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Aborto farmacologico: l'associazione AMICA scrive alla ministra Lorenzin

Aborto farmacologico: l'associazione AMICA scrive alla ministra Lorenzin

AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto): lettera aperta alla ministra Beatrice Lorenzin

Mercoledi, 16/12/2015 - Riceviamo e pubblichiamo



AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto)



La legge 194 del 1978 raccomanda “la promozione delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza” (art. 15). L’aborto farmacologico è sicuro ed è considerato il metodo di scelta per le IVG nelle prime settimane di gravidanza da tutte le più importanti linee guida internazionali. In Italia è stato introdotto nel 2009 (ben 20 anni dopo la messa in commercio in Francia), anche se era già utilizzato dal 2005 in “via sperimentale”.



In molti Paesi del mondo le “pillole abortive” vengono dispensate in regime ambulatoriale, in strutture analoghe ai nostri consultori o addirittura dai medici di medicina generale: in Francia (ma non solo) dal 2004 esiste una rete sanitaria “medico curante-ospedale” rete finanziata con fondi pubblici che permette di effettuare una IVG farmacologica al di fuori della struttura ospedaliera. Questo dovrebbe essere possibile anche in Italia secondo quanto stabilito dalla legge 194: “Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione”. (art.8). A tutt’oggi, invece, nel nostro Paese l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico viene eseguita in regime di ricovero ordinario (solo in 4 regioni in regime di Day Hospital), nonostante i dati sull’IVG farmacologica riportati dal Ministero confermino che le donne che vi si sono sottoposte hanno scelto nella stragrande maggioranza le dimissioni volontarie dall’ospedale, senza che questo abbia comportato un aumento delle complicazioni. Tali dati sono sovrapponibili a quelli riportati nel resto del mondo, dove la procedura viene eseguita per la gran parte in regime ambulatoriale.



Ci chiediamo perché dunque in Italia dobbiamo ancora occupare un letto ospedaliero quando non ve ne è necessità?



Il concetto di appropriatezza, fortemente sostenuto dalla Ministra della Salute Beatrice Lorenzin, si pone ormai al centro delle politiche sanitarie nazionali, regionali e locali costituendo la base per compiere le scelte migliori, sia per il singolo paziente che per l'intera collettività. Il ricorso inappropriato alle prestazioni rappresenta un fattore di notevole criticità, in grado di minare alle fondamenta la sostenibilità e l'equità del sistema.



In accordo con tale orientamento AMICA, Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto, ha inviato una lettera aperta alla Ministra della Salute Lorenzin richiamando la sua attenzione sulla grossolana inappropriatezza del regime di ricovero ordinario per l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico, un’inapropriatezza che pesa significativamente sulle casse del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Nella lettera si richiede alla Ministra di rendere accessibile l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall’articolo 8 della legge 194, o, quando necessario in regime di Day Hospital, e non, come oggi avviene nella maggior parte dei casi, in regime di ricovero ordinario.

Sostengono la nostra richiesta operatori ed esperti della sanità, politici e parlamentari, rappresentanti del mondo della cultura e della politica, associazioni. (Contatti: mailtoamica17@gmail.com)



Roma, 9 dicembre 2015



Lettera aperta alla Ministra della Salute Beatrice Lorenzin

Gentile Ministra Lorenzin,

Lei sostiene -a nostro avviso giustamente - che il concetto di appropriatezza “si ponga ormai al centro delle politiche sanitarie nazionali, regionali e locali, costituendo la base per compiere le scelte migliori, sia per il singolo paziente che per l'intera collettività: il ricorso inappropriato alle prestazioni rappresenta infatti un fattore di notevole criticità, in grado di minare alle fondamenta la sostenibilità e l'equità del sistema” Secondo le valutazioni del Dicastero da Lei diretto, evitare l’inappropriatezza nelle prescrizioni e nelle prestazioni potrebbe portare ad un risparmio di oltre 10 miliardi di euro.

Vogliamo allora richiamare la Sua attenzione su una grossolana inappropriatezza, che pesa significativamente sulle casse del nostro Sistema Sanitario Nazionale e che riguarda l’applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, con particolare riferimento al metodo farmacologico.

