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AAA Cercasi terapia per curare i violenti

AAA Cercasi terapia per curare i violenti

Il violento è espressione e prodotto di un intero sistema sociale sessista, discriminatorio e maltrattante. Quindi "in terapia" dovrebbero andare tutte le istituzioni

Domenica, 25/09/2016 - AAA cercasi terapia per curare i violenti

Raffaella Mauceri



Cercasi vaccino, pillola, pomata, endovena, intervento chirurgico, insomma qualcosa per far sì che gli uomini la smettano di picchiare, stuprare e uccidere le donne. Scherziamo? Non proprio.

Il pensiero ci trafigge il cervello ogni volta che ci capita di leggere di terapie sperimentali. In linea di principio, infatti, è tale e tanta la disperazione che daremmo il benvenuto anche ad una pozione magica, un intruglio da fattucchiere, un colpo di bacchetta magica…qualunque cosa, insomma!

Se non fosse che, stando ai calcoli dell’Onu, i maschi violenti (diretti, accertati e manifesti) sono almeno un terzo della popolazione maschile mondiale, cioè milioni di milioni. E prenderli uno per uno in terapia sarebbe come cercare di vuotare l’oceano con un bicchiere. Senza contare che l’operazione avrebbe costi stellari, assolutamente insostenibili per qualsiasi paese, figuriamoci per il nostro!

Ma soprattutto perché, a parte quel 5-6% di soggetti violenti clinicamente disturbati che hanno bisogno di un trattamento psichiatrico tout court (anche se, guarda caso, anche loro scelgono vittime di genere femminile…), tutti gli altri sono lucidi, consapevoli e pure orgogliosi di essere violenti perché far paura alle vittime li fa sentire onnipotenti.

Da qui, le nostre perplessità di fronte alle ipotesi e agli esperimenti di trattamento/ recupero/rieducazione/reinserimento dei maschi violenti. Da qui la domanda: ma nel frattempo non possiamo attivare o potenziare altre “terapie” più concrete che partano dal concetto che il maltrattante di donne prima di tutto è un criminale? Lo si fa con i mafiosi, con i ladri, con gli spacciatori….perché non anche con i maltrattanti di donne? Perché con loro si tirano fuori il “raptus”, il “delitto d’impulso” e il “delitto passionale” (altro nome del vecchio delitto d’onore)? Perché a loro si concede di tutto: il patteggiamento, le attenuanti, gli sconti, i domiciliari, i premi…?

Non sarà perché il maschio violento è espressione e prodotto di un intero sistema sociale sessista, discriminatorio e maltrattante in cui, di dritto o di traverso, consapevolmente o inconsapevolmente, si identifica gran parte del genere maschile? Non sarà che il maschio violento è il braccio armato di una società maschile che, chi più chi meno, odia le donne? O non le ama o le considera inferiori o non gliene frega niente? O pensa che è colpa loro se si fanno uccidere perché magari rompono o non ubbidiscono o pensano di poter fare quello che gli pare?

Ecco perché noi auspichiamo ben altre terapie per altri soggetti e con altre modalità. Pensiamo, ad esempio, ad una terapia riabilitativa per il nostro governo disabile che continua a produrre leggi incapaci di arginare il femminicidio che, nel frattempo, si è ulteriormente involuto e trasformato in famigli-cidio, cioè in strage familiare.

Un governo disabile e sporcaccione incapace di capire che se continua a sostenere che la prostituzione è un mestiere come un altro, approva i 9 milioni di italiani che fanno sesso a pagamento affinché possano continuare ad esercitare quello che essi ritengono sia un servizio sociale per soli uomini. Sono loro, infatti, sono i cosiddetti “clienti” che, comprando carne umana femminile, foraggiano i trafficanti della tratta. Chi altri sennò? Dopodiché si auto-assolvono dicendo che quello della prostituta è un mestiere insopprimibile, inestinguibile, ineliminabile perché è il mestiere più antico del mondo. Sporcaccioni, ignoranti e falsi perché il mestiere più antico della donna è quello di fare la madre, non la prostituta. Nei paesi dove non c’è posto per la prostituzione, infatti, la violenza, lo stupro e il femminicidio sono un fenomeno di nicchia.



