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…ma se poi il lavoro non c’è?

…ma se poi il lavoro non c’è?

Conciliare, condividere… - Se la crisi economica ci consegnerà una società stravolta dagli avvenimenti parlare di conciliazione / condivisione potrebbe sembrare solo un "diletto per gentili signore”

Anna Salfi Lunedi, 28/09/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2009

In Emilia Romagna sono numerose le esperienze di innovazione organizzativa volte a conciliare le esigenze di uomini e donne nella vita professionale e nella vita privata e legate ai diversi bisogni di cura riconducibili ai figli, ma anche agli anziani e ai portatori di disabilità. Più di conciliazione si dovrebbe parlare di condivisione visto l’obiettivo di rendere il carico di cura equamente suddiviso tra uomini e donne. A volte tali azioni sono state prese unilateralmente da medie e grandi aziende, molto più spesso il sindacato e le donne del sindacato ne hanno determinato l’adozione anche sotto forma di Protocolli territoriali.

Migliaia e migliaia di donne giovani, da poco madri, si trovano nella condizione di non vedere rinnovato il contratto di lavoro e se non si parla di licenziamenti in termini stretti l’assenza dal posto di lavoro prende la forma del mancato rinnovo del contratto che non è, nella sostanza, cosa molto diversa. Cgil Cisl e Uil dell’Emilia Romagna hanno recentemente sottoscritto un accordo importante, “Un patto per attraversare la crisi” per salvaguardare un’enormità di posti di lavoro utilizzando gli strumenti offerti dagli ammortizzatori sociali anche oltre ogni interpretazione possibile, ma che fare per chi non può usufruire di questa opportunità? Si è trattato di salvaguardare l’intero impianto produttivo, ma numerosi servizi pubblici e privati si fondano sull’opera di lavoratori e lavoratrici titolari di contratti atipici e che, è il caso della scuola, a giorni vedranno non riconfermato l’incarico, oppure di donne impegnate in servizi di cura alla persona il cui disimpegno può determinare il ridimensionamento degli stessi servizi di cui proprio le donne che lavorano sono le più dirette fruitrici. Che fare quindi? Continuare con impegno ancora più vigoroso per salvare questi posti di lavoro. La mobilitazione del sindacato, che ha visto in primo piano l’impegno della Cgil e delle categorie del pubblico impiego Fp e Flc, ha già ottenuto un primo risultato facendo slittare il termine per le stabilizzazioni dei precari che era fissato nel 30 giugno. Le procedure previste non si esauriranno al 31 dicembre 2009, ma nel triennio 2010-2012. Il Consiglio dei Ministri del 26 giugno ha dovuto assumere tale decisione anche se alcune professionalità presenti, tra le altre, in enti di ricerca e nelle Università non potranno accedere alle decisioni assunte o per vincoli posti al turn over o per effetto dei tagli finanziari subiti. La già difficile situazione economica si farà ancora più preoccupante quando verranno a scadenza i provvedimenti insiti nel sistema degli ammortizzatori sociali. Non resta che prepararsi a un autunno intenso e impegnativo se vorremo ottenere dal Governo una strategia compiuta che salvi posti di lavoro. Si rischia di cambiare l’ordine delle priorità se vorremo, come io credo, salvare l’occupazione femminile e impegnarci perché l’uscita dalla crisi non ci consegni una società stravolta dagli avvenimenti. A quel punto, parlare di conciliazione/condivisione potrebbe sembrare davvero solo un diletto per gentili signore.



Anna Salfi*



* Segreteria regionale Cgil E. Romagna - Responsabile delle politiche di genere



 

(28 settembre 2009)

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