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Amnesty International. Diritti delle donne, diritti umani e libertà di stampa

Amnesty International. Diritti delle donne, diritti umani e libertà di stampa

Dai diritti riproduttivi in occasione dell'8 marzo fino al sostegno alla campagna MENO GIORNALI MENO LIBERI per la libertà di stampa e di informazione. Intervista al Direttore Gianni Rufini

Lunedi, 09/03/2015 -
“Parlare di diritti umani vuol dire anche parlare dei diritti delle donne: violenza domestica, discriminazioni in generale. Tra questi parliamo anche di diritto all’aborto perché riteniamo che tutti gli individui, a partire dalle donne naturalmente, debbano avere la liberta di decidere se avere figlio con chi e quando lo vogliono, Il diritto alla procreazione corrisponde all’eguale diritto a non procreare se le condizioni non lo consentono. Gli Stati devono fornire alle donne i mezzi per decidere liberamente sulla procreazione e quindi anche la possibilità di interrompere gravidanze se non desiderate o considerate inopportune, Quando, come in Italia, la possibilità esiste sulla carta ma non trova pratica realizzazione la contraddizione diventa grave e la responsabilità dello Stato è particolarmente significativa”. Gianni Rufini, Direttore Generali Amnesty International Italia, è chiaro nell’esposizione di questo aspetto della condizione dei diritti umani nel mondo. Le dichiarazioni rilasciate nella videointervista del 25 febbraio, in occasione della presentazione del Rapporto annuale 'La situazione dei diritti umani nel mondo 2014-2015" (Castelvecchi editore) sono confermate in occasione dell’8 marzo con la campagna “My Body My Rights” e con un manifesto che può essere sottoscritto.

Obiettivo di Amnesty International è chiedere ai governi di ogni parte del mondo di porre fine ai loro tentativi di controllare e criminalizzare le scelte e la sessualità delle donne e delle ragazze perché “nonostante un importante accordo sottoscritto due decenni fa a Pechino in materia di uguaglianza di genere, le donne e le ragazze continuano a venire private dei loro diritti sessuali e riproduttivi”.

Il manifesto di Amnesty International chiede agli Stati di:

- abolire le leggi che criminalizzano l’esercizio dei diritti sessuali e riproduttivi;

- rilasciare tutte le donne e le ragazze imprigionate per aver voluto abortire o aver avuto un aborto spontaneo, così come coloro che le hanno aiutate;

- garantire l’accesso ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva;

- garantire l’accesso a programmi educativi relativi alla sessualità esenti da pregiudizio e basati su prove oggettive, all’interno e all’esterno della scuola;

- prevenire e reprimere tutte le forme di violenza di genere, specialmente contro le donne e le ragazze;

- assicurare che tutte le persone abbiano la parola sulle leggi e sulle politiche che riguardano il loro corpo e la loro vita;

- assicurare che tutte le persone abbiano accesso a rimedi giudiziari efficaci e affrontabili dal punto di vista economico quando i loro diritti sessuali e riproduttivi siano stati violati.

“Gli stati e altri soggetti devono porre fine ai loro tentativi di controllare le decisioni delle donne e delle ragazze. Quello di prendere decisioni informate sulla salute sessuale e riproduttiva è un diritto umano che dev’essere garantito anziché minacciato e criminalizzato” – ha sottolineato Jessie Macneil-Brown.



Nel stessa occasione abbiamo chiesto a Gianni Rufini il sostegno alla campagna MENO GIORNALI MENO LIBERI e un suo parere sull’importanza del pluralismo e della libertà di stampa

“Sosteniamo questa campagna perché il tema della libertà di opinione e di espressione è sempre stato uno dei temi storici di Amnesty International, una delle ragioni per cui siamo nati e che abbiamo portato avanti in più di 50 anni di vita. È grave quando si riducono spazi di espressione, quando i giornali non trovano la possibilità di esporre le loro idee di contribuire al dibattito pubblico: su tutti i temi della libertà e del diritti, sui temi politici o di altra natura. La riduzione di questi spazi deciso con un tratto di penna cancellando contributi pubblici all’editoria risponde ad un’esigenza economica piuttosto miope, ma ha un impatto drammatico grave. Se non si torna indietro, sulla libertà di stampa nel nostro Paese si apre un problema molto serio, che ha un nesso con un valore fondamentale in una democrazia, anche considerando che siamo molto in basso nella classifica per la libertà di stampa stilata dalle Nazioni Unite. Siamo un paese con alcuni monopoli nell’ambito dell’informazione e la situazione crea molte preoccupazioni. Il ruolo che le piccole testate possono avere nel far crescere la cultura del diritto è fondamentale: dare spazio all’espressione delle minoranze, far circolare idee che non trovano riscontro nel grande sistema mediatico industriale, sostenere e alimentare la crescita e lo sviluppo delle opinioni delle persone, senza parlare della capacità di toccare temi che non tratta la grande stampa. Temi dimenticati ma non per questo meno importanti. Le piccole testate spesso ci disvelano delle realtà, ci aprono finestre sul mondo e sulla nostra stessa società. Per questo sono fondamentali dal nostro punto di vista”.

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