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‘Le Donne del Muro Alto’ alla Festa del Cinema di Roma: la verità è un viaggio senza ritorno

‘Le Donne del Muro Alto’ alla Festa del Cinema di Roma: la verità è un viaggio senza ritorno

Successo e grande affluenza di pubblico per la lezione-spettacolo dedicata, dalla Compagnia, al cinema e al teatro, che si è svolta al MAXXI (Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo)

Mercoledi, 23/10/2024 - Sono ormai sei anni, dal 2018, che la Compagnia teatrale ‘Le Donne del Muro Alto’, fondata e diretta con grande dedizione a Rebibbia femminile da Francesca Tricarico, è presente con le sue proposte e con le sue attrici (donne detenute ed ex-detenute) alla Festa del Cinema di Roma, precisamente al MAXXI, dove anche quest’anno le donne della Compagnia sono state protagoniste di una lezione spettacolo dedicata al cinema e al teatro in carcere.

Ogni anno viene presentato alla Festa del Cinema lo spettacolo che sarà portato in scena l’anno successivo, come ha ricordato la regista dopo i ringraziamenti di rito alle istituzioni, alle associazioni, a tutti i collaboratori che rendono possibili gli spettacoli, nonché ai tanti spettatori intervenuti, molti dei quali collegati a vario titolo al mondo del carcere.

“Quest’anno abbiamo voluto fare una riflessione sul perché del grande interesse di cinema e teatro sul carcere e sulle sue tematiche - ha affermato la Tricarico - andando a guardare come il teatro agisce dentro al carcere, come crei spazi di libertà in chi è costretto costantemente a contenersi in luoghi ristretti, nello spazio della relazione con l’altro. Vogliamo capire come il teatro agisca in carcere e la motivazione non può essere che si tratta di storie dolorose, perché dopo una certa età tutti hanno porzioni più o meno grandi di dolore: la differenza secondo noi è nel coraggio, nella sincerità che fa la differenza nei volti, nei corpi, nel voler rappresentare sé stessi in modo autentico. Le donne del gruppo teatrale hanno spesso vista tradita la fiducia che avevano riposto in qualcuno, ma quando invece incontri la verità non puoi tornare indietro: anche chi coordina il gruppo deve mettersi in gioco. La verità è un viaggio senza ritorno. La società chiede al carcere di essere invisibile ma il carcere è una cassa di risonanza molto forte per il ‘fuori’.”

L’evento ha alternato video di lavori nati in carcere sul laboratorio e ‘dintorni’, con interventi teatrali estratti dagli spettacoli della compagnia, seguiti dalle testimonianze delle attrici ex detenute sulla loro esperienza teatrale e cinematografica dentro e fuori le mura detentive. Tre donne sul palco, tre attrici, si alternano a rappresentare Medea, Olympe ed altri grandi personaggi femminili della drammaturgia seguiti dalle loro testimonianze di vita: nonostante siano uscite e pienamente reintegrate, continuano a frequentare i laboratori teatrali, per dare voce a chi è ancora dentro, per sorellanza e perché l’arte ha creato relazioni importanti, che vanno al di là delle mura, perché il teatro ‘una volta che ti entra dentro non ti lascia più’.

Una delle tre attrici, originaria della Romania, ha raccontato che per la prima volta ha detto alle sue figlie di aver ‘fatto’ il carcere (cosa che aveva tenuto sempre nascosta) attraverso uno spettacolo teatrale. Un’altra, anche lei dopo aver aspettato un lungo periodo prima di dire la verità al figlio, racconta che non sapeva nulla del carcere prima di entrarci ed anzi era piena di pregiudizi e questa esperienza con il teatro l’ha aiutata ad andare in profondità, a capire che siamo tutte persone allo stesso modo, a dare voce a chi è ancora dentro e a denunciare le cose che non vanno. La più giovane, infine, racconta di essersi bloccata mentre stava per entrare in scena in uno dei suoi primi spettacoli a Rebibbia ma, dopo l’uscita, di essere voluta rientrare a fare teatro, per dare voce alle altre e perché non poteva più farne a meno.

Anche giornalisti ed altri ospiti raccontano dell’importanza dell’aprire il carcere al mondo esterno per creare un vero e proficuo scambio e dei progetti in corso per favorire questa ineludibile osmosi. Dunque la regista e le attrici hanno cercato di rispondere alla domanda: ‘come l’arte cinematografica e teatrale viene contaminata nel linguaggio e nella rappresentazione da questi luoghi ristretti?’ e ‘come le carceri sono contaminate, a loro volta, da queste arti?’

L’incontro, che ha suscitato interesse ed emozione in tutti i presenti, è stato anche un’occasione per creare uno spazio di riflessione sulla drammaturgia contemporanea, frutto di esperienze all’interno degli istituti penitenziari, sul significato del tempo in carcere e sui linguaggi utilizzati nell’allestimento di spettacoli e film con la regista ed attrici, professioniste e non, provenienti da contesti detentivi.

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