‘Ma nuit’: adolescenti feriti crescono nella notte parigina
Il film di Antoinette Boulat, ispirato alla sua storia, arriva nelle sale il 12 gennaio, distribuito da No.Mad Entertainment. Un’intervista di NoiDonne alla regista
Martedi, 10/01/2023 - Una storia autobiografica, quella raccontata dalla regista francese Antoinette Boulat - anche nota come direttrice di casting e attrice - nel suo primo lungometraggio dal titolo “Ma Nuit”, una notte reale, perché il film si svolge quasi tutto nel corso di una notte a Parigi, e simbolica, dato che la protagonista diciottenne, Marion, ha perso una sorella, così come accaduto alla regista nella vita vera.
Il film evidenzia le difficoltà di elaborare un lutto così importante proprio nell’età in cui la vita sboccia e si apre al mondo e agli altri. Da quando è morta sua sorella, Marion non trova pace, fra rabbia, dolore e malinconia, ed ha raggiunto l’età in cui si sente un profondo bisogno di libertà. I rapporti con sua madre, nonostante la perdita comune, non sono del tutto rosei e, il giorno dell'anniversario della morte della sorella, la ragazza preferisce stare in solitudine: inizia così un viaggio, anche interiore, per le strade di Parigi. In parte Marion sta con le sue amiche, ma poi passa per altri gruppi di giovani, girovagando per una città notturna fuori dagli schemi della capitale parigina, in cerca di sé stessa e, inconsciamente, di dare significato agli eventi della sua vita. Ne segue una notte di incontri tra volti familiari e sconosciuti, in una città con cui i giovani non riescono più a stabilire dei legami chiari, finché Marion non si imbatte nell’impulsivo Alex, un giovane dallo spirito libero come il suo.
Grazie all’incontro di due solitudini, il loro percorso si trasforma nel ritmo che scandisce il vagare nella città, come un viaggio nella notte, puntellato da eventi apparentemente molto seri (il furto di un motorino ai danni di Alex, una brutta caduta che porta Marion ad incontrare, al Pronto Soccorso più vicino, una rassicurante dottoressa, interpretata dalla brava Maya Sansa, che comprende subito lo smarrimento della ragazza) ma in realtà marginali rispetto al senso di perdita e di ricerca di senso, forse di amore, dei protagonisti.
“Il film - racconta la Boulat - affronta il dolore e il modo in cui esso trasforma e distorce la nostra visione del mondo. Per ritrarre una ragazza di diciotto anni e la Parigi di oggi, ho scelto la forma del viaggio sia interiore sia fisico. È come una lontana versione dell’errare mitologico, in cui gli eroi si perdono, si affrontano, alla ricerca di uno scopo stabilito da eventi esterni che loro non riescono a controllare. La notte di Marion a Parigi diventa il riflesso di una generazione che sente di aver perduto per sempre la sua spensieratezza, abbandonata in un mondo spezzato. La ricerca della libertà, o piuttosto il senso di libertà di una generazione che vive nella paura, è il tema centrale di ‘Ma nuit’. Marion riuscirà a superare la paura in questo simbolico viaggio notturno e ad affrontare le prove che le permetteranno di elaborare il lutto e di aprirsi alla vita”.
'Ma Nuit', presentato nella sezione Orizzonti alla 78a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, e selezionato in Alice nella Città al Festival del Cinema di Roma, esce nelle sale italiane giovedì 12 gennaio, distribuito da No.Mad Entertainment.
Molto bravi i giovanissimi interpreti, Lou Lampros (Jacky Caillou, A Night Doctor, De son vivant, Médecin de nuit, Madre) e Tom Mercier (We Are Who We Are, Synonymes), e l’intero cast: Carmen Kassovitz (Heartbeast, Atomic Summer, A Girl's Room), Emmanuelle Bercot (Goliath, il ballo delle pazze, Polisse, Mon roi) e Maya Sansa (Le mie ragazze di carta, Revoir Paris, Security).
