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"Ostaggio della vallata" di Fausta Genziana Le Piane commentato da Dante Maffia

"Ostaggio della vallata" di Fausta Genziana Le Piane commentato da Dante Maffia

Conosco Fausta Genziana Le Piane da molti anni e sempre l’ho vista entusiasta e pronta alle avventure dello spirito, accesa da vibrazioni autentiche ogni volta che si è trovata davanti a un libro di poesia vero, a un paesaggio meraviglioso, a un

Mercoledi, 03/06/2015 - FAUSTA GENZIANA LE PIANE, Ostaggio alla vallata. Pescara, Edizioni Tracce, 2014, pp. 133.



Conosco Fausta Genziana Le Piane da molti anni e sempre l’ho vista entusiasta e pronta alle avventure dello spirito, accesa da vibrazioni autentiche ogni volta che si è trovata davanti a un libro di poesia vero, a un paesaggio meraviglioso, a un concerto, a una mostra.

Una natura prensile e aperta alle emozioni, un rapporto con il mondo senza maschere, senza sotterfugi.

Queste qualità le ho trovate intere, e anzi potenziate, nel suo recente volume intitolato Ostaggio alla vallata. Fausta non è una che sceglie a caso, e dunque su ostaggio bisognerebbe soffermarsi e meditare, per comprendere meglio alcuni aspetti del suo mondo che sa vedere con oculatezza le due facce della medaglia ogni qual volta affronta un argomento.

A pagina 78 troviamo una composizione breve, di soli nove versi, che sono indicativi per entrare nella verità di tutto il libro, nella dimensione alta, direi metafisica, in cui la poetessa ci porta per cercare di individuare gli effetti della condizione umana quando è affidata alla parola.

Il vento, motore e signore della lirica di tutti i tempi (è anche una lezione di Salvatore Quasimodo) assume connotazioni umanissime e ci fa rendere conto di come l’esistenza si muove vorticando e salendo fino a toccare il segreto dell’amore. La vallata ne è ritemprata e sommossa, svelata e incaricata d’essere portatrice di misteriosi palpiti.

Tutto il libro si muove nella direzione scompigliata del vento che riesce perfino a riscattare la Donna del sud dagli stereotipi senza nulla cancellare della sostanza umana e dei rituali.

Che bello il verso “Seduta sulla spiaggia a grani di collana”, una scultura perfetta che ha la preziosità della forma e l’incanto degli incipit indimenticabili.

Ma leggendo e rileggendo Ostaggio alla vallata non possiamo non percepire la valenza di una poesia che si è abbeverata ai classici e ne ha tratto linfa nuova e rinnovata per interpretare il mondo odierno nel suo sfacelo e nel suo divenire difforme e complicato, direi problematico.

Le sei sezioni hanno ognuna una loro compattezza stilistica e una loro voce identificabile al primo impatto e tuttavia dialogano l’una con l’altra, quasi che vogliano fare intendere che si tratti di un poema, tanto è il rigore delle scelte di Fausta, il suo passo, il suo tono, la sua fermezza, la sua pienezza.

Ed è su alcune di queste mie affermazioni che vorrei sostare un attimo, cominciando con il discutere le scelte. Se si bada con attenzione ci si rende conto immediatamente che la poetessa non deroga al rigore etico. Ogni composizione del libro, silenziosamente e quasi sussurrando, rimanda al comportamento umano calibrandone il senso in direzione di regole alle quali non si può disobbedire. Basterebbe rileggere un testo emblematico come Futuro (“Catturare / la trasparenza in un abbraccio, / frantumare / la freddezza in un abbandono. / Il nodo delle mani non si allenta. / Sciogli i miei capelli, / ma non l’enigma che è in me”) per capire quanto siano importanti per Fausta il rapporto diretto, la sincerità, la lealtà, la considerazione dell’altro, del mondo.

E che dire del suo passo? Intendo il passo cadenzato delle sue espressioni che sintetizzano con eleganza l’inquietudine che ella sente nell’anima. I versi sono cadenzati, non irrompono scompostamente nel lettore, ma bussano e chiedono di essere ascoltati. Ciò non avviene mai come sopruso, ma con tono suadente, con richiesta di complicità in quel che si va affermando, senza tuttavia opporsi alla fermezza del dettato o alla pienezza dei sentimenti e del pensiero. Perché Fausta è poetessa che entra nelle “questioni” umane, sociali e poetiche con il piglio della diversità di opinione e non arruolandosi ciecamente. Lo dice senza mezzi termini in Poesia, lo afferma indirettamente in Torneranno le parole, ma l’aveva accennato anche in La macchina da scrivere e in Indovino.

Comunque non è nelle singole poesie che bisogna andare a trovare la bellezza e la grandezza di un poeta, ma nel suo tutto, nel suo “messaggio” che non è mai sussiegoso, anzi…

Con questo libro Fausta Genziana Le Piane non solo conferma le sue doti poetiche di grande rilievo, ma le porta avanti con maggiore spigliatezza, e con quella spregiudicata maniera tutta personale che scardina e ricompone, che azzera e ricrea.



DANTE MAFFIA

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