Anita Garibaldi - È morta a soli 28 anni, accanto al suo uomo braccato, dopo aver dato a Garibaldi tre figli. Dovrebbe essere ricordata anche lei nelle celebrazioni del bicentenario della nascita del suo Josè
Ciani Rossella Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2007
Quest’anno tutti parlano di lui, noi vogliamo parlare di lei: Ana de Jesus Ribeiro, meglio nota come Anita Garibaldi, nata in Brasile a Morrinhos il 30 agosto 1821 e morta in Italia a Mandriole in provincia di Ravenna il 4 agosto del 1849 per setticemia da gravidanza a causa della morte del bambino che aspettava. Aveva 28 anni ed era alla sua quinta gravidanza. Terza di tre sorelle in una famiglia, che oggi definiremmo appartenere al sottoproletariato più povero ed incolto, fu fatta sposare all’età di 14 anni con “un buon partito”, che di mestiere faceva il calzolaio. A diciotto anni ebbe la forza di ripudiarlo. Dopo qualche anno conobbe ed andò a convivere, tra lo scandalo generale, con Josè, ovvero quel Giuseppe Garibaldi, mito e leggenda della guerriglia sudamericana. Di lei racconta in un piacevolissimo libro per ragazzi Lia Celi, giornalista specializzata nel trasporre le storie di donne famose ad una dimensione di racconto gradita e gradevole per i ragazzi della scuola media e per gli adolescenti. Lia Celi si è documentata per quanto possibile sia su fonti italiane sia su fonti sudamericane. Molto del libro, che appare romanzato, sono in realtà episodi raccontati per trasmissione orale come accade all’interno di ogni famiglia e trascritti dalla attuale Anita, sua terza pronipote. Per cui è vero che Ana Ribeiro, il giorno in cui sposò il suo primo marito, aveva le scarpe prese a prestito; erano troppo grandi e ne perse una all'uscita dalla chiesa, episodio considerato infausto. Come è vero che fu Anita a trasmettere molte competenze a Giuseppe Garibaldi. Lui era un marinaio e non sapeva certo cavalcare, lei era una amazzone. Fu lei ad insegnare a lui come si cavalcava e come si conduceva un cavallo in guerra. Se non ci fosse stata lei, forse, mai avremmo visto l’icona immortale del Garibaldi a cavallo. Era sempre lei che combatteva al suo fianco nella guerriglia sudamericana, ed era lei che conosceva il linguaggio crudo e la mentalità degli uomini che ne costituivano l’esercito, per cui li spronava - e spesso li insultava - ogni qualvolta tendevano ad imboscarsi o a non affrontare con la dovuta decisione i momenti di combattimento. Dal libro si sente come Garibaldi stimasse questa donna e come non sia mai venuto meno a questa stima. Anita ebbe al suo fianco una vita non semplice, ma era la sua vita; ci si buttò a capofitto ed affrontò ogni situazione, compresa la madre di lui: la suocera che a Nizza tentò di farli dormire in camere separate perché non credeva che tra suo figlio e quella donna creola ci fosse stato un regolare matrimonio religioso. Quasi certamente furono i contrasti con la famiglia di lui, l’ambiente poco accogliente per una donna abituata ad una vita senza formalismi, non ultimo anche l’aglio della cucina ligure a cui lei non era abituata e che non riusciva a mangiare, che la portarono a lasciare i suoi tre bambini alla suocera ed a raggiungere a Roma tra mille difficoltà e sotterfugi il suo José, come lei lo chiamava, per continuare al suo fianco quella missione patriottica, che lo ha immortalato nei libri di storia.
Anita è rimasta nella storia perchè fu capace di coerenza con se stessa e perché la stima che Garibaldi aveva di lei non è mai venuta meno. E’ stato lui a trasmettere agli altri, con aneddoti, scritti ed opuscoli, la forza e la capacità che questa donna aveva. Ora è sepolta al Gianicolo e non a Caprera come Garibaldi aveva chiesto, perché la terza moglie di lui impedì che fossero vicini. Anita induceva gelosia anche da morta.
Lia Celi
Anita Garibaldi
Edizioni EL , Trieste - € 13,50
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