Antoinette Boulat ha iniziato la sua carriera come direttrice di casting con ‘Ponette’ di Jacques Doillon, film per il quale Victoire Thivisol ha vinto il premio di migliore attrice a Venezia nel 1996. Da allora, ha lavorato in più di 120 film con registi importanti come Olivier Assayas, Leos Carax, Wes Anderson, Sofia Coppola, Emmanuelle Bercot, Benoît Jacquot, François Ozon, Mia Hansen-Löve, Lars Von Trier e Albert Dupontel. Nel 2015, ha condiviso l'EA Award dell'Alliance of Women Film Journalists con i suoi colleghi direttori del casting di ‘The Grand Budapest Hotel’ di Wes Anderson. Nel 2017 ha vinto l'European Casting Award al Locarno Film Festival per ‘Standing Tall’ di Emmanuelle Bercot. ‘Ma Nuit’ è il suo primo lungometraggio.
Intervista ad Antoinette Boulat – regista di ‘Ma Nuit’. Complimenti per il film, molto originale e dall’atmosfera misteriosa e malinconica: lei sembra conoscere molto bene il dolore della perdita, il film è autobiografico almeno in parte?
Si, il film è quasi completamente autobiografico, soprattutto per ciò che riguarda la perdita della sorella da parte della protagonista…anche io infatti ho perso mia sorella e ho vissuto questo tipo di dolore: all’inizio del film si legge infatti che ‘quando si perde qualcuno ci si sente più distanti dagli altri’ e, in certi momenti, penso sia proprio così. Poi volevo anche parlare dei giovani della Parigi di oggi e questa parte non è del tutto autobiografica ma è vero che, nel film, mi sono servita molto della mia storia.
Marion, la protagonista, è una giovane atipica rispetto ai coetanei per ciò che ha vissuto o, attraverso il suo personaggio, il film voleva descrivere una generazione confusa, che sembra perdersi ma che poi, al momento giusto, è capace di trovare le risorse per cambiare le cose e risollevarsi?
Marion è particolare perché lei non appartiene a nessun gruppo ed oggi i giovani si ritrovano e ‘funzionano’ quasi sempre all’interno di un gruppo: lei vuole essere libera da un lato, decidere cosa fare in solitudine, si avvicina agli altri e poi si auto-esclude ma, dall’altro lato, porta con sé anche molto della gioventù di oggi e dei suoi modelli. Io credo che il mondo e la società oggi siano molto violenti per i giovani e quando si chiede loro di confrontarsi con gli eventi importanti e di andare avanti nella vita, c’è molta violenza. Marion rifiuta di appartenere a un gruppo, vuole riflettere da sola, ma in molte cose si comporta proprio come tutti i giovani di oggi.
Il film si svolge in buona parte in una notte, lei descrive una Parigi notturna che non è brillante ma dura e pericolosa, una città con una bellezza segreta nascosta negli angoli bui, negli antichi edifici, nelle banchine in riva al fiume. È davvero così Parigi di notte, lontana dai riflettori?
Sì secondo me è così: è vero certo che Parigi è una città bella ma è vero che è anche molto dura, talvolta di giorno ma specialmente di notte e soprattutto per gli emarginati e per i più fragili. Il quartiere dove abbiamo girato le scene in esterno notte deve essere ancora più duro di come si vede nel film, perché io ho girato d’estate e dopo il Covid, quindi nella la zona c’era più gente e il quartiere era meno deserto.
