Grecia - Seconda parte del viaggio di ‘noidonne’ nella crisi greca. L’impatto sulla vita delle persone e le speranze di rinascita affidate alle donne
Cristina Carpinelli Giovedi, 23/09/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2010
In Grecia il bisogno di una rete di protezione sociale sarebbe diventato sempre più reale, nel momento in cui la spesa per la sicurezza sociale avrebbe potuto essere sottoposta a tagli per motivi di finanza pubblica. Il divario avrebbe potuto essere colmato usando il potenziale di solidarietà delle famiglie. Ma, come era già successo nella depressione degli anni ‘30, mano a mano che la crisi si sarebbe aggravata, sarebbero anche diminuiti i fondi da cui attingere per fornire aiuti. Nell’ambito del Patto di Stabilità, la Grecia si era impegnata per un aggiustamento della finanza pubblica, che prevedeva una riduzione del debito pubblico dal 12.7% al 4% entro la fine del 2010. Quali sarebbero state le misure da adottare per ridurre il debito pubblico? Fino a che punto l’aggiustamento avrebbe potuto essere conseguito facendo emergere l’economia in nero (e, dunque, l’evasione fiscale) o rivedendo dimensioni e funzioni del settore pubblico? I lavoratori avrebbero ricevuto maggiore tutela (così come previsto dalla legislazione sul lavoro in fase di revisione) o la pressione degli organismi internazionali avrebbe portato ad una riduzione della rete di sicurezza sociale? Come sarebbe stata la Grecia nel 2012? Quale l’impatto della crisi sulla condizione delle donne e sui processi che negli ultimi vent’anni l’avevano modificata in meglio? La famiglia aveva tradizionalmente rappresentato una vera rete di protezione sociale. La casa (come immobile) era stata il cuscinetto finanziario della famiglia, come mostrano gli ultimi cinquanta anni di crescita incontrollata dei prezzi delle proprietà. Ma come poteva continuare questa situazione, dal momento che le famiglie stavano cercando di liquidare i loro beni patrimoniali? In più, le famiglie avrebbero dovuto fronteggiare anche una ripida curva demografica intorno al 2015, quando i baby boomers sarebbero entrati in una fase critica della loro vita. Per baby boomers s’intende la “generazione sandwich”, quella che al giorno d’oggi si prende cura sia dei genitori (che hanno superato i settanta) sia dei nipoti, e che finanziano anche la disoccupazione giovanile. Questa generazione, soprattutto a causa della crisi, si sarebbe trovata ad affrontare tutto questo peso con sempre meno supporti.
Le donne sono notoriamente le consumatrici finali, quelle che alla fin fine devono far quadrare i conti. Ma il budget familiare non può essere manipolato con i derivati e con la contabilità creativa. L’accesso al sistema bancario nelle condizioni attuali è assai problematico. Le famiglie greche sono meno abituate, rispetto a quelle di altri Stati dell’UE, a gestire i debiti familiari. La crisi degli ultimi mesi dell’anno in corso rappresenta indubbiamente un periodo di grande difficoltà per la società greca che dovrà affrontare situazioni prima considerate inimmaginabili. Queste esperienze implicheranno sacrifici e una forte dose d’incertezza. Le donne, che sono la categoria più vulnerabile, e quelle che soffrono di più per l’assenza di una safety net, saranno colpite in misura più che proporzionale. Questo potrebbe implicare un passo indietro nelle conquiste sociali degli ultimi vent’anni: le donne potrebbero essere indotte a ritornare in famiglia. Ma come ha notato Schumpeter, i cambiamenti rapidi non sono mai lineari. La crisi potrebbe portare a un ciclo di distruzione creativa tale da permettere alle donne di rompere le barriere del formalismo legalitario per assicurarsi uno spazio maggiore sia di espressione che di responsabilità. La crisi è sicuramente un tempo d’incertezze, paura e dolore, ma da tutto questo potrebbe emergere una società migliore per le donne, con nuove regole.
