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All'orizzonte una Birmania libera, grazie al coraggio di una donna

All'orizzonte una Birmania libera, grazie al coraggio di una donna

Breve descrizione dell'impegno politico di Aung San Suu Kyi, la donna che da anni lotta per la libertà del suo paese.

Venerdi, 25/11/2011 -
Si chiama Aung San Suu Kyi, la donna che da anni si batte per la libertà del popolo birmano.

Messa agli arresti domiciliari nel 1990 quando i militari presero il potere con la forza rigettando il voto popolare che aveva sancito la schiacciante vittoria del movimento da lei creato , la Lega Nazionale per la Democrazia, alla "signora coraggio" nel 1991 fu attribuito il premio Nobel per la pace, il cui premio fu dalla stessa interamente devoluto all creazione di un fondo d'assistenza sanitaria per i suoi connazionali.

Gli arresti domiciliari le furono revocati nel 1995, ma Aung rimase tuttavia in uno stato di "libertà vigilata", ai suoi familiari non fu mai permesso di visitarla, neanche quando al marito Michael fu diagnosticato un cancro, nè quando poi lo stesso morì, le fu permesso di poter andare a dargli l'estremo saluto.

A seguito di forti pressioni delle Nazioni Unite, nel 2002 le fu riconosciuta una maggiore libertà, ma l'anno dopo, mentre era a bordo di un convoglio insieme ad un folto gruppo di supporters, fu soggetta al fuoco di un gruppo di militari. Morirono molte persone e solo grazie alla perizia del suo autista ella riuscì a salvarsi, ma fu di nuovo messa agli arresti domiciliari. Da quel momento, la salute di Aung San Suu Kyi è andata progressivamente peggiorando, tanto da richiedere un intervento e vari ricoveri.

Il "caso" Aung San Suu Kyi ha incominciato ad essere un argomento internazionale e il congresso degli Stati Uniti, nel 2008, per il suo impegna per la difesa dei diritti umani, le ha conferito la massima onorificenza: la Medaglia d'Onore.

Ma sempre nel 2008 la giunta militare la processò per violazione degli arresti domiciliari e pochi mesi dopo la condannò, questa volta, a tre anni di lavori forzati per violazione della normativa della sicurezza. La pena fu poi commutata in 18 mesi di arresti domiciliari.

Finalmente nel novembre dello scorso anno è stata rimessa a libertà e il governo scaturito dal referendum farsa dello scorso anno che sanciva la continuazione del potere dei militari in forma civile, ha abrogato una norma di legge che le impediva di candidarsi.

Così, a poco più di 20 anni dalla vittoria elettorale del 1990, Aung San Suu Kyi si candiderà per le prossime elezioni suppletive e la Birmania può davvero intravedere un futuro di democrazia e libertà. Tutto ciò grazie al coraggio, alla volontà e all'impegno di questa grande donna.

(nella foto, dettaglio copertina noidonne del febbraio'08)

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