Donne in Campo / CIA - Aumenta il numero delle giovani che vedono il loro futuro nel settore agricolo. Fattorie didattiche, agriasili e nuove colture con un occhio vigile all’equilibrio tra reddito e rispetto dell’ambiente. Un po’ di numeri e le tes
Bartolini Tiziana Lunedi, 21/03/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016
Una azienda agricola italiana su tre è guidata da una donna. Un protagonismo femminile in costante ascesa da 20 anni con un dato percentuale, secondo i censimenti agricoltura Istat (2000 e 2010), che dal 30 passa al 33 per cento. Si tratta di circa 371mila imprese che occupano 180mila persone, di cui 40mila dipendenti. Particolarmente interessante il dato rilevato nell’ultimo studio Unioncamere nel settore agricolo - riferito al terzo trimestre del 2015 - da cui emerge che l’apporto più significativo arriva dalle imprese degli under 35 (+909 unità) seguite da quelle delle donne (+363 unità). Aumenta, infatti, il numero delle giovani che guardano all’agricoltura per costruire il loro futuro.
E il fatto che sia sempre più una scelta ponderata e non un ripiego conferisce a questo trend uno speciale significato sociale e culturale. “Le donne aprono le porte delle loro aziende ai turisti, alle scolaresche, ai disabili, agli anziani - spiega Cinzia Pagni, vicepresidente CIA (Confederazione italiana agricoltori) -, lo fanno creando agriturismi, fattorie didattiche e fattorie sociali, agriasili e agrinidi. Si tratta di servizi all’avanguardia che contribuiscono a portare al 35 per cento il contributo delle donne al valore aggiunto complessivo dell’agricoltura, che si aggira intorno ai 26 miliardi di euro. Di questi, quindi, ben 9,1 miliardi sono “rosa”: una cifra importante, che rivela il coraggio e la tenuta delle imprese femminili, capaci di percorrere strade e mercati nuovi pur di non soccombere alla crisi. Per dare un metro di paragone, solo negli agriturismi metà del giro d’affari ‘dipende’ dalle donne: su circa 20mila strutture in tutta Italia, quasi il 40 per cento è gestito da imprenditrici, che muovono ogni anno un fatturato di circa 500 milioni di euro su un totale di 1,1 miliardi dell’intero settore”.
È la conferma di quella che l’Inea (Istituto nazionale di economia agraria, 2014) definisce “femminilizzazione” di un settore popolato da un universo di donne che ruota a vario titolo intorno alle aziende agricole. È un esercito armato di un’incrollabile passione e di una robusta capacità imprenditoriale, un capitale umano e professionale di qualità che si rivela una preziosa fonte rigeneratrice per un settore in cui l’invecchiamento è tra i più alti registrati in Europa. In Italia, infatti, solo il 10 per cento della popolazione agricola ha meno di 40 anni di età.
La diversificazione delle attività e la multifunzionalità sono le strategie vincenti con cui le signore della terra hanno ridato impulso alle loro aziende, riuscendo a coniugare la redditività con il rispetto per l’ambiente, il territorio e la salute. Un’idea di agricoltura che risponde alla volontà di affermare una cultura fedele a valori fondanti e irrinunciabili quali la cura del paesaggio, delle risorse naturali e della biodiversità.
Le donne hanno compreso il valore delle loro competenze e dei gesti con cui per millenni hanno custodito il mondo rurale e hanno fatto della tutela delle tradizioni locali e degli antichi saperi i punti di forza di un’agricoltura capace di creare nuovi flussi di reddito. Con determinazione e fantasia ristrutturano le aziende di famiglia, riorganizzano le produzioni, sperimentano percorsi innovativi.
Per ammissione delle stesse associazioni di categoria, molte realtà si sono salvate grazie alla capacità delle donne di guardare i loro campi da altri punti di vista. “Un recente studio del Censis, realizzato con la nostra collaborazione, ha evidenziato che due aziende di identiche caratteristiche realizzano fatturati diversi in base al sesso e l’età del titolare che la conduce: giovani e donne garantiscono performance di fatturato più elevate”. Rossana Zambelli, direttrice CIA, aggiunge ulteriori elementi. “Il valore aggiunto sta lì. La donna è tendenzialmente innovatrice, riesce a mettere a frutto la sua particolare sensibilità sulle questioni che si trova ad affrontare. Fondamentalmente reagisce in modo più costruttivo e veemente alle crisi e alle difficoltà, insomma si deprime difficilmente”.
