Mercoledi, 05/08/2020 - Chi non ha amato i film più noti di Susanne Bier, la regista danese appassionata di storie introspettive, ragazzini difficili ed approfondimenti psicologici dei suoi personaggi? Opere come “Dopo il matrimonio” (2006), “Noi due sconosciuti” (2007) e “In un mondo migliore” (Hævnen, 2010), che è valso alla regista e sceneggiatrice il Golden Globe e l'Oscar per il miglior film straniero, mentre descrivono l’attuale società scandinava (e non solo), scavano nell'intimità delle persone, nei loro sogni, frustrazioni, ambizioni, legami familiari.
“La Scandinavia, per lungo tempo, è stata chiusa in se stessa e nei suoi privilegi - ha affermato la regista qualche tempo fa - considerandosi un’isola felice, oggi siamo usciti da questa idea e ci rendiamo conto di doverci aprire, poiché fa parte di un mondo più ampio pensare, ad esempio, all’integrazione delle diverse nazionalità che arrivano da fuori, anche se molti danesi non saranno d’accordo. Al tempo stesso credo che oggi sia necessario rispondere ad un nuovo modello di famiglia allargata dove si accolgono figli di altre unioni, e dobbiamo essere solidali e disponibili. Anche se in alcuni paesi è difficile accettarlo, è così che vanno le cose nella realtà e questa accoglienza cambierà le nostre vite. Credo in un approccio non dogmatico al mondo uomo-donna, ed ho paura degli stereotipi. Le donne dei miei film, infatti, sono spesso libere di scegliere”.
Proprio alla Bier, con tre film inediti (“Family Matters”, 1993; “Credo”, 1997; “Once in a lifetime”, 2000) , è dedicata l’apertura della rassegna “Film dal Nord Europa” programmata sulla piattaforma on demand Miocinema, e tesa a valorizzare e far riscoprire una cinematografia, quella dei paesi nordici (Svezia, Finlandia, Danimarca, Islanda, Norvegia) che negli ultimi decenni si è ritagliata un ruolo di rilievo nel panorama cinematografico mondiale, prima e dopo la fondazione del movimento Dogma 95, che si atteneva a criteri di autenticità nel cinema, girando senza effetti speciali e con la camera a mano.
Molti dei film che saranno presentati nel corso della rassegna sono entrati nell’immaginario collettivo, come “Il pranzo di Babette”, “Uomini che odiano le donne”, “La donna elettrica”, per citarne solo alcuni, e sono stati premiati nei più importanti festival internazionali: si tratta di un cinema originale, con una cifra stilistica ben precisa, cui ‘Miocinema’ ha voluto rendere omaggio.
Registi come la già citata Susanne Bier, Lars von Trier o Roy Andersson (premiato con il Leone d’oro alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia) rappresentano solo i nomi più noti di una generazione di autrici e autori che si è fatta conoscere per i drammi esistenziali complessi e per l’analisi pungente delle disfunzioni sociali e familiari, ma anche capace di esprimere un’ironia sottile e caustica ed una poesia austera.
Di seguito i titoli della programmazione “Film dal Nord Europa” su Miocinema:
Dal 3 agosto:
Family Matters di Susanne Bier (1993)
Credo di Susanne Bier (1997)
Once in a lifetime di Susanne Bier (2000)
Dall’8 agosto:
Il pranzo di Babette di Gabriel Axel (1987)
Gli Innocenti di Per Fly (2005)
Il Grande capo di Lars von Trier (2006)
You, the living - Gioisci dunque, o vivente! di Roy Andersson (2006)
Una soluzione razionale di Jörgen Bergmark (2009)
Uomini che odiano le donne di Niels Arden Oplev (2009)
La ragazza che giocava col fuoco di Daniel Alfredson (2009)
La regina dei castelli di carta di Daniel Alfredson (2010)
Beyond di Pernilla August (2010)
Melancholia di Lars von Trier (2011)
Il sospetto di Thomas Vinterberg (2012)
Forza maggiore di Ruben Östlund (2014)
In ordine di sparizione di Hans Petter Moland (2014)
Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza di Roy Andersson (2014)
La comune di Thomas Vinterberg (2016)
Segreti di famiglia di Joachim Trier (2016)
L’albero del vicino – Under the tree di Hafsteinn Gunnar Sigurðsson (2017)
Cosa dirà la gente di Iram Haq (2017)
Borg McEnroe di Janus Metz Pedersen (2017)
Border – Creature di confine di Ali Abbasi (2018)
La donna elettrica di Benedikt Erlinsson (2018)
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