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AFGANISTAN

AFGANISTAN

Esame del contesto e prospettive probabili

Mercoledi, 25/08/2021 - dal blog vorreicapire di GIANCARLA CODRIGNANI
Nelle scuole occidentali non si sa quasi nulla sull’Impero Ottomano, sulla sua “caduta” e le conseguenze dopo la prima e dopo la seconda guerra mondiali. Forse gli studenti inglesi, posteri dell’Impero Britannico, sanno il problema dello scontro con l’Impero Russo nel 1839/’42 e, in una seconda guerra, nel 1868, la sconfitta che i soldati inglesi arrivati a conquistare Kabul, subirono dalla reazione delle milizie interne. Dopo il 1945 gli inglesi saggiamente abbandonarono l’intento egemonico e - era già iniziata la guerra fredda - passarono la mano agli Usa. Nel ’47 fu guerra feroce tra India e Pakistan, ormai indipendenti, per il possesso del Kashmir, travolto dalla calata dei Pashtun pakistani. Furono grandi massacri tra islamici e induisti, terminati con l’esodo (milioni di persone) degli induisti in Kashmir assegnato all’India vincitrice, e dei musulmani in Pakistan. La sfera di influenza americana confidava nello controllo del Pakistan (a cui concessero anche l’uso del nucleare).
Una lettura politica attuale dei confini comporta una lettura corretta degli interessi in gioco.
Le frontiere sono eloquenti: Pakistan significa Kashmir e India, ma anche la grande presenza di pashtun pakistani; Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan significano la Russia e la Cina, che possiede una minuscola frontiera propria; l’Iran apre a Iraq, Arabia Saudita ed Emirati, con la complicazione che l’Iran non è né arabo né sunnita (in più gli sciiti sono eretici e, in Afganistan una minoranza) mentre i pashtun e la maggioranza delle tribù sono sunniti. Va menzionata anche la Turchia, che aspira a restaurare l'impero ottomano. Va aggiunta l'ideologia amico/nemico, maschile e universale.
Fin qui il contesto.
Politicamente la situazione attuale si presenta drammatica perché porta a constatare un grande allarme sul piano umanitario; accusa l’irresponsabilità dell’Occidente fin nel 2001. L’attentato alle Torri Gemelle ha indotto gli Usa alla guerra contro il “terrorismo” e gli Stati che lo sostenevano, fino all’uccisione di Osama bin Laden e alla lotta contro l’impero jihadista, impegnandosi in una prova di forza che sta finendo come abbiamo appena visto con stupore. Potrebbe farne le spese Biden (speriamo che nessun soldato americano venga ucciso) per responsabilità non solo sue: le perdite dei “nostri” militari in questi anni non hanno avuto grandi tributi d’onore e sostanzialmente sono rimasti coperti dal riserbo. Ma se adesso ne morisse uno di quelli che restano presenti, si aprirebbero le cateratte delle accuse. La Nato si associò, l’Italia solo per interventi di cooperazione.
La forza ideologica più efficace a sostegno dei terroristi è stato motivato da sempre dall’odio religioso/morale contro l’Occidente, sia capitalistico e dominatore, sia corrotto e “crociato”, cristiano. Questa “fuga” rafforza l’orgoglio di avere vinto un occupante che si è rivelato davvero corrotto, prevaricatore, senzadio.
Politicamente questo radicalismo religioso è pericoloso, ma si deve considerare che l’islamico che ripete sure imparate nelle madrasse deve accettare di riformarsi (non è un caso se gli ortodossi non vogliono che la gente studi): in un momento come questo bisogna sostenere i diritti umani a tutti i costi, ma con il massimo sforzo delle diplomazie.
Fare attenzione anche da noi a estremismi - di destra e di sinistra - minoritari che sull'anticapitalismo e l'antiamericanismo per odio ideologico finiscono per sostenere l'estremismo islamico.
Pensare invece alla grande crisi interna: la gente non vive con i campi di papaveri: ci sarà crisi alimentare: gli aiuti dovranno poter pervenire. Hanno una funzione non solo assistenziale.
L’uso delle tecnologie è di per sé ideologico. I Talebani stanno facendo propaganda di rassicurazione e mettono sui social la foto del miliziano armato che mangia il gelato per mostrare che sono inoffensivi. Ma non possono vietare più l’uso dei cellulari e se lo fanno sarà difficile impedire la disobbedienza.
Bisogna pensare che ci sarà una Resistenza. Vedere se gli afgani in Italia (domanda per chi segue i rifugiati: come mai ne abbiamo non tantissimi, ma quelli che ci sono non sono conosciuti?) hanno dei contatti.
I contatti digitali con l'interno vanno mantenuti con urgenza subito, prima che i talebani provvedano a isolare.
Vero quello che dice Saviano sulla produzione di droga afgana: è fondamentale il profitto che sostiene l’economia delle armi anche se il denaro produce la corruzione interna. Quanto alla droga, la consumano gli occidentali, quindi peggio i corrotti e gli immorali.
Sulla vittoria dei Talebani, si dovrà pronunciare il mondo islamico e arabo. La liberazione in Marocco della studentessa italo-marocchina condannata a tre anni e ieri prosciolta in appello potrebbe essere un segnale? Grande lavoro per le cancellerie europee...
Si vede in questa situazione quanto ci manchi un’Europa federale dotata di una politica estera comune. La povera Ursula rischia l’ordine sparso; e gli scontri. Anche qualche matto kamikaze.
La questione principale sarebbe il mantenimento delle presenze formali straniere in loco: negativo il rientro del nostro ambasciatore. Speriamo che sia possibile ripristinare una possibilità di presidio responsabile di un focus libero. Come fanno i medici di Emergency: sappiamo che Gino Strada oggi sarebbe là.
La grande questione delle donne: da femminista sorvolo. Tuttavia Kabul e Kandahar non fanno testo. Nei villaggi il velo o il burka e il no-scuola per le bimbe è regola e le donne debbono vivere in conformità con padri, fratelli, mariti e accettano il sistema patriarcale. Il lavoro da fare in questi vent’anni era tanto: purtroppo poteva essere affidato solo alle truppe. Anche in questo le guerre stanno peggiorando: i civili, tranne casi di entità cooperanti già inserite, non possono più andare in loco a dare qualche solidarietà, sia pure a loro rischio nei "paesi difficili".
Quando si formerà un governo non sarà facile premere sul tema donne: forse ne metteranno in pista una delle loro. Quanto alla difesa dei diritti, non sempre i diritti e le convenzioni specificano "il genere" dell'uguaglianza. Bisognerà prevedere iniziative, anche non immediate, ma unitarie di donne europee possibilmente dei 27 paesi a manifestare in giorni determinati.

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