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Allied - Un'ombra nascosta

Allied - Un'ombra nascosta

Cinema della disillusione, tra i più audaci e interessanti in circolazione. Per chi è disposto ad accettare la sfida e a non accontentarsi

Lunedi, 16/01/2017 - "Allied - Un'ombra nascosta" è la storia dell'ufficiale dei servizi segreti Max Vatan (Brad Pitt), che nel 1942 incontra nel Nord Africa, in Marocco, la combattente della Resistenza Francese Marianne Beausejour (Marion Cottilard) in una missione mortale oltre la linee nemiche.



"Incontrerai una donna vestita di viola", sentenzia un bigliettino, la nota d'apertura di un'ouverture sanguinolenta e passionale. Incontrerai una donna vestita di viola, Max, ufficiale canadese in missione. E di quella donna vestita di viola saprai solo che si chiama Marianne ed è una tua collega francese, una spia anche lei: per i prossimi giorni dovrà essere tua moglie. Abbracciala Max, incanta i suoi amici, prendila per mano e portala a ballare al centro della pista come se l'avessi tenuta tra le braccia per tutta la vita, baciala sui tetti di Casablanca per far credere alla vicina curiosa che siete una coppia perfetta. E poi, al riparo da occhi indiscreti, controlla che abbia una buona mira per poter sparare all'ufficiale nazista che dovete uccidere: controlla che sappia ucciderlo.



Con la regia di Robert Zemeckis e sceneggiatura di Steven Knight, fotografia di Don Burgess, il film è spettacolare, un Casablanca moderno dove l’amore trionfa.



Si, l’amore tra i due è superiore ad ogni cosa, sono complici in una missione: s'innamorano e Marianne accetta di sposare Max e andare a vivere con lui a Londra. Qualche tempo dopo, quando hanno dato alla luce una bambina, il dramma. Il comando avvisa Max che Marianne potrebbe essere una spia tedesca.

Max non accetta. Ma indaga.

Il papà di "Ritorno al futuro", Robert Zemeckis, è un autore affascinato dalla storia così come dalla storia del cinema, appassionato di tecnica così come di generi. La pulizia del racconto e la costruzione elementare ma proficua della suspense, ben calibrata nel copione di Steven Knight (in proprio autore di Locke), sono la base di un racconto di genere come questo, e Zemeckis saprebbe come condurlo in porto. e mantiene un certo sapore.



Il film è di genere romantico, perché il vero centro della trama è la relazione tra Max e Marianne, i personaggi molto ben interpretati da Pitt e Cotillard.



Brad Pitt ha più che dimostrato non solo di saperci fare, ma anche e soprattutto di abitare e promuovere progetti cinematografici. Marion Cotillard, che calza a pennello al modo in cui l'immaginario collettivo vede una spia francese seducente, e in un'operazione come Allied l'instinto del pubblico ha un peso non indifferente.



La fattura visiva della messa in scena del fido direttore della fotografia Don Burgess ha volutamente concepito un'immagine piuttosto, fredda e abbastanza contemporanea. La natura espressionista e persino kitsch della storia (si veda la scena della tempesta di sabbia). A Zemeckis piace sempre giocare col cinema. Crede nella vicenda che racconta, non vuole esagerare con le acrobazie linguistiche, perché vuole trasmettere al pubblico una storia prima che un'idea di cinema: una o due sequenze tensive funzionano come un orologio, e la lacrima è in agguato, non lo neghiamo. Allied si barcamena tra la nostalgia di un cinema antico e la crudezza contemporanea.



Ma tra le cose migliori di Allied sembrano essere gli abiti dei suoi protagonisti, realizzati da Joanna Johnston, costumista di molti altri film di Zemeckis, e ispirati a Casablanca e Perdutamente tua (entrambi usciti nel 1942).



Aprire su una storia di spie al tempo della seconda guerra mondiale, in cui l'elevato tasso di glamour è intuibile sin da subito, è una chiara scelta di campo. Ambientare l'inizio di questa storia a Casablanca lo è altrettanto, con un portato di cinefilia e di rimandi a (o confronti con) modelli ingombranti, che solo un autore della portata di Robert Zemeckis è in grado di sostenere, è inevitabile apprezzare la sua maestria e la densità di senso del fare cinema.



Nell'incipit che vede il comandante Vatan paracadutarsi nel deserto, avvicinandosi al suolo senza mai atterrare, sono in gioco, da subito, sia il simbolismo che il senso di irrealtà che caratterizzano la ricostruzione di Allied. Quello di Zemeckis è un racconto sul cinema e sullo storytelling attorno ai fatti della seconda guerra mondiale, nella maniera più realistica possibile.



Il sapore è quello del cinema classico, con Pitt e Cotillard come divi irraggiungibili e impeccabilmente agghindati, con Casablanca nuovamente teatro di transizione, d'amore e di segreti (benché ci sia molto più Hitchcock che Curtiz in Allied). E’ un buon omaggio al cinema classico.

Ma è un'immagine trasfigurata, doppiamente falsa - come testimoniano gli specchi in cui si riflette l'immagine di Marianne - che rivela la sua natura contemporanea attraverso alcuni imprescindibili dettagli. Il turpiloquio, la messa in scena esplicita della tensione sessuale, una coppia omosessuale ritratta come sarebbe stato impensabile fare al tempo della RKO.



Se ad una prima occhiata può sembrare l'amore il suo campo di battaglia, stringendo appena gli occhi per vedere meglio la magia di Zemeckis si rivela più chiaramente: è l'incertezza, il suo campo di battaglia.



In linea con la sua produzione più recente, Zemeckis depista volutamente lo spettatore, con quella padronanza beffarda che è propria di chi accetta le sfide solo quando comportano un rischio estremo.



Cinema della disillusione, tra i più audaci e interessanti in circolazione. Per chi è disposto ad accettare la sfida e a non accontentarsi.

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