Come Lei sa nel nostro paese dopo il 2009 è possibile interrompere una gravidanza indesiderata con il metodo farmacologico entro la settima settimana di amenorrea. Poiché la legge 194 raccomanda “la promozione delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza” (art. 15) tale metodo va favorito in alternativa alla procedura chirurgica, poiché sicuro e considerato tra i metodi di scelta per le IVG nelle prime settimane di gravidanza da tutte le più importanti linee guida internazionali.



In molti Paesi del mondo le “pillole abortive” vengono dispensate in regime ambulatoriale, in strutture analoghe ai nostri consultori o addirittura dai medici di medicina generale: in Francia (ma non solo) dal 2004 esiste una rete sanitaria “medico curante-ospedale” rete finanziata con fondi pubblici che permette di effettuare una IVG farmacologica al di fuori della struttura ospedaliera.



Questo dovrebbe essere possibile anche in Italia, la legge 194 del 1978 prevede che: “Nei primi novanta giorni gli interventi di interruzione della gravidanza dovranno altresì poter essere effettuati, dopo la costituzione delle unità socio-sanitarie locali, presso poliambulatori pubblici adeguatamente attrezzati, funzionalmente collegati agli ospedali ed autorizzati dalla regione. (art.8)



Nel 2010 il Consiglio Superiore di Sanità, su richiesta del Ministero della Salute e in assoluta discordanza con i dati di evidenza scientifica, ha sostenuto in ben tre pareri, che l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico deve essere eseguita in regime di ricovero ordinario, “fino alla verifica della completa espulsione del prodotto del concepimento”. In altre parole: per assumere due farmaci si prevede un ricovero di almeno di tre giorni.

Non essendo il parere del Consiglio Superiore di Sanità vincolante, alcune Regioni hanno adottato il regime di ricovero in Day Hospital per la procedura farmacologica di IVG, seguendo un criterio di maggiore appropriatezza sia clinica che organizzativa dal momento che è appropriato il setting assistenziale che arreca migliore o identico beneficio al paziente con minor impiego di risorse.

In questi anni i dati sull’IVG farmacologica riportati dal suo stesso Ministero confermano che le donne che vi si sono sottoposte hanno scelto nella stragrande maggioranza le dimissioni volontarie dall’ospedale, senza che questo abbia comportato un aumento delle complicazioni.Tali dati sono sovrapponibili a quelli riportati nel resto del mondo, dove la procedura viene eseguita per la gran parte in regime ambulatoriale.

Perché dunque in Italia dobbiamo ancora occupare un letto ospedaliero quando non ve ne è necessità?



Gentile Ministra Lorenzin,

in virtù dello sforzo cui Lei chiama tutti noi, medici e cittadini, al fine di migliorare l’appropriatezza delle prestazioni, Le chiediamo di adoperarsi per rendere accessibile l’interruzione volontaria di gravidanza con il metodo farmacologico nei consultori familiari e nei poliambulatori, come previsto dall’articolo 8 della legge 194, o, quando necessario in regime di Day Hospital, e non, come oggi avviene nella maggior parte dei casi, in regime di ricovero ordinario.

Le risorse finanziarie così risparmiate potrebbero entrare a far parte degli investimenti da Lei stessa auspicati, fra tutti il potenziamento della rete dei consultorie un più facile accesso alla contraccezione, onde evitare le gravidanze indesiderate e concretamente il ricorso all’aborto.




AMICA (Associazione Medici Italiani Contraccezione e Aborto)



Cristina Damiani Presidente di AMICA,Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata

Patrizia Facco Ospedale Sandro Pertini Roma

Paola Lopizzo Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata

Marina Marceca Ospedale San Filippo Neri Roma

Gelsomina Orlando Azienda Ospedaliera San Giovanni Addolorata

Mirella Parachini Ospedale S.Filippo Neri Roma

Anna Pompili Consultori RME

Daniela Valeriani Azienda Ospedaliera San Camillo-Forlanini

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