Sabato, 23/06/2012 - Quando una settimana dopo il terremoto ho chiesto a un’amica: Vieni a suonare per la mia terra? Lei mi ha risposto chiamando altri amici. Dopo pochi giorni un volantino ha incominciato a girare in internet e ieri sera è uscito dal mondo virtuale per incarnarsi sul palco del Teatro Garzoni di Tricesimo. Tutti insieme per l’Emilia era scritto sul quel foglio, a voce alta per la Bassa ho aggiunto io. E la voce tutti ce l’hanno messa, la voce, le parole, gli strumenti, il tempo, il cuore. Rebi Rivale, i Luna e Un Quarto, Giulia Daici, Elsa Martin, Lino Straulino, Paola Rossato ci hanno regalato quasi tre ore di viaggio fra note ed emozioni. Ognuno col proprio stile, ognuno con la propria storia fusi in un unico concerto che è servito a raccogliere soldi che serviranno a costruire qualcosa dove il terremoto ha distrutto tanto.
A volte penso che questo disastro stia dimostrando qualcosa a me e a tutti quelli che lo stanno vivendo come condivisione di un dolore, come voglia di seppellire l’impotenza, come forza di reagire che si moltiplica con l’unione, come capacità di riscoprirsi un unico puzzle, come stimolo per cercare di guardare oltre, verso progetti di serenità.
Ero distratta da mille cose inutili, ero precipitata nei miei problemi come tanti di noi e mi stavo rinchiudendo in un mondo stretto, quel mondo che non mi appartiene, quel mondo in cui vivo male. E’ arrivato lui, l’urlo della terra che diventa matrigna, e mi ha scaraventato addosso tanta paura per tutte le persone che amo e che l’hanno ascoltato dal vivo, tanto vuoto per tutte quelle torri e quei campanili e quelle case che non rivedrò più, ma anche la consapevolezza che quelle persone, quei luoghi fanno parte di me e che nessuna distanza o fine ci può dividere. L’Emilia fa parte di me, ma anche di noi. Cioè di me + quelle persone che condividono la mia vita di oggi in una regione che ancora conosco molto poco. Mi è bastato chiedere aiuto a un’amica e si è messo in moto qualcosa di contagioso che credo, spero andrà avanti ancora per molto tempo anche oltre il bisogno, anche nelle cose belle. La musica. La poesia. La condivisione. La voglia di fare. Abbiamo il corpo e la mente liberi dalle macerie, siamo in grado di occuparci delle macerie da lontano mettendo in campo quello che sappiamo per aiutare a toglierle di mezzo, mentre altri se ne occupano da vicino facendo passare qualche ora piacevole a gente che al terremoto ha lasciato tanto. Altri come Fabrizio Frabetti , Gianni Brussa e Daniele Stefanutto che quando possono partono da casa e vanno a suonare nelle tende di San Felice, Camposanto, Cavezzo. Certo qualcuno potrebbe obiettare ma a cosa serve l’arte a gente che ha bisogno di case? Serve a vivere un attimo di serenità, serve a unire nonostante i chilometri, serve a fare tutto quello che con lei si può fare da lontano per raccogliere fondi, ma soprattutto serve per non restare alla finestra. E di questo abbiamo bisogno tutti. Di non restare alla finestra.
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