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‘L’anello forte’: donne, emigrazione e femminilità assoluta

‘L’anello forte’: donne, emigrazione e femminilità assoluta

Lo spettacolo è in scena al Teatro Sala Umberto di Roma, dal 22 al 27 febbraio: interpreti Laura Curino e Lucia Vasini. Intervista alla regista Anna Di Francisca

Martedi, 01/02/2022 - Forse non tutti sanno che Anna Di Francisca, brava autrice e regista milanese di fortunate serie tv, documentari e lungometraggi (‘La bruttina stagionata’, ‘Due uomini, quattro donne e una mucca depressa’), è da sempre anche impegnata regista teatrale. Proprio in questa veste torna nei prossimi giorni a Roma, dal 22 al 27 febbraio, presso il Teatro Sala Umberto (1), con lo spettacolo “L’anello forte”, liberamente ispirato all’omonimo testo dello scrittore e partigiano Nuto Revelli.
L’opera, dalla quale l’autrice aveva già tratto un video, evidenzia il ruolo fondamentale delle donne nel dare continuità alla famiglia e alla società contadina nel corso della storia, soprattutto nei momenti più drammatici, durante guerre, carestie ed emigrazioni.

Nella messa in scena dello spettacolo si è voluto rendere omaggio a indimenticabili protagoniste di cui l’autore ha raccolto le testimonianze, mettendo in risalto, in prima persona, le voci delle tante donne che sono state l’anello forte della nostra società. Ruvide, ironiche, taglienti, si raccontano senza mai indulgere a compatirsi, anzi, sempre cercando l’aspetto divertente e paradossale delle loro vicende. La tenerezza viene mascherata con pudore ma talvolta emerge, così come la gioia, che spesso nasce dalla fatica estrema e dalla necessità di combatterla con un’allegria esilarante.

Partendo dalla selezione delle storie raccolte, Anna Di Francisca ha ideato un testo che racconta i tanti aspetti della condizione femminile oggi ancora attuali, come la ricerca di lavoro, tra la campagna e la fabbrica, in concorrenza con gli uomini, la responsabilità dei rapporti familiari, la crescita dei figli. Ma anche il tempo libero: dopo ore e ore di fabbrica non si rinuncia alla balera. Stremate dal lavoro, si canta. Alcune donne si adeguano per forza alle ingiustizie della loro condizione, ma non stanno zitte e le denunciano ad alta voce. Altre si ribellano e scelgono la libertà anche se significa scandalo. L'anello, interpretato qui come segno di femminilità assoluta, lega la memoria di quelle che hanno lavorato nelle campagne e poi affrontato la rivoluzione dell’industria, muovendosi tra il desiderio di autonomia e libertà, gli impedimenti culturali e familiari e il desiderio di garantire futuro a se stesse e ai loro figli. Tra le altre, storie struggenti e buffe, storie di soprusi ed emancipazione, raccolte in un Piemonte che irreversibilmente sta cambiando.

“Il nostro desiderio - afferma la regista - insieme con gli eredi dell’autore, è quello di far vivere la figura di Nuto Revelli come giornalista di inchiesta ante litteram, dopo 15 anni dalla sua morte e nello stesso tempo raccontare la cultura del dopoguerra in Piemonte, regione che da sempre è terra di accoglienza di ondata migratorie. Queste comunità hanno accolto prima le donne che dal sud Italia venivano a sposarsi con i contadini piemontesi, poi gli emigranti dal meridione verso le fabbriche del nord ed oggi la terza onda, quella extracomunitaria. Lo spettacolo utilizzerà musiche originali, documenti originali, fotografie, filmati originali e filmati realizzati appositamente. A tale scopo si è definito il disegno di una scena che comprenda i diversi linguaggi, mettendoli in risalto, senza appesantire lo spazio”.

Lo spettacolo si avvale, oltre che delle due brave interpreti in scena, Laura Curino e Lucia Vasini, delle musiche originali di Paolo Perna, di scene e costumi di Beatrice Scarpato con la collaborazione di Alessandra Ochetti, del disegno luci di Davide Scaccianoce e delle foto di Bruno Murialdo. Prodotto da ‘Il contato del Canavese/Teatro Giacosa di Ivrea – Teatro stabile di Torino’, lo spettacolo è stato realizzato in collaborazione con la Fondazione Nuto Revelli; gli Archivi del Polo del ‘900, l’Archivio Nazionale Cinema Impresa Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia, l’Associazione Gloria Lunel.

Noidonne ha intervistato Anna Di Francisca, che racconta dello spettacolo e delle storie di donne incontrate, realmente o emotivamente.
Come è nato questo spettacolo? Ha qualche elemento autobiografico?
‘L’anello forte’ è stato un libro molto importante nella mia educazione. Mia madre me lo regalò insieme a ‘Una stanza tutta per sé’ di Virginia Woolf. L’anello è in qualche modo il simbolo di una femminilità assoluta. Anni fa ho anche realizzato un video per il centenario della CGIL con Maria Paiato e Lunetta Savino.

Quali sono, secondo te, gli spunti più importanti dello spettacolo sul tema della condizione femminile?
È una riflessione sulla condizione femminile e sull’importanza che la donna riveste nella nostra società da sempre in quanto “anello forte”, appunto, della catena. Nello spettacolo ci sono storie struggenti e buffe, di soprusi ma anche di emancipazione. Ascoltare la voce di Nuto Revelli e il suo modo di intervistare le donne nelle campagne, donne che nessuno aveva mai ascoltato e interpellato prima, è stato veramente emozionante…ho avuto accesso alle autentiche voci registrate e il rispetto, il calore e l’interesse che lui mostrava nei loro riguardi erano sempre autentici. Nello spettacolo sono presenti anche quelle voci insieme a immagini di repertorio che contestualizzano ulteriormente i periodi di cui stiamo parlando: foto, filmati accompagnati dalla musica originale di Paolo Perna, creata perché tutto si fondesse magicamente in un corpo unico:lo spettacolo.

Come ti sei trovata a portare avanti questa regia teatrale, in tempo di Covid?
Abbiamo debuttato a Ivrea prima delle chiusure e poi la vera prima è stata a Torino al Gobetti più avanti: non è stato facile soprattutto per le attrici lavorare a intermittenza. Laura Curino e Lucia Vasini si sono immerse nel mondo di Nuto e hanno dato vita a donne diversissime tra loro, ma di cui hanno colto gli aspetti tragici e persino comici a volte. Ironia e tenerezza si mescolano nelle loro interpretazioni a mio parere superlative. La balera e il circo, ma anche i parti nelle stalle e la fabbrica: sono tanti gli argomenti che vengono toccati e “interpretati”.

Come sei diventata regista, era un tuo sogno oppure hai avuto una particolare occasione? Hai avuto difficoltà in quanto donna a svolgere il tuo lavoro: se sì, puoi raccontarci un episodio che ti ricordi in questo senso?
Se da bambina ho esordito dicendo che la Gioconda di Leonardo era una bellissima “inquadratura”, forse era destino che facessi la regista e che mi occupassi di donne nelle mie storie, Fin da piccola scrivevo racconti e andavo tanto al cinema: ero molto determinata nel voler fare questo lavoro. Amando molto la "commedia sofisticata” mi è capitato di sentirmi chiedere: “Ma come, lei è una donna e vuole lavorare sull’umorismo?"

Secondo te quali sono le principali battaglie che le donne devono ancora portare avanti?
Quelle per la parità di genere innanzitutto.

Cosa suggeriresti a una giovane che volesse fare la regista oggi?
Di non arrendersi mai se ha l’urgenza di raccontare qualcosa...
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