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AGORA: ragione e tolleranza

AGORA: ragione e tolleranza

Al cinema la storia della filosofa Ipazia nell'ultimo film di Alejandro Amenábar

Lunedi, 03/05/2010 - Se è vero che il film “Agora”, del regista cileno Alejandro Amenábar (noto per “The Others” e “Mare Dentro”) ha il grande pregio, per nulla scontato, di scegliere una protagonista femminile per un kolossal storico da 50 milioni di euro e di far conoscere ad un vasto pubblico la straordinaria figura d’Ipazia di Alessandria d’Egitto, scienziata e filosofa dell’antichità, pure si tratta di un’opera non del tutto riuscita, eccessivamente schematica e didascalica, con un taglio ben meno originale di quanto ci si potesse legittimamente attendere da un autore raffinato e da una miscela di ottimi ingredienti. Ma i messaggi politically correct sono tutti presenti nel film: la tolleranza e la forza della ragione contro il pregiudizio ed il fanatismo, l’irreprensibilità e l’autorevolezza dell’etica contro il bieco compromesso, le difficoltà incontrate dalle donne nell’ottenere pari opportunità e pari riconoscimenti in ogni epoca. "Volevo fare un film su un periodo di circa 2000 anni – racconta Amenábar - esprimendo attraverso il cinema il mio amore per la scienza e l’astronomia, poi mi sono imbattuto nella storia di Ipazia ed ho deciso di raccontarla, mettendola in relazione con gli avvenimenti e con le lotte religiose del tempo – il 391 d.C. – ed evidenziandone soprattutto la valenza sociale e politica”. Fra le donne celebri della storia, spesso dimenticate o volutamente omesse, Ipazia è considerata certamente una delle più importanti: filosofa e matematica, esponente di spicco della scuola neoplatonica, inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, Ipazia era figlia di Teone, il rettore dell’Università di Alessandria, che le trasmise l’amore per la scienza e per i classici greci, di cui erano entrambi abili commentatori. In una significativa scena del film, quella del rogo della Biblioteca di Alessandria, a seguito di un’ondata di violento fanatismo religioso, la studiosa tenta di salvare i testi più importanti con una febbricitante disperazione, a testimonianza di come quei testi contassero per lei quanto, se non più, della sua stessa vita. Peccato, anche qui, per un eccesso di enfasi e di “spettacolarismo”, forse organico ad esigenze produttive. Per un lungo periodo Ipazia fu un personaggio realmente in vista della scena culturale alessandrina ed una delle pochissime donne cui venne attribuita la facoltà di insegnare astronomia e filosofia ai giovani; ma la sua libertà intellettuale ed il rifiuto profondamente laico di abiurare alle sue idee scientifiche in favore di una religione della quale vedeva solo il lato violento, le costarono la vita e l’appartenenza al genere femminile non contribuì certo a salvarla. Ipazia fu braccata ed uccisa dai suoi più acerrimi detrattori, primo fra tutti il fondamentalista Cirillo che, dopo l’Editto di Teodosio, iniziò a perseguitare ogni cultore e seguace di scienze considerate pagane. Sembra che la Chiesa non abbia avuto reazioni entusiastiche all’uscita del film, benché il regista abbia reso noto di non voler attaccare i cristiani ma anzi di difendere quei principi di pietà e compassione, per i quali la figura di Ipazia può essere avvicinata a quella del Cristo. “Agora è la storia di una donna, di una città, di una civiltà, di un pianeta - continua il regista - un luogo dove vorremmo tutti vivere insieme. Giocando a cambiare la prospettiva, abbiamo cercato di mostrare la realtà umana nel contesto di tutte le specie terrestri, guardando gli esseri umani come fossero formiche e la Terra, in un contesto universale, come una piccola sfera fra tante stelle”. Nel ruolo della spirituale scienziata Ipazia, liberale con gli schiavi e devota agli astri ed ai suoi studi fino al martirio, c’è una convincente Rachel Weisz, appena troppo vicina all’eroica perfezione. "Le donne sono spesso state discriminate dalle religioni e giudicate diaboliche - conclude il regista - la condizione di Ipazia, una creatura affascinante che rinunciò a vivere la propria femminilità in nome del sapere, era eccezionale perfino per l'evoluta civiltà ellenistica. Sembra infatti che non amò nessun uomo, considerandosi sposata con il cielo. Ho discusso a lungo di questo aspetto con Rachel e ci siamo chiesti se non fosse più accattivante per lo spettatore introdurre una storia d'amore nel film, ma abbiamo deciso di rimanere fedeli alle notizie storiche sul personaggio, rendendo così Ipazia una figura ancor più rivoluzionaria". Seppure amò qualcuno, la celebre Ipazia decise di rimanere libera da vincoli per insegnare e studiare: fra i suoi spasimanti senza speranza l’allievo prediletto, Davo, interpretato dall’attore Max Minghella, un melenso esempio di macho alessandrino.

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