Perché ancora queste ingiuste differenze?, si chiedevano le compagne militanti che scrivevano su Noidonne nell'aprile del 1945. Alla vigilia del Primo Maggio, Festa dei Lavoratori e delle Lavoratrici, vi riproponiamo un pezzo dal nostro archivio.
Il mondo del lavoro non è più, certamente, quello di settanta anni fa. Oggi il lavoro in Italia è, in tutti i settori, sempre più precario, malpagato, privato di diritti essenziali, nonostante venga proposta quotidianamente una narrazione del fare, dell'auto-imprenditorialità, del successo professionale come misura del valore personale. Eppure, in questo quadro sconfortante e difficilissimo, resistono come settanta anni fa, in Italia e nel mondo, le disuguaglianze salariali di genere. Secondo il rapporto "Close the gap!" di ActionAid “Each year poor women’s work subsidises the global economy to the tune of $9 trillion. These women are at the bottom of the pile, trapped in low paid precarious forms of work while shouldering a heavy load of unpaid work caring for their families", che tradotto significa che nei Paesi a capitalismo non avanzato la differenza di salario tra maschi e femmine equivale, ogni anno, a 9mila miliardi di dollari.
Secondo uno studio dell'Eurostatnell'Unione europea il differenziale retributivo di genere – ovvero la differenza media tra la retribuzione oraria lorda di uomini e donne – è di poco superiore al 16%. L'altra faccia di questi dati è il numero di ore di lavoro domestico e di cura che le donne si sobbarcano ancora rispetto agli uomini. Secondo il rapporto"Lavoro invisibile", realizzato l’anno scorso dalla sezione italiana di Action Aid, una donna in Italia dedica al lavoro domestico 204 minuti al giorno, contro i 57 di un uomo. E qualche giorno fa un’ulteriore sofisticazione del dato l’ha fornita l’ISTAT: l'indice di asimmetria del lavoro familiare nella coppia in cui lei lavora e ha un figlio fino a sette anni è pari al 70,4%, che tradotto significa che la donna lavora oltre cinque ore in casa e l’uomo tre. Quando i figli diventano più grandicelli, il differenziale addirittura aumenta. Se messe a confronto, le madri sole lavorano meno in casa di quelle con un compagno: “Sono un po' meno sovraccariche perché si avvantaggiano dell'assenza del marito”, dice l’ISTAT e in effetti le ore da oltre cinque si riducono in media a quattro ore e 26 minuti.
Dunque, a livello mondiale e anche in Italia, si può affermare che le donne nel 2015 sono meno occupate, più precarie, meno pagate, hanno pensioni più “leggere” e si sobbarcano un lavoro domestico maggiore e che ancora il mondo del lavoro - dentro e fuori casa - è un terreno dove le dinamiche di potere tra uomini e donne non sono state sovvertite rispetto al passato. Nell'ottica di far vivere il nostro archivio e di ripercorrere le battaglie delle donne, ancora, come vediamo, tristemente attuali sebbene portate avanti con modalità, spunti e obiettivi in parte o del tutto diversi, riportiamo alla vigilia di questo Primo Maggio, un articolo tratto dal numero di aprile 1945, che chiamava le donne alla lotta costante e in prima persona.
Ad uguale lavoro, uguale salario!
Continuamente lavoratrici di ogni categoria denunciano le ingiustizie di ogni genere che subiscono sul lavoro. Molti padroni e direttori di azienda continuano a trattarle come ai tempi fascisti, e quando gli organi sindacali intervengono in loro difesa, essi riescono a trovare giustificazioni giuridiche. Ciò è possibile perché i contratti di lavoro fascisti non sono stati ancora abrogati e sostituiti da nuovi contratti che permettano di poter conoscere in modo chiaro e preciso quali sono i diritti e le spettanze di ogni lavoratore. I sindacati di categoria hanno iniziato da poco la stipulazione di contratti che dovranno tutelare gli interessi particolari delle donne sul lavoro e stabilire nuovi principi di giustizia democratica, quale quello di fissare le paghe secondo la qualifica e non secondo il sesso o l’età. Realizzare questo principio è un diritto sacrosanto perché lo stesso lavoro eseguito da mano maschile, femminile o giovanile ha per l’industriale lo stesso valore. La rivendicazione tanto sentita da tutte le donne, ad uguale lavoro uguale salario, deve quindi diventare uno dei principi nella stipulazione dei nuovi contratti, perché mentre impedirò un vergognoso sfruttamento della manodopera femminile impedirà anche che i lavoratori si facciano concorrenza gli uni contro gli altri solo perché gli industriali guidati dalla sete del profitto, preferiscono la manodopera meno retribuita. Riuscire ad affermare questo principio deve essere uno dei compiti principali delle commissioni consultive femminili presso le singole Camere del Lavoro. Ma le lavoratrici di tutte le categorie debbono imparare che le vittorie si ottengono solo attraverso la loro azione costante. Ho sentito parecchie volte delle operaie metallurgiche, tabaccaie, tessili, impiegate ed anche molte maestre che eseguono lo stesso lavoro dei loro colleghi, lamentarsi ed inveire contro questa ingiustizia sociale che le tiene nella soggezione di eterne minorate, che le umilia anche nelle loro capacità. Ma quando si incoraggiano ad unire la loro azione per far prevalere nelle riunioni sindacali la loro volontà di giustizia ed i loro desiderata, spesso restano scettiche. Questo scetticismo viene dalle mille delusioni subite sotto il regime dei sindacati fascisti, ma oggi non ha più ragione di esistere perché con la libertà le donne hanno conquistato il difendere esse stesse i loro interessi presentandoli al sindacato unitario che li accoglie, li fa propri e li fa rispettare. Se le lavoratrici continuano a essere troppo assenti dalla vita sindacale certo i datori di lavoro ne approfitteranno opponendo una forte resistenza alla firma dei contratti presentati dai sindacati. Dipende quindi soprattutto da noi stesse la possibilità di poterci sollevare dalla indigenza e dalla soggezione, dipende soprattutto dalla costanza che metteremo nella difesa della nostra causa. Iscriviamoci ai sindacati, frequentiamo le riunioni sindacali, dedichiamoci allo studio dei nostri problemi femminili sempre unite e solidali tra noi e don i compagni e colleghi di lavoro.
Perché ancora queste ingiuste differenze?
Per lo stesso lavoro:
alla Federazione del Libro: indennità carovita: uomini lire 88; donne lire 48;
alla Società Maccarese: acconto a partire dal 20 febbraio: uomini lire 50; donne lire 35;
alla Viscosa: acconto giornaliero al personale: uomini lire 50; donne lire 35;
alla Tesoreria del Comune di Roma: anticipi in conto miglioramenti: uomini lire 3500; donne lire 2000.
Le donne hanno le stessere responsabilità degli uomini, compiono gli stessi sacrifici, sopportano le stesse sofferenze: DEVONO AVERE GLI STESSI DIRITTI.
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