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Amore umano, amore animale

Amore umano, amore animale

Etologia cognitiva, empatia, cooperazione. "Essenziale è stato il contributo di tre donne: Dian Fossey, Jane Goodall e Birute Galdikas". Intervista ad Angelo Vaira

Giovedi, 09/02/2017 -
Angelo Vaira è divulgatore e fondatore dell’approccio Cognitivo-Relazionale, scrittore e direttore di ThinkDog. È stato relatore alla scorsa edizione del convegno internazionale Culture indigene di pace / I sentieri della terra organizzato dall’Associazione Laima, parlando di come una relazione empatica con gli animali possa condurci a una maggiore consapevolezza del nostro ruolo su questo pianeta e permettere il naturale emergere di una cultura di pace.



Le radici biologiche di compassione e altruismo ci fanno capire quanto amore ci sia negli animali, amore che dovremmo imparare per ridurre i conflitti, cooperare e interconnetterci.



La prima domanda che vorrei farle parte da un paradosso: quanto possono essere "umani" gli animali, e quanto "animali" possono essere gli umani? Chiaramente l'equivalenza umano=positivo non è automatica, ma nel suo concetto di animalness/animalità mi sembra che lei sia stato capace di rovesciare completamente il punto di vista. Come ha fatto?



L'idea è sorta naturalmente. Chiunque viva a contatto con gli animali, all'interno della loro condizione e con mente aperta, non può non rendersi conto che accanto alla competizione per il cibo e il territorio vi sono gesti d'amore e altruismo, protezione e alleanza, affetto e cura, sacrificio e coraggio. Sono elementi che oggi la specie umana ha un disperato bisogno di ritrovare.

L'intuizione inoltre non appartiene a me soltanto. Se ne stanno occupando molte menti brillanti sul pianeta, fra cui biologi, giuristi, letterati, psicologi. Citando il filosofo italiano Roberto Esposito: “Che il divenire animale dell’uomo sia situato alla fine della storia lascia intendere che esso non è un puro ritorno a una condizione primitiva, ma il raggiungimento di uno stato mai prima sperimentato.”

L'etologia cognitiva ci offre una visione molto diversa di ciò che comunemente si intende per "animale". Osserviamo che la cooperazione ha assolto a un ruolo più grande della competizione nel considerare il dispiegarsi della vita su questo pianeta. Essenziale è stato il contributo di tre donne: Dian Fossey, Jane Goodall e Birute Galdikas, rispettivamente studiose di gorilla, scimpanzé e oranghi. Hanno introdotto a un modo diverso di guardare alla vita dei primati. Laddove i loro colleghi maschi vedevano solo dominanza e aggressioni, le tre rinomate primatologhe hanno delineato comportamenti di compassione, affetto, giustizia, altruismo... Quindi anche la scienza oggi ha un punto di vista diverso da mostrarci.



A proposito di punti di vista, leggendo le sue parole mi è subito venuto in mente ciò che Marianella Sclavi dice nel libro “Arte di ascoltare e mondi possibili": "Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi": è come se i nostri pregiudizi, ma anche la nostra "intelligenza emotiva", avessero il potere di distorcere ciò che osserviamo. Quanto è importante per lei l'immedesimazione? E l'istinto?



Moltissimo. Facciamo un esempio. Quando devo portare un cane a vivere meglio in presenza di altri cani che lo rendono aggressivo, il mio metodo è quello di metterlo prima in una disposizione d'animo di curiosità e scoperta. Questo diverso assetto emozionale gli consente di attribuire nuovi significati a cose che già conosce. Poi continuo a farlo familiarizzare gradualmente con la situazione, seguendo il flusso delle sue reazioni naturali, senza metterlo davanti a difficoltà troppo grandi e permettendogli di fare un'esperienza che gli dica: ce la puoi fare, sei in grado. Lo aiuta il suo istinto. È un animale sociale e in fondo sa già perfettamente come "si sta" con i suoi simili. È solo che prima nessuno ha saputo guidarlo adeguatamente in questa esperienza. Se solo noi stessi riuscissimo a conoscerci altrettanto bene! Quanto potremmo fare per noi stessi e per questo pianeta! L'istinto è amico. Bisogna solo "parlarci" invece di evitarlo. Le emozioni possono essere "illuminate" dalla consapevolezza, così che diventino consigliere e alleate e non i comandanti delle nostre azioni. Vale per noi, vale per gli altri animali.



