Login Registrati
Amore pubblico, amor profano

Amore pubblico, amor profano

Quello strano sentimento che... / 1 - Sguardi amorosi sulla dimensione pubblica, a partire dalla politica. Qualche riflessione e qualche idea con un'intervista a Riccardo Iacona, perchè da innamorati dei beni comuni possiamo vivere meglio. E più in pace

Bartolini Tiziana Domenica, 12/12/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2010

Natale arriva anche quest’anno, ed è una delle poche certezze che ci restano in un contesto di destabilizzazione politica, umana e sociale. Il precariato del lavoro ha contagiato il resto in cui siamo immersi e tutto è diventato instabile, non definitivo. Che si tratti di relazioni sociali o dei nostri partiti di riferimento. Incerto è perfino il senso delle parole, talvolta svuotate dell’accezione comunemente loro attribuita, oppure travisate o addirittura deturpate. Amore è uno di quei termini che pensavamo intoccabili, fermo - almeno lui - nel senso che un po’ tutti gli diamo accostandolo agli affetti familiari o alle passioni. Che banalità, come abbiamo potuto? La politica, non contenta di occupare Rai, Asl e Municipalizzate, ha pensato bene di occupare anche quella parola, brandendola come fosse un argomento per convincere del suo buon operare. Così ad un certo punto è apparso il partito dell’amore, definizione insensata sparata attraverso i media per rovinarci anche il gusto delle immagini alte e delle idee pulite che, naturalmente, da sempre evoca.

E dunque, ecco la nostra ribellione: riappropriarci della parola amore ragionandoci intorno, chiedendo e chiedendoci che significato dare - oggi nel nostro Paese - a questa espressione. Sgombriamo subito il campo da eventuali equivoci: non intendiamo parlare di sentimenti o sesso. Vogliamo invece riflettere sulla dimensione pubblica dell’amore, su quanto manchi e dove se ne scorga ancora. Siamo immersi in un frastuono costante che ci impedisce di sentire l’altro e le sue ragioni, la violenza (verbale e fisica) è la cifra che domina i rapporti pubblici e privati insieme al cinismo o all’indifferenza. Difficile dire se l’individualismo è il prodotto di questi ingredienti oppure la causa, se la perdita del sentirsi parte di (una o più) comunità è approdo o il porto da cui siamo salpati. Però vale la pena di interrogarsi, anzi di osservare e osservarsi. È Natale, regaliamoci pensieri buoni. Cominciamo con un giornalista, uno che fa inchieste scomode e conosce l’Italia e gli italiani: il suo sguardo è diretto, il racconto impietoso. Riccardo Iacona non edulcora la realtà, ma non è mai rancoroso. C’è amore nei suoi servizi ed è amoroso l’obiettivo verso cui tende: renderci consapevoli, fare informazione assumendosene la responsabilità. “Che fare, come uscirne, da dove ricominciamo. Sono domande che si fanno tanti milioni i italiani. Vedono in alcuni giornalisti interlocutori credibili perchè portiamo materia densa: 44 ore di messa in onda in prima serata in meno di tre anni vuol dire che c’è un principio di verità, in un momento in cui una parte importante dell’informazione lavora per far dimenticare la realtà”. In queste settimane Iacona presenta il suo libro (L’Italia in presa diretta, ed Chiarelettere), incontra tante persone e spiega loro che “le idee buone ci sono e che bisogna conoscerle, che per ricostruire bisogna aprirsi ai tanti esempi di buon fare”. Con questa disposizione d’animo parte alla ricerca di volti e notizie. “È un lavoro che non si può fare senza l’amore, che è comune a tutte le trasmissioni belle, anche al varietà e a quelle di intrattenimento. La televisione di successo è fatta sempre con amore... ma questo vale per tutti i lavori”. Sarà per questo che è proprio poca la tv di qualità... Ma torniamo a Iacona e al suo libro, dove la parola amore ricorre: che senso dà a questa espressione? “Prima di tutto andrebbe declinato meglio l’oggetto, perchè tutti possono essere buoni e cattivi allo stesso tempo. Se l’oggetto è ancora il Paese ed un destino comune - e su questo qualche dubbio c’è - bisogna fare delle scelte, vere e dolorose. Non possiamo accontentare tutti. Per cominciare ad amare questo Paese, bisogna cominciare a far male a qualcuno...alla fine anche lui ne sarà contento. Penso all’evasione fiscale, alla produzione del 30% del Pil al nero, all’occupazione da parte dei partiti di territori centrali per la buona amministrazione dove sono collocate persone non perchè sono brave ma perchè sono fedeli. Questo già lo considero una forma di amore”. Ma come spiega le correnti di odio che sembrano egemonizzare lo spazio pubblico e devastare il privato? A che punto è arrivata la degenerazione? “C’è solitudine nei gruppi sociali, per questo scatta il rancore verso gli altri, l’idea che c’è sempre un nemico che ti sta togliendo il pane dalla bocca, che stai pagando un prezzo alto per colpa di un’altra parte del Paese. C’è poca conoscenza, quindi mancano le chiavi di interpretazione per capire il contesto: se senti sempre una sola storia non capisci più i perchè. La crisi è lunga e sappiamo che ne usciremo con meno posti di lavoro, quindi è importante costruire un sapere collettivo e rinnovare perchè ciò che era valido ieri non lo è più oggi o domani”. L’individualismo e i tanti egoismi non ci fanno stare meglio, ma c’è disponibilità a cambiare.. “C’è un problema di spazi pubblici - che si sono enormemente ristretti - in cui far sentire la propria voce e il fatto che non esistano posti in cui possiamo sentirci partecipi di un destino comune taglia alle radici qualsiasi afflato amoroso. Come ci si sente da soli per giorni su un tetto aspettando che arrivi una telecamera....?”. Parliamo un po’ della corruzione tanto praticata e antitetica all’amore per il bene pubblico. Le leggi ci sono, ma evidentemente non bastano. “C’è molta corruzione diffusa, ma ci sono molte brave persone: sono la maggioranza ma non contano niente, non parlano mai. È un processo virtuoso che richiede leggi con meccanismi di esclusione immediata. Se si facesse una vera riforma della giustizia, questo sistema potrebbe essere intaccato nel profondo”. E le donne? Bella la puntata sulle discriminazioni di genere... “Se le donne in Italia non contano niente non è perchè siamo antropologicamente feudali, basterebbero due o tre leggi, però ci vorrebbe un movimento forte”. Vedi un potenziale specifico nelle donne? “L’apartheid crea periferia, mentre per creare un capitano d’industria devi far fare la carriera, ma se la carriera finisce nella segretaria, se la preoccupazione principale di un datore di lavoro è la maternità non si fa molta strada. Quando la politica si accorgerà di questa risorsa enorme, allora le donne dovranno recuperare il tempo perduto. Intanto mi pare importante che il problema sia riconosciuto come tale, poi speriamo che arrivi questa legge del 30% delle donne nei CdA delle società quotate in borsa, anche quello può esser utile”.

