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Alla radice dei Femminicidi

Alla radice dei Femminicidi

Ciudad Juárez - Mentalità patriarcale, narcotraffico e capitale straniero alleati contro le donne. La violenza sessuata è un crimine di Stato e al Messico è attribuita la responsabilità internazionale

Pisani Giuliana Mercoledi, 13/05/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2009

Nel 1992 la firma del Trattato di libero commercio del Nord America (Nafta) da parte del presidente canadese Paul Martin, del messicano Vincent Fox e dello statunitense George Bush ha annunciato la deregolamentazione del mercato regionale con l’apertura delle frontiere, e la privatizzazione delle imprese di Stato come la compagnia petrolifera messicana, Pemex. Nel 1994 l’entrata in vigore del trattato ha, da un lato, accelerato il trasferimento in Messico di grandi imprese straniere - già avviato con il varo del governo federale del Programma nazionale per la frontiera del 1961-1965 e con quello di industrializzazione della frontiera del 1965-1995 – e dall’altro ha innescato, come rilevato da M.E. Cardero in ‘The Impact of Nafta on Female Employment in Mexico’ (Unifem, Mexico City, 2000, p.40), un massiccio fenomeno migratorio inversamente proporzionale alla produttività industriale a livello dei salari con una svalutazione del 22 per cento della moneta messicana. Parallelamente agli effetti politico-economici dell’affermazione del potere corporativo nord americano in Messico, e in particolare nello Stato del Chihuahua al confine con quello del Texas, si è verificato un incisivo aumento di casi di violenza contro le donne in particolare nella capitale, Ciudad Juárez. Atti criminosi per anni celati da parte delle autorità pubbliche, fino al ritrovamento nel mese di settembre 1995 del corpo di Alicia Carrello Pérez, militante del Partito di azione nazionale (Pan). Nel solo biennio 1993-1995 sono stati, infatti, commessi 1307 reati sessuali e oltre 400 omicidi di donne. L’impegno politico di Alicia ha finalmente destato l’attenzione nazionale ed internazionale sul carattere sistematico degli assassinii di giovani donne sudamericane impiegate, in maggioranza, come operaie nelle consociate nord americane, anche note come maquiladoras. Stabilimenti di assemblaggio specializzati nel settore automobilistico, elettrico ed elettronico, definiti da Evelyn Nieves in “To work and die in Juárez” (in MotherJones, May/June 2002) come centri di sfruttamento di manodopera a basso costo, con una retribuzione settimanale di soli 55 dollari. Tuttavia, la presenza del capitale straniero non è la peggiore ipoteca che aggrava le sorti economiche e sociali del Messico, che è vittima da oltre 80 anni delle scorrerie di numerosi cartelli della droga, tra cui quello di Juárez che destina l’80 per cento della cocaina proveniente dalla Colombia al mercato nord americano, come denunciato da Gonzàles Rodrìguez in ‘Ossa nel deserto’ (Adelphi Edizioni, Milano, 2006). E’, dunque, un articolato e complesso apparato criminale che si indovina dietro gli omicidi seriali delle donne di Ciudad Juárez, in riferimento ai quali è stato adottato il neologismo di ‘femminicidio’, definito come ‘l’insieme di crimini di lesa umanità compresi gli omicidi, i sequestri e le scomparse di ragazze e di donne in un contesto di vuoto istituzionale. Si tratta di una frattura dello Stato di diritto che favorisce l’impunità. Il femminicidio è un crimine di Stato’ (“Violenza femminicida nella Repubblica messicana”. Camera dei deputati del Congresso dell’Unione. 59 legislatura. Commissione speciale europea per istruire e perseguire i casi di femminicidio nella Repubblica messicana. Messico, 2006). A partire dagli anni Duemila, il fenomeno è stato seguito con particolare preoccupazione dalle organizzazioni internazionali e dalle istituzioni europee, dal momento che anche due cittadine olandesi sono state vittime di femminicidi: Hester Van Nierop (nel 1998) e Brenda Susana Margaret Searle (nel 2001). A questo proposito, nel gennaio 2006 a conclusione di una missione in Messico la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla violenza contro le donne, Yakin Ertürk, ha indicato la crescita demografica, i flussi migratori e la presenza di una criminalità organizzata come i fattori concomitanti agli assasinii di Ciudad Juárez. A seguire, nel settembre 2007 l’attenzione europea si è manifestata con la proposta al Parlamento europeo da parte di Raül Romeva i Rueda, relatore della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere dell’Unione europea, di una risoluzione sugli ‘assassinii di donne in America centrale e in Messico sul ruolo dell’Unione europea nella lotta contro questo fenomeno’ (PE 388.414v02-00), che invita la Commissione europea a sollecitare un programma destinato a promuovere i diritti dell’uomo con tre priorità: armonizzazione della legislazione messicana con gli impegni internazionali assunti nel settore dei diritti dell’uomo, come il protocollo di Istanbul, protocollo facoltativo della Convenzione contro la tortura; sradicamento della violenza nei confronti degli uomini e delle donne; riforma del sistema giudiziario. Nel dettaglio, il testo della risoluzione prevede che l’Unione europea includa sistematicamente, nel quadro del dialogo con il governo federale del Messico e con quelli degli Stati Uniti d’America il tema centrale della violenza contro le donne, interpellando la Commissione affinché rafforzi la dimensione di genere nel documento di strategia per Paese 2007-2013 relativo al Messico, e solleciti l’inserimento di un piano d’azione contro i femminicidi, l’impunità e l’accesso alla giustizia dei familiari delle vittime e delle organizzazioni di sostegno. A questo proposito, con lo scopo di ‘infrangere’ un regime di impunità dilagante, nel mese di febbraio 2001, Marisela Ortiz e Norma Andrade, maestra e madre della scomparsa Lilia Alejandra, hanno fondato l’associazione Nuestra hijas de regresso a casa A.C., appoggiata dai familiari e dagli amici delle vittime di Ciudad Juárez, diventati oggetto di gravi intimidazioni. Nel 2006 l’Asociación nacional de abogados democráticos (Anad), che dal 2002 ne sostiene le azioni giuridiche, è diventata a sua volta vittima di minacce da parte di ignoti (via email o cellulare) e di perquisizioni da parte di funzionari pubblici. In un’intervista rilasciata a ‘El Viejo Topo’ (‘La mujer pobre y morena es barata’, di Miguel Riera. El Viejo Topo n. 239, dicembre 2007) la criminologa Kama Gutier ha denunciato il fenomeno del femminicidio di Ciudad Juárez come conseguenza della negligenza politica, giudiziaria ed amministrativa, nonché dell’incompetenza reale o presunta della classe politica dello Stato: secondo il presidente messicano Felipe Calderon il solo invio di truppe a Ciudad Juárez garantirebbe la lotta al narcotraffico e la fine degli omicidi.