Lei afferma che possiamo liberarci da personalità che ci rendono schiavi, insomma da quelle etichette (maschere) che nel corso della vita ci mettiamo da soli o ci facciamo mettere da altri. Qualche consiglio pratico?



Gli animali hanno tanto da insegnare. Soprattutto in termini di autenticità (far cadere le maschere). Ma ci vogliono occhi e orecchie disposte a cogliere i loro insegnamenti. Il mondo è pieno di esperti di animali, ma in molti di loro non vediamo una grande autenticità, né maturità o saggezza o partecipazione al miracolo dell'esistenza, che invece sono i doni che la relazione con gli animali può offrirci.

Il fatto è che non è l'animale in sé a cambiarci, ma il tipo di relazione che abbiamo con lui. Dobbiamo mettere in gioco noi stessi. La nostra esperienza soggettiva è parte del processo di scoperta del regno animale. Conoscere se stessi è il primo e più grande insegnamento di donne e uomini di saggezza di tutti i tempi. Volgere lo sguardo all'interno indebolisce via via i confini che la nostra mente abituale traccia fra noi stessi e il resto del mondo. Ed è quando realizziamo questo che il contatto con gli animali comincia a sortire il suo effetto benefico (per entrambi, noi e gli altri animali). Perché la relazione con un animale sia una via per far cadere le nostre maschere non dobbiamo limitarci a circoscrivere questa relazione in termini concettuali, ma dobbiamo farcene attraversare. Ed ecco che riconoscendo la nostra animalità, diventiamo più pienamente esseri umani.



La compassione, l'empatia e l'etica nel regno animale potrebbero far pensare che anche l'uomo possa essere naturalmente così, ma in questi tempi di terrorismi e scontri di "inciviltà" è sempre più difficile trovare modelli da seguire. Che proposte farebbe, come attivista per i diritti "umanimali" o "animumani"?



Fra tutti gli animali, l'essere umano è il più estremo. È capace di atti di compassione memorabili e di violenza inaudita. Ma la soluzione è sempre la stessa: un risveglio delle coscienze individuali, che ci porti a realizzare (realizzare, non solo conoscere intellettualmente) l'interdipendenza. Perché questo accada riscriverei il modo di fare didattica nelle scuole, politica e comunicazione di massa.

Viviamo in una società che ci ha privati dell'ozio. Parlo dell'ozio come lo si intendeva nell'antica Grecia: un ozio creativo, appassionato, curioso, che si guarda attorno e vuole scoprire com'è fatto il mondo e vuole dargli un senso. Quando lavori tutto il giorno e stanco ti butti su un divano ad ascoltare una TV che ti dice cosa devi comprare e cosa devi pensare, puoi anche parcheggiare il tuo cervello sul comodino (un popolo composto da individui non pensanti è più facile da controllare).

Pensiamo poi alla parola "scuola": ha le sue radici etimologiche nella parola ozio. I nostri bambini dovrebbero andare a scuola non tanto per assimilare informazioni, ma per imparare a pensare. Vorrei un diverso modo di fare didattica, con insegnanti che sappiano sollevare interrogativi e risvegliare l'attitudine a essere curiosi e consapevoli. È il recupero della parola "educazione", che sta per "educere", portare fuori il potenziale nascosto di ogni individuo. È ciò che gli allievi della mia scuola imparano a fare con i cani.

Inoltre vorrei un governo fatto di poeti e poetesse, filosofi e filosofe, e perché no, sciamani e sciamane. Ha ragione Bergonzoni quando dice che non abbiamo bisogno di nuovi cervelli, ma di petti nuovi con nuovi cuori dentro. I poeti decidono, i tecnici eseguono.



Nel suo sito ha citato le parole del prof. Franco Berrino "le pratiche spirituali influenzano il benessere mentale e fisico, e le pratiche fisiche si integrano con quelle spirituali". Sembra un approccio omeopatico, quantistico e buddista. Secondo lei la scienza e la bioetica sono pronte per il salto?



Non so dirlo. Non riesco però a non sorprendermi di come la ricerca scientifica sembri convergere sempre più verso i principi insegnati dalle antiche tradizioni spirituali.

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