Alcuni effetti positivi delle manifestazioni a tutela della legge 194
Dopo la mobilitazione nazionale del 28 settembre a tutela dell'aborto legale e sicuro, Regione Lazio ed Emilia Romagna prendono provvedimenti che vanno nella giusta direzione
Martedi, 04/10/2022 - E’ di soli pochi giorni fa, ossia il passato 28 settembre, la mobilitazione avvenuta in molte città italiane in occasione della Giornata internazionale per l’aborto legale e sicuro, particolarmente partecipata sull’onda dei dirompenti interrogativi che scaturiscono al riguardo dell’applicazione della legge 194 dopo la vittoria elettorale del centro-destra nel Paese. Già lo stato attuale di attuazione di tale legge non è dei più rosei visto che, secondo il report Mai Dati delle ricercatrici Chiara Lalli e Sonia Montegiove, in Italia ci sono 72 ospedali che hanno tra l’80 e il 100% di obiettori di coscienza. Inoltre 22 ospedali e 4 consultori nel nostro Paese hanno il 100% di obiezione tra medici ginecologi, anestesisti, personale infermieristico e operatori socio sanitari. Ci sono persino 18 ospedali con il 100% di ginecologi obiettori, nonché 46 strutture con una percentuale di obiettori superiore all’80%. In ben 11 regioni italiane, quali Abruzzo, Basilicata, Campania, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sicilia, Toscana, Umbria, Veneto, c’è almeno un ospedale con il 100% di obiettori
Ma la legge 194/1981, oltre a sancire l’interruzione volontaria di gravidanza quale necessitante dell’erogazione di un servizio pubblico da parte delle strutture sanitarie, un servizio che tenga conto anche delle nuove modalità consentite dal progresso scientifico (quali l’aborto farmacologico in grado di evitare l’intervento chirurgico cruento), attribuisce un ruolo fondamentale ai consultori familiari. Si tratta di strutture istituite da una legge del 1975, in cui operano varie figure professionali, tra cui i ginecologi, le ostetriche, gli psicologi e gli assistenti sociali, per assistere le donne, i bambini e gli adolescenti nella sfera della salute fisica e mentale. I consultori offrono inoltre servizi di sostegno psicologico, educazione affettiva e sessuale e si occupano anche di contraccezione.
Una delle rivendicazioni portate a viva voce nelle piazze del 28 settembre scorso è stata proprio quella relativa alla contraccezione ed alla sua gratuità, soprattutto come bisogno delle giovani donne.
Nel solco di tale rivendicazione, durante la manifestazione avvenuta a Roma, si è verificata una particolare polemica da parte di alcune partecipanti all’indirizzo di Laura Boldrini. "La Lorenzin (ex ministro della Salute, n.d.r.) ha reso la pillola a pagamento" affermavano le contestatrici, alle quali la parlamentare Boldrini ha sottolineato: "Il problema non è questo ma la distribuzione". Immediata è stata la replica di una delle manifestanti: “Il problema è che sia stata messa a pagamento. Lei mi dice che il problema non è quello ma la distribuzione. Lo vada a dire ai giovani, ai precari, a chi vive nei quartieri popolari. E i tagli che sono stati fatti alla sanità, sui consultori che sono stati chiusi e una legge che non viene applicata? Ve ne dovete andare da questa piazza". Laura Boldrini ha così controbattuto: "Allora ve la difenderà Fratelli d'Italia", applaudendo sarcasticamente le contestatrici, prima di lasciare la piazza.
Indubbiamente determinarsi ad estromettere da una manifestazione una parlamentare che sostiene la tutela della legge 194, oggetto della mobilitazione nazionale del 28 settembre scorso, è un atto da deprecare, in maniera ferma ed inequivocabile. Andiamo però alla sostanza del problema posto dalle giovani contestatrici, solo così potremmo comprendere la valenza delle loro richieste. Il costo di una scatola di preservativi si aggira all'incirca a poco meno di venti euro, mentre il prezzo della pillola anticoncezionale è di diciotto euro al mese. Una spesa che non tutti possono permettersi e per la quale uno Stato sociale degno di tal nome avrebbe approntato la gratuità dei contraccettivi. Le giovani donne hanno contestato a Laura Boldrini di essere rappresentante di un partito che ha eliminato l'esenzione per le uniche due pillole anticoncezionali non a pagamento per le fasce di reddito più basse.
Dopo questo episodio si è aperto un fronte di discussione al riguardo della gratuità della contraccezione, soprattutto nell’ambito delle Regioni amministrate dal centro-sinistra, confronto che ha portato a risultati forieri di probabili riscontri positivi. Difatti l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato, ha proposto un protocollo sperimentale per garantire l’accesso gratuito della pillola contraccettiva alle giovanissime, dai 15 ai 19 anni. Verrà istituito al proposito un tavolo tecnico per valutare la fattibilità del progetto e nel frattempo, come ha spiegato Gabriella Marando, del Coordinamento delle assemblee delle donne e delle libere soggettività dei consultori del Lazio, “I consultori saranno inoltre ampliati con l'introduzione di ecografi e sarà garantita la distribuzione della pillola abortiva RU486. Saranno apposte delle targhe fuori dagli edifici per informare della presenza dei consultori, insieme agli orari. Sarà inoltre potenziato il personale, che in molti edifici è ridotto all'osso, non permettendo di fatto lo svolgimento del lavoro".
Ma le concrete ricadute delle contestazioni di piazza, relative ad una maggiore e migliore applicazione della legge 194, si sono fatte sentire anche nella Regione Emilia Romagna. Il suo governatore, Stefano Bonaccini, ha garantito che dagli inizi di ottobre le donne intenzionate a ricorrere all’aborto farmacologico potranno trovare la RU486 anche nei consultori, precisando che ad iniziare tale prassi sarà Parma e promettendo "assistenza, protezione e aiuto lungo l’intero percorso".
Una scelta del genere si motiva alla luce del dato statistico per il quale lo scorso anno 3.505 interruzioni volontarie di gravidanza, ovvero il 62%, sono state effettuate con questo trattamento. In tal modo anche in Emilia Romagna troveranno applicazione le Linee guida ministeriali, emanate nell’agosto 2020, dopo il parere favorevole del Css e la delibera di Aifa, che aveva rimosso le limitazioni all’impiego della pillola abortiva. Ossia, era stato annullato il vincolo relativo all’utilizzo del farmaco in regime di ricovero ospedaliero, dal momento della sua assunzione fino alla conclusione del percorso assistenziale, ed era stato esteso l’impiego della RU486 dal 49° al 63° giorno di amenorrea, pari a 9 settimane compiute di età gestazionale.
Alla luce di questi mutamenti riguardanti le prestazioni sanitarie collegate all’applicazione della legge 194/1978 e della legge 405/1975, istitutiva dei consultori pubblici, mutamenti avvenuti immediatamente dopo le manifestazioni commemorative della scorsa Giornata internazionale per l’aborto legale e sicuro, potremmo dire che le mobilitazioni pubbliche abbiano sortito l’effetto desiderato. Certo a rispondere positivamente alle richieste avanzate dalle piazze sono state istituzioni pubbliche guidate da esponenti del centro-sinistra, appalesando nuovamente la divisione politica a cui frequentemente assistiamo in Italia al proposito della tutela delle facoltà garantite dalle suddette leggi. Indubbiamente, però, le proteste delle donne impegnate a difendere la propria autodeterminazione nella scelta se divenire o no madri, nel rispetto delle norme vigenti, hanno lasciato il segno, a riprova che i diritti una volta conquistati si difendono sempre. Senza se e senza ma.
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