La Calabria in un libro di Giovanni Pistoia, Alle radici del presente - Calabria: vita morale e materiale in un manoscritto del Seicento, photocity, 2013
Martedi, 11/11/2014 - ALLE RADICI DEL PRESENTE E DI SE STESSI
In quanti modi si può amare la propria terra? In tanti ed uno di questi è quello di Giovanni Pistoia che, studiando, scartabellando e meditando su un manoscritto del Seicento riguardante la vita morale e materiale della Calabria – sua terra d’origine –, non fa altro che indagare sulle proprie radici (Giovanni Pistoia, Alle radici del presente – Calabria: vita morale e materiale in un manoscritto del Seicento, photocity, 2013).Giovanni trascrive integralmente e scrupolosamente un manoscritto del XVII secolo, che non porta una data precisa ma che può essere circoscritta tra il 1654 e il 1659, conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana. Si tratta di un lavoro di autore ignoto il cui titolo integrale è: Relazione della Provincia di Calabria, e dello Stato di essa così nel Temporale, come nello Spirituale. “La lettura del manoscritto affascina. Lo stile è rigoroso, sobrio. Il contenuto è davvero una fonte preziosa”. Si tratta di un’epoca che vide la Calabria colpita dalla peste, che decimò le popolazioni, e il terremoto che sconvolse la regione. L’autore non è calabrese e nemmeno meridionale, ma con tutta probabilità lombardo o piemontese, che visse anche a Roma, probabilmente al servizio della Santa Sede in ambiente zelante e per la riforma dei costumi del clero e per la purità della fede. Di qui il maggior peso assegnato alla descrizione di certi abusi e disordini e alla repressione degli eretici probabilmente in alcune terre piene di Provenzali di molto innanzi ridottosi qua ad abitare e dei Giudei e Giudeizzanti di Catanzaro e Provincia. L’autore si rivela altresì un osservatore di primo ordine, dotato di soda cultura e di qualità stilistiche non comuni”. Il manoscritto inizia con la descrizione della Calabria, della sua posizione geografica (pianure, fiumi, la Sila), delle sue origini, della sua natura piena di verde e di ricchezza, dei suoi abitanti – il popolo dei Bruzi -. Poi prosegue con l’esaltazione del fertile terreno, del mare pescoso, delle preziose colline e montagne, del tesoro del sottosuolo, dei prodotti (le more, la seta), delle attività (la pesca, la caccia al pesce strada), delle classi sociali (i nobili, i baroni e le baronìe, i poveri, i soldati del re), dei tributi, del fisco, dell’amministrazione della giustizia, della religione. Addirittura si parla dell’aria: “L’aria come nell’altre Regioni avviene non è eguale in bontà per ogni luogo. Alla maremma in tempo caldo vien riputata, ed è veramente nociva, fuorche in alcuni pochi luoghi alquanto fra terra, e rilevati. L’habitazione di Casali, che sono più vicini all’Alpe, si come il Verno è troppo rigida, così alta stagione calda riesca più temperata. Nell’altra città, e Terre la varietà de sito migliore. E condanna l’aria per gli habitatori”. Il mito di questa Calabria ricca di prodotti, bella, ricca ci è stata tramandata da viaggiatori e letterati anche se alcuni di loro sono stati capaci di scoprire e descrivere una realtà fatta anche di miseria e di assoluta carenza di servizi di prima necessità. Anche l’autore della Relazione osanna la fertile Calabria senza dimenticare il quadro di miseria in cui vivono gli abitanti. Emerge, nel manoscritto, la crisi materiale vissuta dalla Calabria, la decadenza morale e civile di un popolo e dei suoi governanti, ma anche la passione civile e religiosa di chi stende la Relazione. Nello scenario mondiale, che presuppone un mondo sempre più di traffici commerciali, che si basa sempre più sulla dinamica commercializzazione del sistema economico, la Calabria appare un’entità ininfluente e quasi immobile.
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