A pagina 48 del tuo libro scrivi “Le stanno seppellendo piano piano, giorno dopo giorno, le loro case, quelli di Onna, ecco perchè stanno lì: per seppellirle. È l’ultimo gesto d’amore verso il loro paese e il primo per la ricostruzione. Per costruire il villaggio dove oggi vivono trecento persone sono occorsi solo tre mesi, comprese le opere di urbanizzazione primaria, le strade....E tutto questo a solo 1.100 euro al metro quadrato, strade e fogne comprese, con i soldi donati dalla Provincia di Trento. A fronte dei 2.700 euro delle ‘case di Berlusconi’. Ma quello che veramente non ha prezzo è il fatto che le persone non si sono disperse, la comunità è rimasta tutta insieme, davanti a Onna, di cui seguiranno e controlleranno da vicino la ricostruzione....”. L’Aquila è stato il trionfo dell’efficientismo. Il fare presto ha travolto chi chiedeva tempo, che significava anche partecipazione democratica alle scelte. “Voglio sottolineare che ad Onna hanno costruito questa roba combattendo, anche per loro era prevista la ‘deportazione’ nelle new town. Adesso loro possono seguire questo rito amoroso, ricostruire il loro futuro, stare assieme. Sono andato a parlarci e sono stato con loro una giornata intera e ho capito che è stato frutto di una battaglia, gli altri non ci sono riusciti. Attenzione: è proprio sul terreno amoroso che Berlusconi ha fatto un grande gesto nel consegnare lui gli alloggi. Però, se si fosse fatto bene un lavoro di inchiesta, si sarebbe scoperto che in realtà quello era un grande segno di disamore per quella zona e per quella gente. Quando il potere si presenta alle persone semplici con la sua forza e le riduce a comparse di un gioco più grande di loro si capisce che la democrazia è sballata”.






Conoscere per essere liberi



“..ho avuto il privilegio di poter leggere in profondità quello che stava succedendo nel paese. E adesso ho le prove. Le prove che l’Italia di Berlusconi è già un paese meno libero e che il futuro che ci aspetta riserva ancora meno libertà. Posso dire di averlo visto con i miei occhi. Ho deciso di scrivere questo libro perchè possiate vederlo anche voi”. Il primo capitolo, lapidario, inquadra il tutto a partire dal titolo: La svolta autoritaria. La raffica di capitoli seguenti è la ‘materia viva’ che argomenta l’assunto iniziale, sintesi delle questioni che ci assediano ad ogni tg o che inquinano la nostra vita quotidiana. Si va dai respingimenti dei migranti (conditi con le bugie dei ministri) al grande set allestito a L’Aquila per sorprendere con le new town; dalla catastrofe della giustizia (che non si risolve con le leggi ad personam) al dissesto del territorio costantemente aggravato dalla collusione tra pezzi di istituzioni e mafie. Significativo il capitolo dedicato alla scuola, con le testimonianze dei pendolari delle cattedre che stazionano con i bagagli nei corridoi del provveditorato agli studi di Milano: sono arrivati in fretta e furia dalla Sicilia e sperano di ottenere una cattedra “perchè al sud la situazione è drammatica”. È l’affresco di un’Italia alla deriva che vede tagliare le ore di didattica e non sa come pagare i supplenti e le sedie. Ed è sconfortante il confronto con la scuola nel quartiere periferico di Stoccolma, dove c’è il meglio degli insegnanti, della didattica e delle strutture: nonostante la crisi lì il centrodestra ha aumentato gli stanziamenti per ricerca e sviluppo “perchè un paese piccolo come la Svezia deve investire per riuscire a competere a livello internazionale”. Poi ancora: l’acqua - che da bene pubblico diventa oggetto di speculazione dei privati grazie alla miopia di amministrazioni di ogni colore - e le politiche sulla casa - che in Italia arricchiscono i ‘palazzinari’ e invece in Francia fanno rinascere i centri storici -.

La prosa scarna e diretta, sostenuta da numeri e testimonianze, ha la stessa efficacia dei servizi televisivi. È un libro da leggere perchè, con tutto il rispetto per la forza delle immagini, ci conferma che non possiamo privarci della parola scritta se davvero vogliamo essere protagonisti della nostra conoscenza. Parola che, concordiamo con Iacona, fa rima con libertà.



 

Riccardo Iacona

L’Italia in Presadiretta

Ed Chiarelettere, pagg 170, euro 13,60





Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®