Ecco spiegato il fiorire di una vasta gamma servizi legati all’agricoltura sociale e di iniziative multiformi: attività di trasformazione e conservazione di ortaggi e frutti, recupero di antiche cultivar, mercati e vendite a filiera corta. Mara Longhin, presidente nazionale di Donne in Campo/Cia parla di “sfida” per aziende che si misurano costantemente “sul filo del binomio formato da etica e business” e che hanno l’ambizione di dimostrare che “tenendo insieme le due categorie si può produrre reddito e incentivare il territorio avendo cura della salute, dell’ambiente, della biodiversità, della cultura rurale”. Una sfida che le imprenditrici stanno vincendo, nonostante le persistenti discriminazioni in un settore a forte connotazione maschile. “Di strada ne abbiamo fatta - spiega Longhin - e possiamo dire di essere riuscite a far pesare la visione di genere, che oggi è diventata irrinunciabile, proprio perché è portatrice di diversità. È l’affermazione che la diversità è un valore non solo nel mondo biologico ma anche in quello economico e sociale. Noi lo abbiamo fatto cercando di essere ai tavoli dove si discute e si decide. La base di partenza, però, è stata la nostra consapevolezza delle difficoltà. Questo ci ha rese più forti”.
Le donne percorrono una strada impegnativa, ma sono riuscite ugualmente a contaminare l’agricoltura, tanto che i temi dell’Expo di Milano sono stati la nutrizione e la sicurezza alimentare e per la prima volta una struttura organizzata al femminile come Women for Expo ha avuto un ruolo centrale e ha lanciato un sodalizio che continuerà il suo cammino lungo il solco tracciato dalla Carta di Milano, condivisa da oltre un milione di persone che l’hanno sottoscritta.
DONNE IN CAMPO, tutto quello che c’è da sapere
• è la principale associazione italiana di imprenditrici e donne dell’agricoltura che crea ‘reti’ di donne sul territorio rurale, tesse relazioni tra le aziende e costruisce comunità e gruppi locali;
• vuole ripristinare un sano ed equilibrato rapporto con l’ambiente e una piena e libera espressione delle capacità imprenditoriali delle agricoltrici e degli agricoltori italiani/e;
• è impegnata nella valorizzazione di tutti i metodi di produzione agricola ecocompatibili con particolare attenzione alla salvaguardia della stabilità e alla fertilità dei suoli;
• vuole introdurre con la ricerca innovazioni culturali, di processo, di prodotto e di diversificazione delle attività aziendali a integrazione del reddito;
• tramanda le culture locali e le tradizioni alle nuove generazioni, perché non muoiano le mille culture che hanno animato il nostro paese;
• ama la terra e ama l’Italia in quanto luogo che ha generato un’agricoltura - la nostra - che è visione del mondo, paesaggi inimitabili, bellezza, salute ed etica dei processi;
• vuole un’agricoltura perno principale di un modo d’essere e di una sapienza individuale e collettiva apprezzato nel mondo e che mette insieme una straordinaria biodiversità, un forte senso del bello e una cultura alimentare incomparabile e diversificata in modo sorprendente.
Testo tratto dal sito www.donneincampo.it – mail: Donneincampo@cia.it
AgriCatering: ALTA QUALITA’ A FILIERA CORTA. ANZI CORTISSIMA
“Scoprire e rilanciare le antiche ricette dei territori rurali con prodotti di stagione appena raccolti e subito cucinati, valorizzare il protagonismo delle donne dell'agricoltura depositarie dei saperi contadini, creare un rapporto diretto fra produttore e consumatore anche a tavola, offrire nuove occasioni di reddito alle aziende agricole ‘rosa’ e contribuire alla difesa dell'ambiente accorciando la filiera ‘sfruttando’ tutte quelle produzioni locali che necessitano di minori quantità di combustibili fossili per essere coltivate e trasportate”. Toscana e Basilicata hanno fatto da apripista, ma per Donne in Campo l’obiettivo di AgriCatering è creare una vera e propria rete nazionale. Un business che vale 150 milioni di euro l’anno e che è ‘sano’ perché nasce dall’intreccio tra le tradizioni culinarie dei territori e gli antichi saperi contadini femminili.
Sono attività che possono nascere e svilupparsi a metà strada tra il servizio di catering e l’impiego delle produzioni agricole: una filiera corta - anzi cortissima - di nuova generazione che elimina le intermediazioni a tutto vantaggio della qualità e dei costi. Un progetto che unisce un alto valore culturale e sociale ad un notevole impatto economico su scala nazionale, che apre una nuova frontiera dell'agricoltura al femminile cogliendo la vocazione del settore alla multifunzionalità. A garanzia della qualità c’è un regolamento, un marchio e un rigido disciplinare che punta alla provenienza dei prodotti e all’identità degli spazi rurali.
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