Altra terapia riabilitativa occorrerebbe d’urgenza al sistema-giustizia affetto da lentezza patologica e misoginia acuta. Un paio di esempi?



1 - A Roma due abusanti delle ragazzine prostituite (che la stampa complice degli abusanti, chiama “baby squillo” come se fossero del mestiere) confessano di sapere che erano minorenni, e se la cavano con una multa di mille euro a testa, manco avessero posteggiato in zona disco.

2 – A Siracusa Simona La Rosa ha presentato 10 denunce DIECI contro il suo stalker. Alla fine non è stata liberata dalle istituzioni preposte a questo compito, ma da un’intervista a “Le Iene”.

Del resto è notorio che l’80% delle donne assassinate, muoiono dopo aver presentato numerose denunce giacché le istituzioni non riescono a prevenire/intervenire/tutelare le donne a rischio.

Figurarsi le denunce per diffamazione che giacciono per anni e anni sotto una coltre di polvere fino, a volte, alla prescrizione!



Non dimentichiamo una terapia anche per il sistema sanitario stante che sono ancora molte le città italiane dove i medici vedono i segni delle percosse e fanno finta di niente, e alla faccia del Codice Rosa, non si prendono nemmeno il disturbo di indicare alla vittima un centro antiviolenza. Per non dire dei medici che picchiano le mogli o dei ginecologi che molestano le pazienti, o si dichiarano massicciamente obbiettori di coscienza, salvo poi a riceverle nei loro studi privati e fare l’ivg a pagamento. L’occasione, infatti, ci è gradita per suggerire alle donne di rivolgersi alle dottoresse incrementando così la fiducia e la stima reciproca.



E una bella terapia per le Forze dell’Ordine, no? Se beccano in flagranza di reato un ladruncolo con una cesta di limoni, lo portano in carcere e il pericoloso criminale viene processato per direttissima e condannato in men che non si dica. Quando invece una donna con la faccia tumefatta o il naso rotto o un braccio appeso al collo, va a denunciare il marito violento, c’è ancora il poliziotto di turno che sbalordisce ed esclama: “Signora! ma che cosa ha fatto per fare imbestialire suo marito in questo modo?”. Dopodiché chiama uno di quei centri antiviolenza che a puro titolo di volontariato rispondono (per davvero) 24 h, e dice: “Abbiamo una donna con due bambini che non può tornare a casa perché lui l’ha minacciata di morte. Venite a prenderla?”.

Accaduto a Genova: Lui 77 anni, lei 76. La donna chiama i carabinieri perché il marito la picchiava, i militari arrivano, lo calmano (?) e se ne vanno. Poco dopo, il dramma annunciato, anzi annunciatissimo: l’uomo, già denunciato più volte per maltrattamenti sin dal 2012, strangola la moglie.



E passiamo alla scuola. Da 40 anni le femministe dicono e ripetono e ribadiscono, inascoltate e disperate, che occorre inserire nei programmi l’educazione al sentimento, l’educazione al rispetto, l’educazione alle differenze. Ma da quest’orecchio le alte sfere non ci sentono e così nel frattempo, la violenza è scesa fino alle scuole elementari, dove si sono rilevati casi di emulazione dello stupro singolo o di gruppo, a soli otto-nove anni. Nel caso in cui sono più grandicelli, tipo quei cinque giovanotti di buona famiglia che hanno stuprato tutti e cinque a turno una coetanea, i loro padri invece di accompagnarli ad un ufficio di polizia a poderosi calci nel fondoschiena, ripetono in coro con i loro avvocati: “Ma suvvia, è stata una ragazzata!”.

Segno evidente che a poderosi calci nel fondoschiena andrebbero accompagnati loro: i padri.



