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Amy Winehouse, stella cadente - di Paola Ortensi

Amy Winehouse, stella cadente - di Paola Ortensi

Vogliamo ricordarla per la sua voce straordinaria, oltre che per la sua fragilità umana

Venerdi, 05/08/2011 -
La sera del 23 di luglio quando Amy Winehouse ha abbandonato il mondo, lasciando come testimone la sua voce fenomenale incarnata nelle sue canzoni, Zucchero ha voluto ricordarla definendola una grande interprete e un’anima fragile. Queste parole belle e affettuose si possono considerare indubbiamente una guida interessante per dire qualcosa di Amy mettendo accanto ai suoi successi di grande cantante qualche considerazione, quasi timorosi di offendere, soprattutto oggi che non c’è più, quella fragilità che Zucchero ricordava e che sembra percepirsi in tanti dei suoi comportamenti. Una fragilità, una umanità che si coglie nelle parole scelte da suo padre per dirle addio; quando ha “urlato” a voce bassa e commossa: angelo mio i tuoi genitori non ti dimenticheranno mai. Parole del padre, che pervicacemente insiste nel sostenere che Amy è morta perché aveva smesso troppo bruscamente di bere e di assumere droghe perché voleva vivere e amare. Ancora nelle parole della sua amica Lady Gaga che in un’intervista ha quasi pregato i media di non stravolgerne la memoria, di non uccidere la diva, di non rubarle l’anima. Una voce accorata quella di Lady Gaga che sembra forse parlare anche di sé. Amy morendo a 27 anni è anche entrata in quello strano club di grandi artisti morti alla stessa età come Brian Jones, Jimmy Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Kurt Cobain, rischiando di divenire un “oggetto” di analisi sociologiche più che un mito della canzone. Come riuscire allora a parlarne rispettandola come persona ed esaltandone le doti d’artista nonostante la sua vita sregolata, piena di sbagli forse causati da un successo arrivato troppo in fretta e troppo presto, ma comunque così difficile da giudicare davvero.

Una storia la sua di giovane donna che mentre per anni si è concessa il lusso di uscire da ogni binario di normalità o di vita regolata riempiva di emozioni con la voce, con le sue canzoni che hanno per anni scalato i primi posti delle classifiche moltiplicando i suoi fans.

In fondo con solo tre album, il primo a 20 anni, Amy Winehouse era arrivata al successo e alla ricchezza. Un tempo così rapido da non darle il tempo di mettere ordine nella sua nuova esistenza. Riflettendo su episodi della sua vita privata divenuti totalmente pubblici, appare come rimasta legata a un desiderio di normalità e a modo suo ai miti con cui era cresciuta, come quello della nonna Cinzia. Miti che la notorietà, la fama, il successo avevano reso incredibilmente quasi irraggiungibili, costringendola a un personaggio che le risultava stretto e in cui, tentando di uscirne, finiva sempre più nel rimanerne intrappolata. Per molte dive la normalità è un difficile traguardo. Fra le tante spigolature che nei giorni dopo la morte i giornali hanno riportato c’è una sua frase ripetuta di frequente che mi sembra proprio mettere in luce la sua lucida aspirazione di normalità rovinata dal successo, che l’ha resa una bambina troppo viziata e quasi stupita di se stessa “...mi diverto molto certe notti, ma poi esagero, rovino la serata col mio ragazzo; sono veramente un’ubriacona” Di Amy Winehouse ci piace che rimangano le sue belle canzoni e il suono di una voce trainante e forte, una voce che fa dimenticare ogni fragilità, ogni triste episodio ricordato e ripetuto fino all’ossessione come il matrimonio con Blake Fielder Civil che sembra sia stato la sua rovina nonostante il suo grande amore. Ogni diva come lei a fronte di una tragedia di vita diviene un simbolo da spogliare e rivestire, da mettere a nudo cercandone di interpretare i più segreti pensieri. Questo è forse inevitabile, ma lei potrebbe rappresentare invece, per tanti, solo una giovane donna che nonostante ricchezza e successo, nonostante il dono di una voce davvero bella, non ha saputo essere felice, non ha saputo essere libera. Per questo noi vogliamo ricordarla mentre canta i suoi successi, che in questi giorni tornano a scalare le classifiche rendendo sempre più ricchi gli eredi della sua non invidiabile vita. Non invidiabile, eppure così simbolica da ispirare una delle statuette che a San Gregorio Armeno hanno deciso di preparare per il presepio del prossimo Natale… quasi a concretizzare quella fragilità propria di ogni statuetta e contemporaneamente la speranza che i suoi sbagli infelici non sovrastino la sua magnifica voce di grande interprete di questo tempo.

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