Estate dei femminicidi - Progressi delle leggi e contraddizioni nei rapporti tra i due sessi. Perché il "partire da sé" femminista non diventa il "partire da noi" degli uomini?
Giancarla Codrignani Lunedi, 09/08/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2010
Oddio, non ditemi che l'estate sta finendo! Quest'anno le difficoltà erano già aumentate, anche se, tutto sommato, quasi nessuna ha rinunciato alle ferie per il bisogno particolare di tregua, dopo un anno così "tirato".
A dire il vero, però, non debbono essere state un gran che le notti rosa della riviera romagnola o i balli sull'alpe e tanto meno i campionati del pallone, se non ci troviamo l'animo sollevato adesso che pensiamo alla bambina più piccola che non è riuscita a essere in lista per l'asilo comunale e chissà se ce la faremo a pagare la retta dalle suore.
Comunque, lo diciamo nel femminismo, dobbiamo "partire da noi" e perfino il Vangelo raccomanda di amare il prossimo "come noi stesse". Che sono robe vere, ma che funzionano a scatti. Adesso sembra proprio che anche partendo da noi non abbiamo molto da cui trarre rassicurazione.
L'estate è trascorsa conteggiando femminicidi. L'ira maschile ha infierito perfino sugli uomini stessi con suicidi successivi agli ammazzamenti di donne, a dimostrazione di quanto la violenza connoti il ruolo maschile, ormai pericoloso a se stesso e alla società dentro la quale portano la guerra. Troppi chiamano amore il senso della proprietà, il possesso di un corpo femminile legittimato dalla conquista che imprime il marchio per sempre, anche se loro hanno altre relazioni e se la fine del sentimento reciproco è stata sancita, ma dalla parte sbagliata, da "lei" che si è permessa di rifiutarti, magari dopo offese, tradimenti e percosse. Nel "cacciatore" che "conquista" la "preda" sopravvive il Neanderthal.
Diceva a caldo l'amica Maria Di Rienzo (intitolando un suo scritto Dead Women Walking) che la pubblicistica sui delitti ha aggravato il giudizio da dare ai tragici fatti, esprimendo concetti terrificanti, come "il fine corsivo di un maestro della penna, che dopo aver vomitato tutto il suo odio verso le donne concludeva, letteralmente, con l'invito agli uomini a praticare sesso solitario dietro le siepi, piuttosto di aver a che fare con le loro simili". Giustamente ne consegue che "Signori, se le vostre relazioni con le donne sono composte di calci, pugni, ingiurie, ricatti e persecuzioni, per favore, dategli ascolto. E spingetevi ancora più in là: state distanti, nel vostro club di uomini con il pelo sul petto, e se sentite il bisogno di ‘donne’ ritagliate le loro figurine dai vostri giornali e riducete in pezzi quelle, non noi. Noi siamo fatte di carne, sangue e spirito. Noi vogliamo vivere".
Ci si è messa anche la Giustizia; la quale sarà una statua con il corpo di donna esibita nei tribunali, ma resta, purtroppo, foggiata dagli uomini e omologata al maschile, come tante di noi. Infatti è uscita dalla Corte di Cassazione una bella sentenza, emblematica, sul caso della signora che aveva ottenuto ragione nei primi due gradi del processo intentato per percosse, ingiurie e maltrattamenti a carico del marito. La Suprema Corte ha infatti accolto le ragioni maschili e ha dichiarato che la signora era "scossa ed esasperata" e che i giudici di primo e secondo grado avevano "scambiato per sopraffazione... un clima di tensione fra coniugi" e, pertanto, andava accolta la tesi del marito che, pur parzialmente confesso, giudicava la moglie "di carattere forte". Quanto al reato di maltrattamenti "occorre che sia accertata una condotta abitualmente lesiva della integrità fisica e del patrimonio morale della persona offesa". Dunque, anche un "supremo giudice", in un paese presunto civile, aspetta che le donne vengano ammazzate, come qualunque talebano in Afghanistan.
Fortunatamente, tanto per fare ironia, Natalia Aspesi ci ha ricordato che l'anno prossimo potremo "celebrare" il ventennale delle legge 442, che cancellò dal Codice Penale l'art. 587, quello che giustificava il delitto d'onore. Quello che - se lo ricordino parola per parola le ragazze giovani - sollevava dalla responsabilità omicida l'uomo che "nello stato d'ira determinato dall'offesa recata all'onor suo (cioè del maschio) e della famiglia (altrettanto sua) uccida una moglie, una sorella, una figlia scoperte in relazione carnale”, naturalmente illegittima anche se voluta dalla donna. Non diciamo che non è diritto proprietario....
Con il matrimonio la donna diventava proprietà di quello che, a sua volta, acquistava il titolo di "capofamiglia". Anche questa denominazione è stata cancellata dal vocabolario italiano e non solo dal lessico giuridico dal nuovo diritto di famiglia (1975) perché nega la libertà femminile e le attribuisce il ruolo domestico virtuoso. Le altre donne erano escluse e, ovviamente, se non erano "donne di altri" da rispettare per patto fra (gentil)uomini, erano donne pubbliche, potenziali puttane. I costumi si sono modificati in fretta, ma è rimasto lo sguardo mentale fisso sulla donna/oggetto e sulla donna/immagine.
Da qui le molestie e lo stalking, da qui la pubblicità, le veline, la TV, i siti porno.
Puntuale l'attacco alla libertà femminile da parte delle forze cosiddette cattoliche. A Roma la neoeletta Olimpia Tarzia - leader del Movimento per la vita, del Comitato per la Famiglia, del Nuovo femminismo - ha presentato una proposta di legge regionale di (dis)applicazione della 194 con i dissuasori nei consultori, destinati a diventare portatori dei valori della famiglia riproduttiva e possibili consulenti della magistratura; potranno essere convenzionati con enti di carattere non medico-sociale, ma "etico".... e quattro - diconsi quattro - consiglieri PD, maschi e cattolici hanno firmato questo scempio che ci informa sul futuro del federalismo.
Dal Vaticano non ci aspettavamo nulla, nonostante la necessità di riformare le norme canoniche dopo gli scandali pedofili. I quali hanno, sì, favorito un sussulto di legalità all'interno della Chiesa cattolica (anche se la pedofilia resta un crimine contra mores e non "contro la persona"), ma figuratevi se non ci hanno inserito qualcosa contro di noi: tra i "delitti gravissimi" (più grave della pedofilia) c'è l'ordinazione delle donne....
Spiegare giova fino a un certo punto. Non giustifica la rassegnazione sociale generalizzata, ma soprattutto non giustifica la responsabilità politica perché chi fa le leggi deve anche curarne la retta applicazione nel costume. Resta penosamente assente ogni autocritica dei maschi rispetto a se stessi. E noi siamo sostanzialmente sole.
E lamenteremo che, tra i conti scoperti destinati ad essere drasticamente esigiti sul piano economico, si registrerà un altro passo indietro imposto alle donne come esseri umani, in relazione ai posti di lavoro, al precariato, alle pensioni, ai mutui delle madri sole, ai debiti, alla spesa quotidiana.... Con la solita, oggi ancor più bruciante, contraddizione, dei poteri che travedono/trascurano il soggetto, che pur sarebbe il più necessario come partner attivo per superare i sacrifici sociali senza perdere totalmente i benefici generali. Contraddizione che non si risolve, perché il "partire da sé" femminista non diventa il "partire da noi" degli uomini oltre che delle donne.
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