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"Altrove" di Mauro Lorenzini

ALL’INSEGNA DEL DUBBIO: I MISTERI DI MAURO LORENZINI IN “ALTROVE”, TRA ANTONIONI E PIRANDELLO

Giovedi, 07/03/2013 - Ricordate il film Professione reporter di Michelangelo Antonioni? Il protagonista, David Locke, un giornalista di successo, lanciatissimo nella professione ma ormai sazio e annoiato dalla vita, scopre un giorno l'opportunità di ricominciare tutto daccapo: rinvenuto il cadavere di un uomo che gli somiglia, inscena una finta morte ed assume l'identità del defunto. Mal gliene incoglie: l'uomo era un trafficante d'armi che riforniva il movimento di ribellione a un piccolo dittatore africano. Raggiunto dai sicari del despota, il reporter viene ucciso, questa volta sul serio. Sembra dire il film che non si può essere diversi da chi si è…

Anche il protagonista del romanzo Altrove di Mauro Lorenzini, edito da Guida, 2006 desidera modificare la propria identità. Infatti, arrivato in Sicilia, a Palermo, segue l’impulso di non dare il proprio nome e cognome alla signora dell’albergo dove è ospitato e decide di farsi chiamare col nome di Fabio Costelli, un nome che spesso gli ronzava in testa perché era il nome del protagonista del romanzo dell’amico Andrea. Perché? Non è il solo mistero che il lettore incontra: l’amico del protagonista, Andrea appunto, dopo una delusione, è partito per la Sicilia alla ricerca del perduto amore, ma in realtà anche lui in cerca di se stesso e con una nuova personalità (in realtà si tratta di un’unica storia). Marco - alias Fabio - decide di andare sulle sue tracce: Da dove si comincia quando si vuole ritrovare una persona – diciamo così – scomparsa?, si trova ad aderire ad una nuova identità e se ne stupisce: il dubbio diventa l’asse portante della sua vita. Se è vero che il destino e l’interesse di un libro si realizzano nelle prime venti pagine, è al primo rigo, dove troviamo proprio la parola dubbio, che questo romanzo realizza la sua vocazione (non si possono avere sempre certezze).

Scopriamo così non solo che il viaggio è un pretesto, che Fabio e Andrea sono alla ricerca di se stessi (quale è la verità? quale è la sua vera identità?), che sfuggono dalla quotidianità, ma anche che nessun altrove è possibile… Come diceva Charles Baudelaire, è inutile partire, allontanarsi per dimenticare il proprio spleen, ce lo portiamo con noi ovunque andiamo e solo la morte può portare qualche cosa di nuovo.

La conoscenza di se stessi coincide con la scoperta di Palermo nella quale Fabio si specchia: soprattutto attrazione per il mistero (per esempio, la presenza inquietante nella città di Cagliostro), magie, inquietudine, curiosità, sapori della gastronomia (arancini di montalbana memoria, granita al limone, pesce spada e caponata, uovo sodo con zibibbo) e sfrenata ricerca della femminilità. Fabio-Palermo: una miniera di cose affascinanti e misteriosa (p. 87); Palermo è una terra sconosciuta, ostile e accattivante nello stesso tempo, dove tutto toccava un estremo o l’altro (p. 165).

La foto dell’osteria dove Fabio intravvede l’amico è la foto di Blow-up di Michelangelo Antonioni in cui la realtà sfugge ogni volta che si tenta di conoscerla, anzi guai a conoscerla, può succedere come in Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci. C’è un momento in cui Fabio vuole confessare la sua vera identità a Giada: Voglio dirti un’altra cosa. Mi chiamo Marco e non è vero che sono uno scrittore. Faccio il rappresentante di mobili: è il momento della verità per Fabio innamorato ed il lettore ha l’impressione di assistere alla scena di Ultimo tango a Parigi, in cui Paul vuole raccontare di sé a Jeanne interpretata da Maria Schneider, le chiede il nome: il lettore si domanda allora come reagirà Giada-Jeanne dinanzi alla realtà del nuovo amore di Fabio-Paul. Fuggirà? Ucciderà Fabio? E’ meglio sapere o non sapere? E Andrea riuscirà a riconquistare l’amata? E Fabio ha ammazzato Vito per una giusta causa o si è sbagliato?

Infine, il libro è anche un inno all’amicizia, quella indissolubile, fatta di condivisione, slanci di tenerezza, protezione, purezza e follia, quella in cui ci si capisce al primo sguardo, in cui l’altro ti manca e ne accetti anche i difetti:



(…) te lo ricordi Andrea di quella volta che andammo a Parigi a portare il barboncino all’amica di tua madre? Quanto tempo è passato? Vent’anni, quindici? E il cagnetto era morto schiacciato sull’autostrada e io ti ho convinto a non tornare indietro e l’amica di tua madre si è bevuta la balla del cane scappato sotto casa sua e ci ha ospitato lo stesso per una settimana, erano bei tempi, la vita ci riservava un sacco di sorprese, i viaggi che abbiamo fatto e quelli che non abbiamo fatto ma che avevamo progettato così a lungo da averli fissati nella nostra memoria come quelli reali, come il viaggio a Capo Nord con la cinquecento gialla che dovevamo comprare di seconda mano facendo a metà della spesa, te lo ricordi? (…) (p. 210).



Viene in mente Il grande amico Meaulnes scritto nel 1913 da Alain-Fournier, storia dell’amicizia indissolubile fra François e Augustin in cui, come nel libro di Lorenzini, viaggio, morte e memoria si intrecciano: forse la morte sola potrà darci la chiave e il seguito e la fine di questa avventura mancata.



Fausta Genziana Le Piane

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