Mercoledi, 21/10/2020 - La Festa del Cinema di Roma ce l’ha messa tutta per cercare di far dimenticare la pandemia, ed è andata avanti, nonostante il distanziamento, le mascherine e le prenotazioni obbligatorie: interessante e varia la selezione cinematografica, sia nel concorso che nelle sezioni parallele, diffusi sul territorio i luoghi della Festa (oltre all’Auditorium quest’anno molti i cinema coinvolti nella Capitale, il Maxxi e la prestigiosa Nuvola di Fuksas per ‘Alice nella Città’), incontri ravvicinati, conferenze stampa e molte altre iniziative per trascorrere qualche ora di evasione e riflessione in cui immergersi in altri mondi.
Fra i film in concorso che, finora, hanno raccontato storie basate su figure femminili forti, si segnala “Time”, che racconta la vera storia di Fox Rich (che ne è anche l’attrice protagonista narrante in prima persona) una donna nera dallo spirito indomito e dalle energie inesauribili: per non fallire nel perseguimento del sogno americano, in gioventù ma già madre di due figli e con due gemelli in arrivo, Fox commette un’azione disperata e, con il marito, rapina una banca ma entrambi vengono subito arrestati: rilasciata dopo pochi anni inizia la battaglia per il marito, condannato a ben 60 anni, nonostante fosse incensurato, e lotta contro una giustizia che discrimina i neri e annega la risocializzazione nelle pastoie burocratiche. La regista Garrett Bradley (che con “Time” ha vinto il premio nella sezione documentari al Sundance Film Festival 2020, diventando la prima donna di colore ad aggiudicarselo) costruisce, anche attraverso video privati, un film suggestivo in bianco e nero, fotografando momenti del prima, del durante e del dopo l’arresto, evidenziando la tenacia di Fox nel tenere unita la famiglia, nel crescere i quattro figli maschi e nel lottare per la liberazione del marito, ma anche la sua capacità di reinventarsi e riflettere, chiedendo scusa pubblicamente per il suo reato e lavorando attivamente per le condizioni dei neri in carcere, fino al ritorno a casa del marito vent’anni dopo. “La mia storia – ha raccontato la Fox - è quella di oltre due milioni di persone che negli Stati Uniti sono vittime di incarcerazioni perché povere o nere”.
Parlando di famiglia, altri due film fanno emergere la complessità delle relazioni e dei legami e il coraggio delle donne: il primo “After Love”, del giovane regista Aleem Khan, racconta la storia di una donna che si è convertita alla religione islamica per amore del marito e, dopo la sua morte, scopre l’esistenza di un’altra donna e di un figlio, che la protagonista decide di andare a conoscere e condividere parti della sua storia, tra dolore e generosità; bravissime le interpreti Joanna Scanlan e Nathalie Richard. Il secondo, proveniente dalla selezione ufficiale del Festival di Cannes è un film giapponese, “True Mothers”, della regista Naomi Kawase, una delle più note protagoniste della scena cinematografica giapponese (fra gli altri film ricordiamo “Le ricette della signora Toku” del 2015), che costruisce un’opera drammatica dove due madri, una adottiva e l’altra biologica, si incontrano e confrontano, non senza lacerazioni, verso la possibilità di un orizzonte conciliativo.
Fra le eroine d’altri tempi, la protagonista di “Ammonite”, Mary Annin, un personaggio realmente vissuto nella prima metà dell’Ottocento e nota per alcuni ritrovamenti ed appunti ‘scientifici’ svolti nel campo della paleontologia, mai ufficialmente riconosciuta dal panorama scientifico inglese dell’epoca estremamente maschilista: il film si concentra sugli aspetti umani e sulle frustrazioni accumulate da Mary (in una magistrale interpretazione di Kate Winslet), affettive, sessuali e professionali, fino all’incontro casuale ed all’amore passionale con la giovane Charlotte (Saoirse Ronan), che il marito paleontologo ‘parcheggia’ presso la casa di Mary per un lungo periodo. Emerge un contesto che sottolinea le diverse possibilità e le differenze sociali anche fra le donne, la repressione della libertà sessuale, tanto più di quella omosessuale, ma in generale in relazione alla rassegnata sottomissione agli uomini, e l’esclusione femminile da ogni gruppo scientifico strutturato, basti pensare che il nome di Mary era stato cancellato in relazione ai suoi reperti, nonostante lo straordinario ritrovamento del reperto di ‘ittiosauro’ già dall’epoca esposto al British Museum.
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