Nel film c’è anche il tema della paura, dei giovani e degli adulti: la paura della morte, della trasformazione, dell’abbandono, dell’incertezza, e questo sentimento sembra comune a Marion e a sua madre. La madre è un personaggio che resta nell’ombra, dal momento in cui Marion decide di uscire e andarsene la sera dell’anniversario della morte della sorella…
Si è vero che è difficile oggi affrontare le proprie paure, o dire agli altri di avere paura, molti hanno paura ma non lo dicono per non apparire deboli. Molti dei giovani che ho sentito per i ruoli del film mi hanno detto di avere paura, quando non sono in gruppo, e altri hanno raccontato di aver paura di tante cose ma che non si sentono di dirlo per non essere esclusi o presi in giro. Le paure degli adulti e quelle dei giovani sembrano paure diverse ma in realtà sono molto simili. Nel film, ad esempio, volevo creare un personaggio di madre un po’antipatico, poco materno, ma ciò che crea inevitabilmente empatia con lei è la perdita della figlia, la paura più grande che ogni genitore può immaginare di avere. La madre di Marion riesce a condividere e comunicare con tutti la sua tristezza, ne parla con i suoi amici e vive così quanto le è successo, tutto è concentrato su di sé, mentre Marion è silenziosa e, in qualche modo, benché anche lei sia fragile in quanto adolescente, sembra più profonda della madre, è più diretta e cerca un conforto nel girare di notte da sola per le vie della città. Quella di sua madre verso di lei, forse, è più attenzione che paura.
Dato che lei ha co-sceneggiato il film, come si immaginava i personaggi principali e come avete scelto i ruoli attoriali che sono stati affidati a Lou Lampros e Tom Mercier? Molto bello il cameo affidato a Maya Sansa.
Maya Sansa già la conoscevo per i casting e mi piaceva molto l’idea di lei nel ruolo di una dottoressa in parte straniera, Maya era perfetta, ma non sapevo se avrebbe accettato, ho avuto fortuna perché era un piccolo ruolo. Il ragazzo, Tom Mercier, lo avevo conosciuto sul set del film ‘Synonymes’, lui appartiene a un gruppo di giovani attori francesi interessanti e ho visto che sarebbe stato il ragazzo giusto per stare accanto a Marion. Per quanto riguarda lei, che già conoscevo sempre per i casting, aveva qualcosa che sembrava l’opposto del ruolo che doveva interpretare: ho incontrato molte attrici, ma lei mi ha colpito molto, perché era perfetta per interpretare un personaggio con qualcosa di abbastanza selvaggio, con uno spirito giusto, non volevo un’attrice troppo malinconica, serviva una ragazza che fosse anche vitale ma con sfumature molto diverse. Abbiamo fatto molte prove con entrambi, ciascuno era abbastanza atipico nel personaggio e, alla fine, si sono ritrovati in una sorta di comune singolarità.
‘Ma nuit’ è il suo primo lungometraggio come regista, è stato difficile passare da direttore del casting a cineasta? Pensa che oggi, per le donne registe, sia più facile, rispetto al passato, lavorare ed essere rispettate?
In realtà il film è stato difficile da realizzare soprattutto dal punto di vista finanziario, per il resto il lavoro del casting mi ha aiutato molto nel mestiere di cineasta, non avevo alcuna apprensione a lavorare con gli attori, e credo che il lato delle relazioni umane per un regista sia il più complesso, venendo dal casting so come trattare gli attori. Inoltre ho avuto un’ottima équipe, formata da persone giovani ed entusiaste (come anche gli attori): tutti avevano voglia di fare il film ed è andato tutto davvero bene.
Riguardo al lavoro delle cineaste donne penso di sì, che oggi sia più diffuso il lavoro delle donne registe, non so com’è la situazione in Italia, ma in Francia ci sono molte registe, oggi è più facile essere accettate come professioniste, ma in generale non è facile per nessuno, perché il cinema è qualcosa di difficile a prescindere. Di sicuro in passato le registe donne, come Agnès Varda, si sentivano molto più sole di come si sentono le cineaste oggi. In Francia ci sono molti giovani che pensano di fare film senza problemi, io non condivido affatto questa idea. Per quanto riguarda l’essere rispettati sul lavoro, ci sono certo molti uomini machisti nel cinema, registi o altro, ma ci sono anche donne che non ci piacciono, purtroppo, e bisogna fare in generale i conti con persone insopportabili, e questa condizione è spesso anche condivisa da molti uomini, a loro volta vessati da registi insopportabili. In queste situazioni, secondo me, bisogna essere chiari con sé stessi: io mi ci sono trovata varie volte ma ho deciso di non lavorare con queste persone. Ci saranno sempre questi soggetti, bisogna stare attenti ad evitarli.
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