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Accordi femminili (prima parte)

Accordi femminili (prima parte)

Artiste - Relegate al ruolo di muse ispiratrici, alle donne non è stato riconosciuto l'estro creativo. Nella musica, ad esempio...

Bertolini Tatiana Sabato, 15/01/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2011

Nella storia dell’arte è molto difficile se non raro imbattersi in figure femminili che abbiano avuto un ruolo di soggetti creativi. In genere esse sono state spesso oggetto: oggetto da ritrarre, da rappresentare sulle scene in prosa o in musica, da idealizzare o denigrare secondo i modelli che esse rappresentavano ma raramente soggetti, cioè autrici.

Benché le muse siano di sesso femminile gli artisti sono stati, in prevalenza uomini, ed alle donne nella realtà è quasi sempre stato riservato il ruolo perverso, appunto, della musa ispiratrice.

Pure vi sono state pittrici, scultrici e anche compositrici. Come mai sono meno famose dei loro colleghi uomini?

Un luogo abbastanza comune che si sente negli ambienti musicali è che le allieve che studiano nei conservatori siano più brave in Storia della musica, e quindi più portate per la critica e la musicologia, che non in materie come armonia e composizione. Questa idea ne sottende un’altra e cioè cha alle donne manchi il requisito fondamentale per un artista: ovvero la creatività.

Basti pensare del resto alla scarsa considerazione che hanno sempre avuto le scrittrici, specie nell’800, i cui lavori erano guardati con sufficienza dalla critica maschile.

Alla fine anche in campo musicale si è dovuto ammettere, seppur a denti stretti, che anche le donne sono in grado di comporre, ma, ovviamente con risultati di gran lunga inferiori rispetto a quelli dei compositori.

Eppure non è stato sempre così. Semplicemente il XX secolo è stato pesantemente condizionato dal precedente XIX, uno dei più bui e peggiori per quanto riguarda la condizione della donna e le opinioni che si sono fatte su di essa. In realtà andando indietro nei secoli in alcuni momenti della storia del mondo occidentale le cose andavano assai diversamente.

Quando ho iniziato a lavorare sulla mia Tesi di laurea, una ricerca appunto sulle donne compositrici, temevo di non trovare materiale a sufficienza e, invece, ho scoperto che nella storia della musica vi sono numerosissime compositrici, presenti in tutte le epoche.

Le possiamo infatti trovare già presso gli antichi Sumeri, la più famosa delle quali è Enhendianna sacerdotessa di un’importante divinità quale Innanna.

Anche nella Roma patriarcale riesce a farsi strada una compositrice: Calpurnia, purtroppo di essa non è giunto nulla a noi ma giova ricordare che niente della musica romana si è salvato. Nel medioevo accanto ai trovatori ecco le Trobadir, donne trovadore, al tempo altamente considerate.

La maggior parte di esse era di origini aristocratiche, quali la celebre Contessa de Dia, Maria di Ventadom, figlia del Visconte di Turenne, o Garsenda contessa di Provenza. Le cronache del tempo ci dicono che la donna trovadora era colta e sapeva ben trobar. Non ci si poneva dunque aprioristicamente il problema sulla qualità artistica dei suoi lavori.

Nei conventi emerge invece la figura di Santa Ildegarda. Le musiche di quest’ultima hanno avuto tra l’altro una curiosa riscoperta nel decennio scorso sull’onda della New Age.

Del resto i conventi, specie nel XVII e XVIII secolo, erano i luoghi nei quali le donne, pur con tutte le restrizioni imposte dalla vita monastica, riuscivano ad esprimere la loro creatività.

Rimanendo nell’ambito della musica profana con il Rinascimento si apre una stagione importante per le musiciste che nelle varie corti riescono a praticare quest’arte.

L’esempio più famoso è quello di Ferrara con il Concerto delle Dame. Si trattava di un gruppo di musiciste, esecutrici e cantanti, che sotto la guida di Tarquinia Molza, cantante e compositrice, si esibivano nei cosiddetti concerti di Musica Reservata. Questo termine stava a significare che erano concerti riservati solo al Duca e alla sua Corte. Le esecuzioni musicali erano estremamente raffinate e invano le altre Corti nel Nord Italia avevano tentato di attirare presso di loro queste artiste.

Ancora all’inizio del 1600 Francesca Caccini, che lavorava alla Corte fiorentina, figlia d’arte (il padre Giulio era un famoso compositore), era assai più acclamata del padre al punto da esserne maggiormente retribuita.

A noi è giunta una raccolta di sue musiche, che sono raramente eseguite, ma da una lettura degli spartiti non si può certo affermare che la loro musica sia qualitativamente inferiore a quella dei “compositori uomini” coevi.

Lo stesso valga per Maddalena Casulana, madrigalista vissuta in Toscana nel ‘500, e ricordata dal letterato senese Giulio Piccolomini che la pone “tra i musicisti senesi che fiorirono con maggior lode”. Le opere di questa autrice sono pubblicate nei vari volumi dell’antologia Il Desiderio, che raccoglieva le composizioni dei principali madrigalisti del tempo quali Orlando di Lasso o Cipriano de Rore.

Giova infine ricordare un’altra compositrice attiva sempre nell’ambito delle Corte fiorentina quale Fausta Borghi.

La maggior parte di queste donne vive nelle Corti, ma per esse si presenta spesso un ulteriore problema che è quello della retribuzione. È considerato disdicevole, infatti, che una donna sia pagata per il proprio lavoro, essendo il meretricio l’unica attività per la quale in genere nel corso dei secoli la donna veniva retribuita. L’esempio di Francesca Caccini è quasi un’eccezione.

Così come nel caso della famosa pittrice Sofonisba Anguissola, ritrattista ufficiale alla Corte di Spagna che non poteva firmare i suoi quadri ed era pagata in tessuti e gioielli ma mai in danaro.

La stagione del Rinascimento però è destinata a finire e anche per le donne, specie dopo il Concilio di Trento, diviene ancor più difficile avere propri spazi specie in ambito creativo.

(segue)





(17 gennaio 2011)

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