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'Effetti collaterali'

'Effetti collaterali'

Ancora Guerra - Il grido di dolore per i morti ammazzati dalle guerre, dal terrorismo ... non sarà mai commisurato alla portata dell'orrore suscitato

Bartolini Tiziana Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2006

Il grido di dolore per i morti ammazzati dalle guerre, dal terrorismo e dalle più insondabili aberrazioni umane che hanno pervaso gli ultimi tempi non sarà mai commisurato alla portata dell'orrore suscitato. Anestetizzanti telegiornali avevano deribrucato a fredda contabilità le palate di vittime quotidiane della guerra civile in corso nell'Iraq a democrazia indotta, ed ecco che gli schiaffi delle città libanesi sventrate dalle bombe israeliane ci hanno riportati direttamente dentro al dramma che un pezzo di umanità,non molto lontana da noi, sta vivendo. Gli occhi di tutto il mondo hanno visto i corpi dei bambini di Cana e le menti di tutto il mondo non sono riuscite ad attivare un circuito logico che potesse correlare quelle morti innocenti alla lotta agli Hezbollah. Quei mucchietti polverosi di carne ed ossa erano sui video, fuscelli di vite spezzate. Le postazioni terroristiche da qualche altra parte. Un 'effetto collaterale', doloroso ma inevitabile, hanno detto. Uno, tra i tanti accaduti, che ha avuto l'onore della cronaca perchè numericamente più pesante. Come se le morti fossero misurabili a peso lordo, come il macinato o la frutta. Le comodità e i vantaggi del progresso scientifico e tecnologico ci fanno sopportare di essere spiati e controllati fin negli angoli più intimi della nostra vita privata. Possibile mai che non si riesca ad utilizzare tante conoscenze e strumenti per andare a scovare nei loro letti, nelle loro banche, nelle loro tane i terroristi e ridurli all'impotenza? Possibile che l'unica evoluzione della guerra è stato il potenziale distruttivo? Il mondo occidentale che si erge a modello dovrebbe dare un qualche esempio delle ragioni che supportano questa pretesa. La civiltà, la tecnologia dovranno pur servire a qualcosa, altrimenti è solo una questione di muscoli, cioè di potere economico. L'odio per l'America e per i paesi satelliti è il tratto che unisce sempre più profondamente il mondo arabo e la globalizzazione di questo odio rende insicuro ogni angolo del globo. Fino a che punto potrà essere tirata la corda non è dato sapere, sappiamo che le guerre hanno sempre un pretesto scatenante e tensioni preesistenti. La consapevolezza che la pace mondiale sia a rischio cresce, ma di pari passo non si diffonde il bisogno di interrompere la catena dell'odio. Anzi, il movimento internazionale che partì da Seattle contro la globalizzazione selvaggia a beneficio di pochi sembra essersi esaurito e all'ultimo G8 a San Pietroburgo ha si è mostrato in una sintesi di sparuti indomiti. Tra i protagonisti della scena mondiale, tra i potenti che hanno la responsabilità di ‘dover fare’ campeggia Condoleeza Rice. Monumento alla capacità delle donne di essere uguali agli uomini, ma nel senso più algido e cinico del termine, è ripresa che sale e scende dagli aerei stringendo mani di tutti i colori, sempre sorridente ed impeccabile nei sui colorati tailleurs. Sono poche, ma ci sono, accanto o intorno a ‘Condy’, le donne che hanno uno spazio ai tavoli di confronto internazionali. C’è qualche ministra, c’è qualche prima ministra in giro per il mondo, in Europa c’è Angela Merkel e poi ci sono le ‘aspiranti’, da Ségolène Royal a Hillary Rodham Clinton. Ci piacerebbe intervistarle per scoprire se davvero sono, nel profondo, convinte di non poter fare altro che il niente che le contraddistingue per arrestare questa follia endemica.

(8/8/2006)

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