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A Vienna il femminismo incontra l'urbanistica

A Vienna il femminismo incontra l'urbanistica

- Un esempio di attenzione di genere nella riqualificazione degli spazi verdi e negli interventi urbani. È il programma attuato con “Women’s Office” nella capitale austriaca

Giulia Custodi Lunedi, 21/03/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2016

La città è un vestito, e le donne lo abitano proprio come gli uomini; l’unico problema è che resta, per abitudine, un vestito ... da uomo. Adattare questo abito urbano alle donne è necessario per affrontare in maniera operativa la coesistenza tra uomini e donne in città (e i fatti di Colonia dello scorso 31 dicembre non fanno che aumentare l’urgenza di questa esigenza). Non basta una cintura o una collana di perle. E, ben inteso, per femminilizzazione di una città non si intende di certo colorarla di rosa!

Grazie al processo di emancipazione e da quel momento storico in cui le piazze e le strade hanno cominciato ad essere teatro delle battaglie femministe, è parso chiaro come la città stessa appartenesse anche alle donne.

Esiste infatti uno stretto legame tra la società e il luogo in cui essa vive, che ne è il riflesso. Tale legame si esplicita nel fatto che le città subiscono dei mutamenti, nella forma e nella sostanza, in ragione delle trasformazioni sociali. Ad esempio i grandi boulevards hausmanniani che a metà ‘800 tagliarono il tessuto storico medioevale di Parigi per collegare in maniera più diretta e “razionale” alcuni brani della città, oppure via della Conciliazione a Roma, sono l’espressione di una volontà politica che risponde ad esigenze (a volte più o meno condivisibili) di una società che sta cambiando.

Oggi, molti cambiamenti urbani sono legati alla digitalizzazione, al bisogno cioè di adattare infrastrutture, residenze e spazi pubblici all’era telematica. L’altro grande cambiamento è generato dalle istanze delle donne. Infatti diversi studi scientifici cominciano ad analizzare i cambiamenti urbani in una prospettiva “di genere”: la presenza sempre più massiccia delle donne in tutti i campi della vita, produce un effettivo cambiamento nella città?

Mi sono trovata più volte di fronte alla questione di quali modifiche urbane possano essere attribuibili ad una maggior presenza femminile nelle varie professioni (nello specifico architette, urbaniste, paesaggiste e designers) o, viceversa, quali cambiamenti o risoluzioni legate alle politiche urbane siano state prese nell’ottica di rendere le città più vivibili per le donne (e se questa visione oltretutto non nuocesse alle donne stesse, rischiando di cadere nella stereotipizzazione di ruoli come mogli, madri e casalinghe ...!).

Vienna è un esempio molto importante a riguardo, per gli interventi urbani “Gender Mainstreaming” condotti a partire dall’inizio degli anni ’90 .

La prima azione, di sensibilizzazione politica, è stata una mostra, nel 1991, intitolata “To whom does public space belong ? Women’s everyday life in the city” (A chi appartiene lo spazio pubblico? La vita quotidiana delle donne in città) e seguita nel 1992 da un concorso ad inviti (per sole donne!) per la realizzazione di un complesso residenziale di social housing, progettato con “attenzione per le attività e la vita quotidiana delle donne”. Il concorso fu vinto dall’architetta Franziska Ulmann e l’edificio, chiamato Frauen Werk Stadt I è un esempio intelligente di progettazione urbana attenta ai bisogni delle donne e non solo: è per estensione un progetto attento al vivere bene di tutti quei soggetti sociali che fino ad oggi non sono stati presi abbastanza in considerazione in architettura come in urbanistica.

In questo edificio ogni spazio è studiato per garantire una vivibilità elevata: gli accessi sono sempre illuminati (molto importante soprattutto per sentirsi liberi di camminare di notte, ad esempio), la corte interna è accessibile sui due lati opposti, per creare un flusso continuo ed evitare percorsi pedonali senza via d’uscita, gli interni delle abitazioni sono organizzati in modo da ottenere un’alternanza di spazi giorno e notte sui fronti esterni ed interni, affinché la “sorveglianza” naturale delle strade da parte degli abitanti sia costante .

Per coordinare questi interventi, il comune istituì nel 1992 il cosiddetto “Women’s Office”, coordinato dall’urbanista e femminista Eva Kail, che si è dedicato anche alla progettazione e riqualificazione di spazi verdi e piazze. Nel 2002 ad esempio, attraverso un gruppo di lavoro cittadino, si è tenuto conto delle opinioni di giovani ragazze utenti di un parco, per conoscerne desideri e aspettative. il risultato fu che le ragazze si espressero per una maggiore differenziazione dei giochi, per avere degli spazi solo per loro, e degli spazi “filtro” destinati all’incontro tra ragazzi e ragazze. Mentre la divisione maschi-femmine evocata dalle ragazze fa sorridere (anche se fino ad un certo punto) le indicazioni sulla differenziazione dell’offerta di gioco furono molto importanti per la progettazione. L’idea per cui in uno spazio pubblico il campetto da calcio è “normale” mentre non si pensa quasi mai ad un tavolo da pingpong, o a un campo da badminton, è esemplare di quanto radicato possa essere in architettura e in urbanistica un certo stereotipo.

Vienna è solo un esempio, tra i molti in Europa , di come la presenza attiva delle donne nella società sia alla base di riflessioni che portano alla ricerca di soluzioni urbane migliori per la vivibilità della città: la spinta propulsiva della richiesta di uguaglianza di genere e al tempo stesso dell’attenzione alle differenze si traduce in una “politica del care”, in cui l’insegnamento delle attività di cura (che possono andare dalla cura dell’anziano all’attenzione per i pedoni) un tempo affidate alle sole donne, è finalmente, e tramite le donne stesse, al servizio della città. Il “Women’s Office” oggi è stato inserito nelle politiche urbane della città, il che non deve per forza essere visto come una sconfitta: infatti le politiche di genere sono davvero integrate nella mentalità di Vienna, e questo è forse la più grande conquista.



 

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