Login Registrati
Aborto clandestino, la depenalizzazione penalizza le donne

Aborto clandestino, la depenalizzazione penalizza le donne

No alle sanzioni per le donne che ricorrono all’aborto clandestino, è la petizione lanciata sul web contro il decreto legislativo 8, del 15 gennaio 2016, che depenalizza il reato di aborto clandestino ma inasprisce le sanzioni amministrative.

Venerdi, 12/02/2016 -
No alle sanzioni per le donne che ricorrono all’aborto clandestino, è la petizione lanciata sul web contro il decreto legislativo 8, del 15 gennaio 2016, che depenalizza il reato di aborto clandestino ma inasprisce le sanzioni amministrative.



Le donne che abortiranno clandestinamente entro i 90 giorni, saranno condannate al pagamento di una multa: da un minimo di 5mila ad un massimo di 10mila euro (lo stesso decreto prevede la cancellazione del reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza). L’articolo 19 della 194 prevedeva, invece, una sanzione più che sostenibile di 51 euro (100mila lire ai tempi dell’approvazione della 194), che lasciava alle donne la possibilità di andare in ospedale in caso di complicazioni post intervento e anche di denunciare chi praticava aborti fuori dalla struttura pubblica. Ma adesso, questa salatissima multa che si abbatterebbe come un macigno sulle scarse risorse economiche di precarie, immigrate o indigenti, potrebbe diventare un deterrente per il ricorso alle cure ospedaliere con gravi conseguenze sulla loro salute.

Si ritorna all’aborto clandestino e il governo Renzi pare fare di tutto perché resti in clandestinità.



L’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani per non attuare pienamente la legge 194 e l’obiezione di coscienza continua a ostacolare l’applicazione della legge costringendo le donne all’aborto clandestino e questa nuova norma interviene a gamba tesa sul problema con un’azione sanzionatoria che metterà le donne con le spalle al muro. Lo denunciano le ostetriche e le ginecologhe fautrici della petizione che, rivolgendosi alla ministra Lorenzin, chiedono al Governo di adoperarsi concretamente contro gli aborti clandestini attraverso “la reale accessibilità alla metodica farmacologica che dovrebbe essere eseguita fino a 63 giorni, l’ampliamento e il miglioramento della rete dei consultori, l’educazione alla contraccezione nelle scuole e la gratuità della contraccezione, efficace e sicura”.



Nella petizione si ricorda alla ministra Lorenzin quale fosse la grave situazione dell’aborto clandestino prima della legge 194 e quanto fosse grande l’angoscia delle donne che, nonostante la severità delle pene, rischiavano la loro stessa vita per interrompere gravidanze non volute. E allora perché il governo Renzi sanziona le donne invece di mettere quel benedetto tetto all’obiezione di coscienza per rendere pienamente applicabile la 194?

Anche D.i.Re contro la violenza ha criticato la nuova normativa che “sembrerebbe finalizzata a disincentivare gli aborti clandestini e invece sperimenta, sulla pelle delle donne, nuove misure punitive. Invece di promuovere campagne di sensibilizzazione e, soprattutto, rendere più accessibile l’aborto farmacologico in regime di day hospital o possibile nei consultori familiari e nei poliambulatori – la RU486 viene utilizzata solo nel 10% negli ospedali, perché i costi di tre giorni di ricovero, previsti solo nel nostro Paese, sono altissimi – il governo è intervenuto, ancora una volta, in un’ottica non funzionale ed esclusivamente moralistica, ignorando completamente le ragioni per cui la legge 194 comminava una multa simbolica, ovvero permettere alle donne di denunciare i cucchiai d’oro che praticavano aborti fuori dalla struttura pubblica ma, soprattutto, permettere loro di andare in ospedale al primo segno di complicazione e salvarsi la vita”.



I dati sull’obiezione di coscienza continuano ad essere snocciolati da tempo, monitorati dai ginecologi della Laiga, ma il governo Renzi, come quelli precedenti, in una logica di restaurazione del controllo del corpo delle donne, ha issato un muro di gomma contro l’allarme sull’aumento degli aborti clandestini mentre il parlamento più rosa della storia italiana ben poco si muove per tutelare la salute delle donne. Fino ad oggi sono state presentate due proposte di legge per porre un tetto all’obiezione di coscienza: quella del Movimento 5 Stelle nel 2013 e quella più recente di Possibile.



In Italia, il 70 per cento dei medici e degli infermieri sono obiettori di coscienza, e ci sono Regioni dove l’obiezione è ancora più alta. La Calabria è al 73%, la Campania all’82%, in Puglia gli obiettori di coscienza sono l’86% del totale, in Sicilia siamo all’87,6 % e nel Lazio l’80%. In Basilicata siamo arrivati al 90 % di obiettori e in Molise al 93,3%. In quella Regione sono solo due i medici che applicano la legge 194 e praticano l’interruzione volontaria della gravidanza. Il dato più impressionante è che, se si escludono la Valle D’Aosta che è al 13, 3 % e la Sardegna che è al 49,7%, tutte le Regioni sono sopra il 50% di obiettori.



Per molte donne ricorrere all’Ivg legalmente, è diventato un percorso ad ostacoli e contro il tempo e le straniere sono quelle a cui tocca l’ostacolo più alto. La normativa non ha minimamente preso in considerazione la loro condizione. Lisa Canitano, ginecologa presidente di Vitadidonna, ha spiegato che la nuova normativa è un vero e proprio caso di incitamento all’aborto clandestino perché “il Stp, (straniero temporaneamente presente) permette a tutti, anche privi di documenti, di essere assistiti nelle strutture pubbliche senza essere segnalati, tranne chi proviene da un altro paese europeo e che ha una tessera sanitaria europea valida ovunque nell’Unione. Le donne rumene, però, non hanno questa tessera, perché il loro governo non gliela fornisce. Di conseguenza non possono usufruire né dell’Stp né dell’assistenza per i cittadini europei. Per metterle in sicurezza è stata prevista la categoria dell’europeo non iscritto e una tessera speciale che si chiama Eni. Ma molte regioni non la riconoscono, neppure Emilia, Toscana o Lombardia. Quindi le donne rumene possono abortire in ospedale, ma pagando 1.200 euro. E’ dunque ovvio che ricorrano piuttosto a un medico privato che pratichi loro l’aborto a meno della metà. E poi se hanno complicazioni, se gli viene la febbre a 40, stanno a casa sperando che gli passi. Anche le donne nigeriane fanno molti aborti clandestini. Fra loro ci sono prostitute cui gli sfruttatori danno i farmaci che inducono l’aborto. Quando stanno male e arrivano in ospedale magari hanno otto compresse abortive in vagina”.



In tema di salute riproduttiva delle donne si va di male in peggio, il governo Renzi resta inerte davanti allo svuotamento della 194 e abbatte i diritti di tutte.

Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®