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Agricoltura: meglio se è donna

Agricoltura: meglio se è donna

Intervista a Sofia Trentini - “le imprese al femminile sono più attente nel conservare le tradizioni, preservando il territorio e l’ambiente, utilizzandoli in modo adeguato e rispettoso”

Donatella Orioli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Agosto 2008

E’ nata in questi giorni l’Associazione Donne in Campo-CIA dell’Emilia Romagna e Sofia Trentini è la prima Presidente.
Esempio di passaggio generazionale, ricca di entusiasmo e di stimoli, già coordinatrice regionale e imprenditrice agricola della provincia di Ferrara, Sofia da tempo si occupa delle politiche femminili nel settore primario e, attraverso il nuovo incarico, intende valorizzare maggiormente il lavoro delle donne imprenditrici e di tutte quelle “contadine” che hanno fatto la storia senza riconoscimento.

Rappresentare le Imprenditrici agricole dell’Emilia Romagna, settore tradizionalmente maschile e molto spesso supportato proprio dal lavoro delle donne, è una assunzione di responsabilità importante. Quali saranno i primi passi?
Ho sempre avuto grande attenzione alle esigenze e alle aspettative delle imprenditrici e delle donne da anni impegnate totalmente nell’azienda agricola familiare, accomunate dalle stesse finalità, obiettivi e desiderio di vivere sulla loro terra, con le loro famiglie, per il proprio ed altrui benessere, per ottenere un reddito dalle proprie aziende, permettendo loro di vivere degnamente con la stessa considerazione sociale di altri settori. Ecco, mi impegnerò per rappresentare al meglio i loro bisogni e per ottenere il giusto riconoscimento al loro lavoro.

Molto spesso in altri settori, si dice che l’impresa è asessuata e che può essere gestita da un uomo o da una donna. Condivide questa scuola di pensiero e quanto di questo riconosce nell’impresa agricola?
Chi analizza il fenomeno dell’imprenditoria agricola femminile non può non notare la diversa motivazione e organizzazione nel fare impresa. Le donne, in primis, devono integrare la gestione dell’impresa con i problemi di conciliazione. C’è chi ha ereditato l’azienda di famiglia, chi si è trovata a gestirla per avere un’altra fonte di reddito, chi ha scelto di fare impresa per sperimentare nuove idee come ad esempio la multifunzionalità. C’è anche chi ha avuto la vera e propria voglia di svolgere un’attività in agricoltura preservando le tradizioni, recuperando antichi modi di coltivare gli orti, di vinificare, di trasformare il latte.
Ritengo che nel settore dell’agricoltura le imprese “al femminile” siano più attente, per quanto possibile, nel conservare le tradizioni, preservando il territorio e l’ambiente, utilizzandoli in modo adeguato e rispettoso.

La gestione dell’impresa femminile in agricoltura ha fatto registrare un notevole apporto innovativo sia in termini di prodotto che di trasformazione. A tal proposito va ricordata la produzione biologica, gli agriturismo, le fattorie didattiche, solo per citarne alcuni. Non Le sembra che l’imprenditrice agricola coniughi “in proprio” le esigenze di vita familiare e lavorativa?
Assolutamente si. E’ molto autoreferenziale perché cerca di risolvere da sola i problemi con il rischio di isolarsi. Va detto che l’agricoltrice beneficia sicuramente della elasticità/flessibilità della propria organizzazione ma, attenzione, perché in questo modo si allungano molto le ore lavorate e come per tutte le donne che lavorano, fondamentali sono le reti parentali.

Nonostante il dinamismo e la creatività delle imprenditrici anche l’agricoltura vive e risente della crisi generale. A Suo avviso quali sono le macro cause?
La crisi dell’agricoltura è arrivata anche con la radicale trasformazione della famiglia rurale, non più impegnata solo in termini di occupazione con tutti i suoi componenti ad un ciclo chiuso aziendale, ma diversificando l’attività lavorativa in altri settori esterni, modificando anche l’impegno della donna.
Le aziende dell’imprenditoria femminile rurale vivono, tuttavia, gli stessi disagi e difficoltà di altre aziende nel raggiungere un reddito adeguato. Soffrono della inadeguata copertura finanziaria dei loro progetti e hanno difficoltà ad accedere al credito bancario se non in presenza di garanzie. Vivono ancora i disagi culturali di essere operatrici di un settore non sempre considerato nella giusta misura, denunciano la loro assenza negli ambiti decisionali delle strutture operative e si sentono dei fantasmi in tanti altri frangenti della loro vita lavorativa.

La scarsa rappresentanza femminile, non intesa come spartizione ma come valorizzazione delle differenze e trasversale a tutti gli ambiti, in che misura penalizza “Donne in Campo”?
La presenza delle donne negli organi decisionali del mondo associativo e agricolo è poca e la strada da percorrere è ancora tanta e tutta in salita. Ci sono gruppi di imprenditrici molto attive che si adoperano per migliorare questa condizione anche attraverso eventi, formazione, seminari ecc. per far crescere una classe dirigente femminile preparata e rappresentativa delle problematiche espresse. E’ importante ricordare quanto sia sempre stata indispensabile la presenza delle donne in agricoltura, sia nel ruolo di titolare che di coadiuvante.
Credo quindi che l’aver costituito Donne in Campo regionale ci dia uniformità con tutto il sistema CIA ma con attenzione alle differenze e ci consenta di essere riconosciute all’esterno dalle Istituzioni pubbliche con l’auspicio di acquisire finalmente pari dignità.

(25 agosto 2008)

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