Martedi, 24/10/2017 - “Mondi a parte. Salute e diritti riproduttivi nell’epoca della disuguaglianza”: è il Rapporto Unfpa 2017 presentato a Roma da Aidos la settimana scorsa in cui, ancora una volta, è posto l’accento su come le disuguaglianze all’accesso alla salute riproduttiva siano connesse alla povertà. E a pagare il prezzo più alto di questo dislivello sono ancora le donne e le ragazze.
Sono quasi 2 miliardi e mezzo di persone quelle che detengono una ricchezza pari al Pil di quattro quinti di tutte le nazioni prese in esame. Questo significa che se la ricchezza è nella mani di pochi, si allarga invece la forbice di chi vive in una condizione di povertà estrema, avendo a disposizione solo 1 dollaro e 25 centesimi al giorno.
Nel rapporto si dice chiaramente come tra il 2008 ed il 2013 il divario economico tra i ricchi ed i poveri sia aumentato in 34 Paesi e questo significa che “chi resta indietro perde terreno anche nell’accesso a servizi di qualità per la salute e a quelli essenziali che garantiscono i diritti umani e il benessere. Al vertice, risorse e privilegi si accumulano a velocità esponenziale, allontanando sempre di più il pianeta da quella visione di uguaglianza presente nell’Agenda 2030 con i suoi obiettivi di sviluppo sostenibile” sotolinea Mariarosa Cutillo, Chief of Strategic Partnerships UNFPA che ha affermato come tra gli aspetti cruciali da analizzare ed affrontare per superare questo empasse critico non ci siano solo la disuguaglianza di genere e le disparità nell’accesso alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi, ma anche il diritto all’istruzione perché “una donna che non ha possibilità di studiare e di conseguenza di avere un lavoro per garantirsi un reddito e garantirlo alla sua famiglia, difficilmente avrà accesso ai servizi per la salute” .
Tornando ai dati del Rapporto relativi alla maternità, viene fuori come nei Paesi in via di sviluppo il 43% delle gravidanze sono impreviste e non desiderate e la percentuale sale al 95% nelle aree più povere del pianeta.
E’ stato ripetuto più volte l’importanza dell’accesso all’istruzione, che significa anche dare alle donne la possibilità di pianificare una gravidanza e permettere loro di scegliere quando diventare madri, fatto che avrebbe delle ricadute positive sulle comunità di appartenenza.
Per Maria Grazia Panunzi, presidente di AIDOS “lavorare sul campo significa vedere con i propri occhi come i diritti umani siano strettamente collegati uno all’altro. Ed è per questo che si richiede un approccio olistico alla questione di genere che garantisca alle donne e alle ragazze la possibilità reale di autodeterminarsi, avendo quindi l’accesso all’istruzione, al credito, al lavoro, alla salute per poter diventare parte attiva delle società nelle quali vivono”.
È necessario promuovere processi di emancipazione femminile e trasformare la condizione di debolezza, dove è forte e pressochè totale il controllo maschile, in forza.
Garantire alle donne uguali diritti a quelli degli uomini, significa costruire società forti, inclusive e sostenibili, in grado di crescere e permettere a tutti e tutte il perseguimento e la realizzazione di una vita migliore.
Il Rapporto presentato a Roma, è stato diffuso in contemporanea mondiale in oltre 100 città, tra cui Londra, Madrid, Ginevra, Stoccolma, Berlino, New York, Bangkok, Johannesburg e Città del Messico.
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