Lunedi, 11/04/2011 - Nel comune sentire amore e violenza tendono idealmente a polarizzarsi: che cosa avrebbero da spartire lo slancio ardente verso l'oggetto del proprio desiderio e la brutale lacerazione dell'altro, la tenerezza e l'odio rabbioso, la passione vivificante e il gesto mortifero? In realtà il sentimento amoroso e l'atto violento si compenetrano da sempre, a partire dallo strappo che separa il maschio dal corpo di donna che lo ha generato. E sono intrecciati al punto da serrarsi in un nodo inestricabile che costituisce - sia per gli individui sia per i gruppi umani - il "fattore molesto" della civiltà. Con l'acutezza di sguardo di chi sa mettere a nudo le ambivalenze e le contraddizioni del rapporto di potere tra i sessi, Lea Melandri esplora la violenza reale e simbolica annidata all'interno delle relazioni più intime come la sessualità e la maternità. È su quel corpo con cui è stato tutt'uno, e con cui torna a fondersi nell'amplesso, che l'uomo si accanisce. Ma questa fuga estrema dal femminile che si perpetua, atavica, in ogni mano maschile levata sulle donne, conosce un'ultima contorsione, su cui Melandri invita a riflettere: l'attuale spazio pubblico femminilizzato sembrerebbe stemperare la «guerra tra i sessi», mentre è soltanto una nuova forma di dominio, a conferma ancora una volta dell'asservimento che ha ridotto le donne a vita biologica, virtù domestiche, prestazioni ancillari.
Lea Melandri è una delle figure più note del femminismo italiano. Tiene corsi presso la Libera Università delle Donne di Milano. Tra i suoi saggi: "L'infamia originaria" (1977, n. ed. 1997), "Lo strabismo della memoria" (1991), "Una visceralità indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni settanta" (2000) e "Preistorie. Di cronaca ed altro" (2004). Presso Bollati Boringhieri ha pubblicato "Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia" (2001) e "Come nasce il sogno d'amore" (2002).
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