Fino a che punto il multiculturalismo promuove l'emancipazione della donna? L'affaire foulard è senz'altro un valido esempio per risvegliare il senso critico su questa problematica.
Sabato, 16/05/2015 - L’affaire foulard, la questione del velo, non è che l’ennesimo tentativo degli Stati occidentali di autoproclamarsi paladini dell’emancipazione delle donne mussulmane. Ma fino a che punto è lecito parlare di lotte contro una subordinazione sessuale e religiosa? Quanto è labile il confine tra promozione dei diritti umani e negazione d’identità indipendenti? Agli occhi occidentali sfugge la complessa semiotica dei codici di abbigliamento che si annida dietro la varietà dei capi (chador, hijab, niqab…): sfoggiare l’abito tradizionale della propria terra d’origine significa principalmente segnalare alla comunità mussulmana le proprie origini etniche e nazionali. Dunque le proteste delle donne islamiche non dovrebbero essere tanto facilmente annichilite all’infamante e tacita osservanza di leggi misogine: l’intento primario spesso è la rivendicazione dell’indipendenza di un’identità estraniata dalla realtà occidentale.
Consideriamo a questo riguardo l’esempio fornitoci dalla Francia. Qui la questione, definita da Brun-Rovet un “trauma nazionale” per la forte compromissione dei fondamenti del sistema scolastico francese ispirati al principio di laicità, si dipana in una lunga serie di confronti pubblici, primo dei quali l’espulsione ad opera del preside Ernest Chenière di tre ragazze – Fatima, Leila e Samira - dalla scuola media ‘Gabriel Havez’ di Creil nel 1989. Seguendo il consiglio di Daniel Youssouf Leclerq, capo dell’organizzazione “Integrité” ed ex presidente della FNMF, le ragazze si sono presentate a lezione con il capo coperto nonostante la proibizione scolastica: un gesto di sfida fortemente politicizzato, volto a rivendicare le proprie origini musulmane e nordafricane “in un contesto che cercava di assimilarle, in quanto studentesse della nazione, a un ideale egualitario, laicista di cittadinanza repubblicana” (Seyla Benhabib). Giovani Antigoni che, trasponendo aspetti della loro vita privata nella dimensione scolastica, hanno contestato le disposizioni della sfera pubblica. Ora, vi chiedo, avete biasimato con altrettanta foga la lotta per la sepoltura di Polinice?
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