Altra piaga di enorme estensione e gravità per la quale non si riesce a trovare una terapia sono i pedofili, che si contano a milioni, specie quelli con la tonaca che sono in assoluto i più ripugnanti. Ogni anno l’associazione Meter scopre centinaia di nuovi siti pedopornografici dove si mostrano, e si smerciano, bambini da zero anni in su. E decine di migliaia di visitatori pagano fior di quattrini per acquistare prima le sequenze e poi i corpicini di questi piccoli innocenti violentati e seviziati. Per costoro molti invocano la castrazione. Ma al di là delle invocazioni, di fatto nessuno fa niente. Compreso il papa che appena insediato annunciò un bel repulisti e non ha fatto un bel nulla.



Dulcis in fundo, la stampa dove gran parte dei cronisti/e di nera che nella loro vasta incompetenza e disgustosa insensibilità, ci descrivono un femminicidio come una romantica storia d’amore dove la donna moribonda o uccisa esce di scena, e al centro della cronaca resta lui, l’assassino “un pover’uomo distrutto dal troppo amore che non accetta che lei lo lasci perché lei era sua e basta”. Gli manca soltanto la medaglia al valore e il quadro è completo.



E adesso ecco un esempio clamoroso della necessità di svariate terapie intrecciate:

Latina (Roma)

1 - Lei lo denuncia per stalking

2 - Scatta l'ordine di allontanamento dello stalker di ben 300 metri

3 - Lui vieppiù inferocito dalla denuncia, va a casa della denunciante (sicuramente a piedi) e la prende a

martellate in testa.

4 - Il Tg 5 tiene a precisare che lui era "in preda alla follia".

Risultato:


- Arrestato SOLTANTO l'uomo col martello.

- Non il LEGISLATORE che vorrebbe fermare la strage con gli ammonimenti e gli allontanamenti.

- Non la POLIZIA che avrebbe dovuto indirizzare la donna ad un centro antiviolenza qualificato che l'avrebbe rifugiata e le avrebbe salvato la vita, e non lo ha fatto.

- Non il GIORNALISTA che con la solita insopportabile, stereotipa “follia”, assolve l’assassino.



La violenza sulle donne ha mille facce, è antica, è endemica, è la trama e l’ordito del tessuto sociale, e la violenza sessuale è la più diffusa in assoluto, giacché è la cifra, lo schema, il paradigma del sistema patriarcale, è il sistema con cui gli uomini delimitano il loro terreno di caccia, con cui definiscono chi comanda e chi ubbidisce, chi è il padrone e chi è la schiava. E’ la lingua con cui gli uomini comunicano fra loro.

Ma nell’immaginario collettivo, lo stupratore continua ad essere lo sconosciuto che abusa una donna perché lei è seducente e/o lo ha provocato.

In realtà se davvero il movente fosse la provocazione e il conseguente incontrollabile attacco di concupiscenza, l’uomo non stuprerebbe bambine di pochi mesi né anziane di 90 anni né il cadavere di una donna, né una pecora o una gallina. Non stuprerebbe donne completamente coperte dal burka o dall’abito monacale. Non stuprerebbe la donna del nemico per punirlo razziando tutto ciò che possiede, e in primis le sue donne. Roma nasce da uno stupro di massa: il ratto delle Sabine. Soprattutto gli stupratori non stuprerebbero in branchi perché in tal caso occorre l’organizzazione e quindi la premeditazione che è l’antitesi dell’istinto.

Va detto inoltre che la violenza sessuale più diffusa è quella che si consuma in ambito coniugale perché la moglie è proprietà privata per eccellenza, e seppure nel lontano 1975 il cosiddetto “dovere coniugale” sia stato cancellato dal diritto di famiglia, è più vivo che mai nella pratica di tutti i giorni.

A dir poco fantasiosa, oltre che estremamente misogina, la trovata di un giudice che per infliggere l’addebito della separazione alla moglie, la accusò di mancata “assistenza sessuale” al marito!