Tentando di definire il contesto in cui si verifica il femminicidio rileviamo: disuguaglianze sociali, economiche e finanziarie tra uomo e donna; mentalità patriarcale, in cui la violenza contro le donne è frequente; modernizzazione economica a partire dagli anni Novanta, con l’apertura di maquiladoras anche a capitale europeo, caratterizzate da assenza di contratti ordinari, violazione norme sanitarie, insicurezza dei mezzi di trasporto verso il luogo di lavoro e infrastrutture pubbliche carenti; Stato di diritto assente, inefficacia dell’apparato giudiziario, mancato accesso alla giustizia e alla sicurezza per i cittadini; impunità, corruzione ed inefficienza del potere giudiziario data la complicità con i colpevoli e la loro protezione (diretta ed indiretta); violenza sociale, esistenza di corpi illegali e di apparati clandestini di sicurezza; deficienza delle legislazioni nazionali e della ratifica degli strumenti internazionali (Convenzione interamericana dei diritti umani, ratificata il 2 marzo 1981; Convenzione interamericana sulla prevenzione, punizione e sradicamento della violenza contro le donne (“Convention of Belém do Pará”), ratificata il 12 dicembre 1998, oltre alla Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e ai Patti di New York del 1966).

Alla luce di quanto descritto dal 27 al 30 aprile 2009 a Santiago del Cile, la Corte Interamericana dei Diritti umani giudica la ‘responsabilità internazionale’ del Messico per i crimini di lesa umanità reiterati a Ciudad Juárez, considerando che lo Stato centro americano ha ratificato lo Statuto Corte Penale internazionale, ed è anche stato ugualmente eletto alla presidenza del Consiglio dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite. (Sandra Torres Pastrana, “Impunidad y falta de investigación”, Cimac Noticias, 09/STP/LAG/GG, www.cimacnoticias.com).

(13 maggio 2009)

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