Baldassarre Bruna Sabato, 27/12/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2015
Cara Bruna,
a 52 anni, mi sono trovata in grave difficoltà perché nella mia vita ho sempre anteposto il bene degli altri piuttosto che il mio. Ora alle donne direi: prima di amare gli altri, amate voi stesse!
Per mio marito ho rinunciato a una vita VIVA dedicandomi solo a lui, ai miei due figli, alla casa e contemporaneamente ai miei genitori malati incurabili per molto tempo. Mai avrei pensato, però, di collezionare negli anni ferite molto più dolorose rispetto ai lutti vissuti… Cosa leggi dal mio albero?
Milva
Cara Milva,
l’albero che hai disegnato narra il tuo dolore, ma pur condividendo ovviamente il messaggio diretto alle donne, mi sento di dirti che amando tutti i tuoi cari hai certamente amato anche una parte di te stessa, forse non proprio come sognavi di fare. Le ferite più dolorose degli stessi lutti fanno parte di quello scenario di vita che definisci “viva”. La dimensione della coscienza ci fa sentire il dolore ancora più forte di quanto si possa mai immaginare, ma proprio per la presenza di un Io cosciente possiamo scegliere finalmente di essere signore della nostra vita, della nostra storia biografica. Andiamo oltre le ferite e soffermiamoci non tanto sui vecchi schemi, ma su nuovi ritmi di vita. Il cuore diventa simbolicamente l’organo della nostra coscienza e proprio con il cuore ci stai narrando l’entità delle tue ferite. La “fase etico-morale”, come viene definita questa parte della vita fino ai 56 anni, richiede un atteggiamento benevolo su tutto l’agire, sentire e volere della persona e soprattutto un’autentica ricerca di nuovi valori. Il tuo albero ci parla di te, della tua essenzialità e della ricerca di copertura, di protezione, nonostante il tuo anelare verso una nuova indipendenza. Ci parla dei tuoi modi di persona che ama il bello e allo stesso tempo è oppressa dal peso delle prove. Ci suggerisce le tue esperienze che hanno inciso nella tua vita, a 24, 41, e a circa 45 anni. Una tendenza al sogno che può trasformarsi in eccessive difese anche autopunitive e che spesso non permette di vivere pienamente la realtà nei suoi aspetti dignitosi e gratificanti.
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