2008-2010 della nostra Regione che tra i suoi principali punti sta proprio un nuovo Welfare di comunità che mette al centro la persona, un nuovo Welfare per una società che cambia.
Gli interventi pratici che rispondono agli obiettivi di sfruttare meglio il tempo per equilibrare i tempi di vita con quelli del lavoro necessitano di un impegno coordinato e collaborativo tra enti pubblici, imprese e enti rappresentativi territoriali quali sindacati e associazioni di categoria.
Per questa ragione ben venga la Consulta dei tempi e degli orari, un tavolo che sappia riunire tutti i protagonisti socio-economici della nostra comunità. Solo così, solo con un lavoro di squadra convinto e deciso ai vari livelli: nazionale (con i parlamentari del PD), regionale, provinciale e comunale (con i sindaci e gli amministratori locali) si potranno compiere dei passi in avanti positivi e concreti.


(3 ottobre 2008)

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