Alicja Tysiac ha vinto una seconda volta. E insieme a lei ha vinto la solidarietà internazionale
In Polonia storica sentenza della magistratura che accoglie la denucia di Alicja, giovane donna che si era vista negare la possibilità di interrompere la terza gravidanza per motivi di salute
Alicja Tysiac, è una giovane donna polacca che ha fatto condannare, nel 2007, la Polonia dalla Corte Europea dei diritti umani per violazione del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.
Calunniata dalle gerarchie e dai media cattolici, trattata da assassina e paragonata ai criminali nazisti, Alicja ha denunciato per diffamazione il settimanale episcopale «Gosc Niedzielny» («L’invitato della domenica») e l’arcivescovo di Slask.
Il verdetto della Corte d’Appello di Katowice del 5 marzo 2010 è davvero un regalo per tutte le donne d’Europa, a pochi giorni dall'8 marzo giornata internazionale dei diritti delle donne .
La Corte ha respinto il ricorso in appello e ha confermato la sentenza di primo grado favorevole a Alicja Tysiac.
La rivista episcopale Gosc Niedzielny e l’Arcivescovo dovranno pubblicare le scuse ad Alicja per averla insultata e per aver usato nei suoi confronti parole che incitavano all’odio. Essi dovranno altresì pagare circa 8.000 euro come simbolico risarcimento oltre a sostenere le spese processuali.
La vittoria di Alicja è dunque la vittoria del diritto delle donne all’autodeterminazione. Un diritto che in Polonia è quotidianamente calpestato: il giorno del verdetto l’associazione di estrema destra Obroncy Zycia ha choccato la popolazione affiggendo nelle strade di Poznan degli enormi cartelloni con il ritratto di Hitler sotto il quale c’era scritto «L’aborto è Hitler, Hitler è stato il primo ad autorizzare l’aborto in Polonia nel 1943»! Un’immagine insopportabile e menzognera che non è stata però ad oggi contestata giuridicamente da nessuno mentre l’estrema destra continua a tenere alto lo scontro.
La vittoria d’Alicja consente, però, di nutrire maggiori speranze per il futuro.
La solidarietà internazionale è stata piena ed è stata ripagata: alcune associazioni femministe e alcuni cattolici e cristiani per il diritto di scelta hanno inviato decine di lettere alla Corte d’Appello per invitare i giudici a non piegarsi alla pressioni dell’estrema destra polacca e dell’Episcopato. Le ambasciate polacche hanno ricevuto appelli a sostegno di Alicja da ogni parte del mondo..
All’udienza della Corte d’Appello del 19 febbraio scorso a Katowice erano presenti: Sonia Mitralias, della Marcia Mondiale delle Donne; Soad Bekkouche e Lilian Halls French dell’Iniziativa Femminista Europea; Lise Leider del Cerchio Libero di Grenoble rappresentante di numerose associazioni francesi per i diritti umani; Annette Groth, deputata del Linke al Parlamento tedesco; Christiane Reymann, del Partito della Sinistra Europea. Il 5 marzo 2010 nella conferenza stampa convocata per annunciare il verdetto, Elfriede Harth, della rete cattolica per il diritto di scelta Chiesa e libertà, ha spiegato ai giornalisti che milioni di cattolici disapprovano le posizioni misogine dell’Episcopato polacco.
Alicja Tysiac ha ringraziato le organizzazioni che l’hanno sostenuta e ha espresso la speranza che la Chiesa polacca possa in futuro non insultare più le donne. Ha poi dedicato le scuse che l’Arcivescovo di Katowice dovrà rivolgerle a tutte le donne polacche umiliate ed offese dalle gerarchie ecclesiastiche.
Teresa JAKUBOWSKA, presidente de Partito laico RACJA, della sinistra polacca e principale sostenitore di Alicja, ha espresso la sua gioia nel vedere che finalmente anche in Polonia lo Stato di diritto ha potuto trionfare grazie al coraggio dei giudici. Il fatto che i giudici, nonostante le pressioni delle gerarchie cattoliche, abbiano saputo mantenere libertà di giudizio apre, in Polonia, buone prospettive per la democrazia e per i diritti delle donne.
La lotta per il diritto alla libertà d’espressione e all’autodeterminazione non può e non deve fermarsi. Occorre impedire alle gerarchie ecclesiastiche di insultare le donne accusandole di matricidio solo per il fatto di non rassegnarsi a una gravidanza non voluta. Dobbiamo continuamente dimostrare che questi discorsi esprimono odio sessista. Così come allo stesso modo dobbiamo impedire alle gerarchie cattoliche polacche d’insultare le femministe accusate di volere lo sterminio dei bambini solo per il fatto di rivendicare il diritto all’autodeterminazione e all’interruzione volontaria della gravidanza.
Solo un impegno costante ci consentirà di garantire il diritto delle donne a disporre del proprio corpo anche nei tre Paesi europei dove ancora questo diritto non esiste: Polonia, Malta e Irlanda e di non tornare indietro in quelli dove questo diritto sulla carta c'è.
Lise Leider, Christiane Reymann, Soad Bekkouche, Teresa Jakubowska, Malgosia Tkacz Janik, Sonia Mitralias e Lilian Halls French.
Traduzione a cura di Nicoletta Pirotta e Anita Giuriato
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