D’altro canto la società greca ha dimostrato in passato di poter contare su straordinarie figure femminili. Come non menzionare Gianna Angelopoulos-Daskalakis, avvocata di successo, già deputata di Nea Dimokratia al parlamento nazionale, nota per aver fatto guadagnare alla città di Atene l’edizione della XXVIII Olimpiade. Oppure, Dora Bakoyannis, esponente politico greco, militante del partito di Nea Dimokratia, già Ministro alla Cultura e Atletica (1992-1993), ex Ministro degli esteri (2008) e prima donna a ricoprire la poltrona di Sindaco della città di Atene (2003-2006). E ancora, l’avvocata Fani Palli-Petralia, con una lunga militanza nelle file del partito ND, ex Ministro per l’Occupazione e Protezione Sociale (2008), da sempre impegnata nel campo delle pari opportunità (è stata presidente dell’Unione Democratica Internazionale delle Donne e dell’Unione Europea delle Donne); Anna Benaki-Psarouda, ex presidente del parlamento ellenico e membro dell’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa dal 2007 al 2009. Nel governo di Costas Mitsotakis è stata primo Ministro per la cultura e, quindi, responsabile del dicastero della giustizia.
In un primo tempo gli analisti pensavano che la Grecia, essendo periferica e non avendo né una bolla immobiliare né una concentrazione di titoli tossici, fosse relativamente immune alla crisi. Non si riteneva rilevante il fatto che il paese si trovasse alla soglia di una recessione con due questioni strutturali aperte: la riforma delle pensioni e il ruolo del settore pubblico. Oggi la Grecia si trova al centro dell’attenzione, in quanto caso esemplare delle criticità della governance dell’eurozona: come gestire il grande problema della competitività, come sbloccare le riforme strutturali, come gestire un’unione monetaria con una dimensione politica sottosviluppata e priva di prospettive? In altri tempi, i problemi della Grecia sarebbero stati considerati “parrocchiali”, e di conseguenza sistematicamente ignorati. Non così oggi, dove il governo di George Papandreou (leader del Pasok), di recente nomina, si trova a dover gestire una patata bollente. Con lui, al timone del potere, vi sono ben cinque donne Ministro: Louka Katseli - Ministro all’Economia, Anna Diamantopoulou - Ministro all’Istruzione, Mariliza Xenogiannakopoulou - Ministro alla Sanità e alla Solidarietà sociale, Aikaterini Batzeli - Ministro all’Agricoltura, Tina Birbili - Ministro all’Ambiente).
Certo il Pasok, alle elezioni parlamentari del 2009, per sconfiggere il governo di Costas Karamanlis, non aveva dovuto far altro che promettere l’uscita dalla crisi (con un programma di aiuti ai ceti più disagiati e un aumento delle tasse per le fasce ricche della popolazione) e la lotta alla corruzione, vero e proprio dramma nazionale in Grecia. La fragilità economica e la corruzione dilagante, hanno fatto sì che nel 2009 e 2010 la crisi si abbattesse come un macigno sul paese. Il primo Ministro, George Papandreou, a fine 2009, aveva dichiarato il rischio di bancarotta, e nel marzo 2010 si era visto costretto a varare una serie di misure per sanare i conti pubblici, quali il blocco dei salari pubblici e una riforma del sistema pensionistico. L’ex governo di destra era stato letteralmente travolto dalla crisi economica, dagli scandali che avevano coinvolto molti suoi membri e dalla pessima gestione dei tanti incendi estivi. Non solo, esso si era trovato a dover render conto di bilanci “taroccati”, presentati all’UE allo scopo di bruciare i tempi sia per quanto atteneva alle politiche di sviluppo economico sia con la richiesta di ammissione alla zona euro. Il governo aveva dovuto, inoltre, compiere operazioni fittizie per ridurre il deficit e nascondere la montagna di nuovi debiti che andava man mano contraendo.
Certo i problemi della Grecia non derivano tutti da un’economia ancora debole, ma anche da una classe politica improntata al clientelismo, di cui pure il Pasok di Andreas Papandreou si era reso responsabile, dato che negli anni Ottanta per mantenere il suo partito a dimensioni popolari, esso aveva elargito in maniera smodata posti pubblici ed appalti, causando un forte squilibrio nei conti dell’amministrazione pubblica. Ora i nodi strutturali dell’intervento governativo vertono sostanzialmente sulla riforma delle pensioni, che colpisce duramente i meno abbienti riducendo del 15% i loro emolumenti ed elevando l’età di fine rapporto (per le donne si passa da un’età pensionabile di 60 anni ad una di 65) e su quella del pubblico impiego, che vede il congelamento dei salari e delle pensioni. Gli investimenti pubblici saranno ridotti in maniera consistente. Migliaia di greci hanno manifestato a più riprese nei mesi scorsi contro questo piano di austerità varato dal governo di George Papandreou, che ben altre promesse aveva fatto al suo popolo nel corso dell’ultima campagna elettorale (fine).
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