Ci scandalizziamo degli afgani che a 50-60 anni si prendono l’infame licenza di “sposare” bambine di 6 -7 anni e ucciderle a furia di stupri, dimenticando che il nostro paese ha il primato dei turisti sessuali che per pochi spiccioli vanno a stuprare le bimbe dei paesi più poveri e disperati.



Non c’è arte che non celebri o non si ispiri allo stupro. Tutte le arti classiche o moderne, vere o false sono un continuo pretesto per mostrare nudi di donne e donne nude anche legate, imbavagliate, inginocchiate, umiliate, uccise in un lago di sangue…. Lo hanno già fatto una casa di moda, un’azienda di prodotti per la pulizia della casa e un calzaturificio.



E adesso, cari siracusani, andate a guardare quante donne nude ci sono sul soffitto del Vermexio. Sono le veneri callipigie, che non significa veneri dagli occhi belli o veneri dal bel sorriso, no, no, significa “veneri dalle belle natiche”.

Siamo sommersi dalla pornografia. E la pornografia è propedeutica allo stupro. Distrugge l’autostima delle donne rendendole fruibili/commerciabili/commestibili, finché ormai si offrono esse stesse convinte che spogliarsi sia l’unica maniera di realizzarsi nella vita.

Illibata viene dal verbo libare che significa mangiare, trattasi quindi di ragazze non mangiate. Concetto perfettamente tradotto nella concreta rappresentazione delle giapponesi servite in tavola nude e coperte di cibo che i commensali mangiano direttamente sul loro corpo.



Dalla moda che propone abiti sempre più succinti, ai programmi tv sempre più sboccati e volgari (vedi “Ciao Darwin”, un autentico porcaio), alla pubblicità sempre più violenta e via via fino alle rappresentazioni più raccapriccianti, come nei film dove lo stupro si accompagna alle sevizie e alla morte, si arriva all’ellisse: porno = violenza = porno.

Domanda: perché un sadico come Dario Argento invece di essere ricoverato in psichiatria, viene definito un maestro del cinema? Perché uno sporcaccione come Tinto Brass viene definito anche lui un maestro del cinema?



Di fatto, una società che continua, da un lato, a promuovere nel genere maschile la forza, l’egocentrismo, la competitività, la mascolinità poligamica e stupratoria, e dall’altro a reprimerne la sfera emotiva, non può che produrre “analfabeti emotivi”. Uomini cioè incapaci di gestire il dolore, la rabbia, la tristezza, l’abbandono, che sfogano sugli altri il loro potenziale distruttivo scegliendo le loro vittime, da vigliacchi qual sono, fra le donne e i bambini.



Ogni volta che parliamo di uomini, c’è sempre qualche pia donna che, col sussiego di chi sta scoprendo l’acqua calda, ci raccomanda di non generalizzare perché gli uomini non sono tutti violenti, dominanti e delinquenti, perché ci sono gli uomini “bravi-buoni-perbene-rispettosi-amabili-meravigliosi”. A costoro rispondo con un motto di Einstein (e scelgo un uomo di proposito) che dice: “Il mondo è un posto pericoloso in cui vivere, non a causa di chi fa il male ma a causa di quelli che guardano e lasciano fare”. E per l’appunto gli uomini “bravi-buoni-perbene-rispettosi-amabili-meravigliosi” stanno a guardare. Indifferenti e forse segretamente compiacenti.



Dunque diamo forza ai centri antiviolenza doc, quelli nati dal femminismo che sono espressione della più grande e rivoluzionaria operazione “terapeutica” della storia: curare le ferite secolari delle donne e ricostruire la loro autostima distrutta dalla violenza patriarcale, giacché si incardinano sulla relazione fra donne, dove l’operatrice e la maltrattata si riconoscono l’una nell’altra entrando in sintonia, in armonia, in melodia. Essi trasmettono la forza immensa e la straordinaria bellezza della solidarietà femminile. Che esiste. Ed è grandiosa. Credeteci.

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