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Accordi femminili (seconda parte)

Accordi femminili (seconda parte)

Artiste - La creatività musicale delle donne è stata soffocata dai pregiudizi, come ci dicono le note delle tante compositrici degli ultimi secoli

Bertolini Tatiana Lunedi, 28/02/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2011

di Tatiana Bertolini *



Per quanto possa sembrare paradossale uno dei luoghi in cui, nel corso dei secoli, si è potuta maggiormente esplicare la creatività delle donne, specie in campo artistico, è stato il convento.

In alcuni casi, specie se la famiglia d’origine delle monache era altolocata, esse ricevevano un’istruzione superiore alla media (non bisogna dimenticare che fino alla fine dell’800 l’analfabetismo è quasi totale per la popolazione femminile) e spesso quest’educazione comprendeva anche la musica. Accadeva poi che ragazze di modeste origini, e che quindi non potevano versare una cospicua dote per essere ammesse in convento, ma che erano figlie d’arte, vedevano accolta la loro richiesta di monacazione poiché, anziché danaro, portavano le loro conoscenze musicali e si impegnavano ad insegnarle alle monache o alle educande.

Nel ‘600 inizia così la tradizione di eseguire musica nei parlatoi dei conventi, o addirittura nelle case patrizie dove, ottenuta una speciale dispensa, si recavano le monache stesse.

Ovviamente in questa particolare realtà non troviamo solo esecutrici ma anche compositrici. La più famosa di tutte in Italia, rimane Isabella Leonarda, vissuta in un convento a Novara, autrice di numerosa musica strumentale per archi e tastiere, oltre a lei possiamo ricordare Suor Chiara Margherita Cozzolani e Giacinta Badella.

Queste ultime vissute nella seconda metà del ‘600 continuano a comporre nonostante l’editto di Papa Innocenzo XI (1676-1689) che sull’onda della Controriforma , vieta la musica nei conventi affermando che “la musica è la nemica della modestia”. Del resto già nel 1599 il vescovo di Ferrara noto come Mons. Federico aveva emesso le “constitutioni et ordinationi generali appartenenti alle monache” nelle quali si faceva espresso divieto di suonare musica che non fosse sacra e legata alle funzioni religiose.

Se il Seicento è il secolo dei conventi, il Settecento inaugura la stagione dei salotti, nei quali le presenze femminili riescono ad ottenere maggior risalto a livello sociale e culturale.

A Venezia primeggia la figura di Barbara Strozzi, figlia di un pittore, si dedica alla composizione, in particolare alla musica vocale, componendo tra le altre cose una cantata che è giunta fino a noi : I diporti di Eutepe. Un’altra figlia d’arte che si era cimentata nel secolo precedente con la composizione era stata Antonietta Bembo figlia del più celebre poeta.

A Milano infine emerge la figura di Maria Teresa Pinottini, sorella della più nota Maria Gaetana, quest’ultima celebre matematica. Maria Teresa si cimenta con la tastiera contribuendo alla diffusione del nuovo stile classico che si stava imponendo in Europa dopo la breve stagione dello stile galante. Proprio a questa autrice è stata dedicata una recente pubblicazione Donna Teresa Agnesi compositrice illustre (autrici Pinuccia Carrer e Barbara Petrucci per i tipi della casa editrice San Marco dei Giustinianei Genova).

Fino alla fine del XVIII secolo alle donne è preclusa la frequentazione di scuole, tutto quello che imparano, lo apprendono in casa dai genitori o parenti più stretti. Nel 1774 l’accademia di S. Cecilia accoglie, dopo regolare esame di ammissione, l’organista e compositrice Maria Coccia.

Le cose però cambiano nuovamente nel secolo successivo: si può, infatti, affermare senza tema di smentite che il XIX secolo, il secolo del romanticismo e dell’ascesa della borghesia al potere, sia stato il peggiore nella storia delle donne. In questo secolo si viene delineando l’ideale di donna debole, sottomessa, bisognosa di protezione, il cui unico scopo nella vita è la procreazione e la cura della prole. Il suo cervello si dice, è qualitativamente diverso rispetto a quello dell’uomo e comunque ad esso inferiore. Pertanto ciò che la donna produce in campo creativo non sarà mai all’altezza di un’analoga creazione maschile. Se in campo letterario si affermano faticosamente scrittrici, anche se a volte, come George Eliot usano nomi maschili, in campo musicale inizia a serpeggiare l’idea che comunque le composizioni femminili sono povere, deboli non hanno la forza, l’intensità e lo spessore creativo di quelle maschili.

Questa tesi è clamorosamente smentita con il caso di Fanny Hensel sorella di Felix Mendehlsson Bartholdy. Le opere scritte da questa donna quando sono eseguite in pubblico, poiché si riteneva disdicevole per una ragazza cimentarsi con la composizione, sono attribuite al fratello. Nessuno dei presenti alle esecuzioni, nemmeno la regina Vittoria d’Inghilterra, si è mai accorto della differenza tra i lavori dell’uno o dell’altra e ciò sta a significare che erano qualitativamente equivalenti.

Clara Schumann invece grande pianista, oltre che compositrice, pubblica i suoi lavori a suo nome ma essi , pur riscuotendo un discreto successo, rimangono sempre nel cono d’ombra delle opere del marito.

Un capitolo a parte meritano le cantanti che si sono dedicate anche nella composizione. Tra esse occorre ricordare Isabella Colbran, Maria Malibran, le sorelle Sessi, Pauline Viardot, Marietta Brambilla e Caroline Sabatier, prima interprete quest’ultima, della Nona sinfonia di Beethoven. Queste artiste acclamate sulle scene per le loro qualità vocali, ci hanno lasciato diverse composizioni di musica da camera molto interessanti dal punto di vista stilistico. Curioso il fatto che non abbiano composto opere; la cosa si spiega col fatto che per esse il teatro, l’opera si identificano con il lavoro, la musica da camera, eseguita nei salotti, rappresentava un diversivo. E poi loro stesse sapevano che, quand’anche avessero composto un lavoro teatrale, ben difficilmente sarebbero riuscite a farlo eseguire. Un esempio eclatante in questo senso è quello di Carlotta Ferrara che nel 1857 dovette accollarsi tutte le spese di produzione affinché una sua opera Ugo, fosse data in un teatro, e poi nonostante il buon successo ottenuto, non venne più replicata.

Ancora all’inizio del ‘900 le cose non vanno benissimo anche se troviamo una donna Germaine Talleferre, nel Gruppo dei 6 a Parigi, ma ancora una volta la cosa ha il carattere dell’eccezione, della curiosità quasi eccentrica. Il numero delle donne compositrici aumenta, soprattutto nei paesi anglosassoni, all’indomani della II guerra mondiale, cimentandosi con altre tipologie di musica ad esempio la musica jazz o quella rock.

La strada da compiere è ancora molto lunga, ma la cosa più importante è intraprendere un percorso di consapevolezza e conoscenza: donne creative musicalmente nella storia ci sono sempre state, imparare a conoscerle può aiutarci ad abbattere pregiudizi oltre che a farci ascoltare tanta altra bella musica.



* SIS, Società Italiana delle Storiche



(28 febbraio 2011)



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