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A una sentenza sconcertante consegua un rilevante mutamento normativo

A una sentenza sconcertante consegua un rilevante mutamento normativo

Perchè il reato di violenza sessuale sia giustamente valutato è determinante una legge che ne attesti una volte per tutte la sua gravità.

Lunedi, 06/02/2012 - La scorsa settimana la III sez. penale della Corte di Cassazione, presieduta dal dott. Viale, con la sentenza n. 4377 ha statuito che non sia obbligatorio il carcere per chi è imputato di violenza sessuale di gruppo, annullando la precedente ordinanza del Tribunale di Roma che aveva confermato la custodia in carcere per due ventenni sospettati di aver abusato l’estate scorsa di una ragazza. Nella decisione i giudici si sono richiamati ad una precedente pronuncia della Corte Costituzionale, sent. n.265/2010 che, prevedendo la non obbligatorietà della carcerazione per chi stupra e compie atti sessuali con minorenni, aveva argomentato in tal senso per rispetto degli artt. 3 (uguaglianza), 13 (inviolabilità della libertà personale) e 27 (finalità rieducativa della pena) della Costituzione.

In una sorta di specifico trasversalismo politico le parlamentari di varie appartenenze hanno immediatamente espresso la propria riprovazione per la sentenza della Cassazione, definendola: “aberrante”(Saltamartini,Pdl), “lacerante”(Pollastrini,Pd), “non condivisibile”(Carfagna,Pdl), “fortemente limitativa per le denunce delle vittime”(Bellanova,Pd), “bomba ad orologeria”(Mussolini,Pdl). Finanche l’ex ministro degli interni Maroni l’ha apostrofata come “brutta sentenza”. E a ragione perché sotto il suo dicastero si era trasformata in legge, n.38/2009, un decreto che inaspriva le misure cautelari per una serie di reati a grave allarme sociale, tra cui si era fatto rientrare anche la violenza sessuale contro le minorenni. Ma i giudici della Cassazione con la suddetta sentenza hanno concesso ai magistrati, che esamineranno i singoli casi, la possibilità di scegliere quale sia la pena preventiva da applicare, decidendo conseguentemente per la carcerazione o per altra misura cautelare. D’altronde la Corte Costituzionale con la sentenza precedentemente richiamata aveva già deciso in tal senso per i reati di violenza sessuale contro i minorenni, ritenendo che la modifica dell’art.275 c.p.p. conseguente al decreto Maroni non potesse limitare l’autonomia dei giudici, in merito alla valutazione dei requisiti oggettivi e soggettivi su cui basare la decisione relativa alla misura preventiva della carcerazione.

Qui è il punto. Nella separazione dei poteri, così come è sancita dalla Costituzione, alla magistratura compete l’applicazione delle norme, conseguenti al riconoscimento giurisdizionale degli illeciti, non “la valutazione politica” delle stesse. A mio modesto parere, la Cassazione è andata oltre i propri poteri, perché la ragione che sottostava alla legge 38/2009 era di suddetto genere: primariamente porre un freno all’espandersi del reato di stupro, particolarmente aberrante in quel periodo storico, con misure di custodia preventiva più aspre, secondariamente considerare tale reato grave al pari dell’omicidio o di altri reati particolarmente efferati. Si può essere o no d’accordo con questa motivazione “politica”, ma sta di fatto che il legislatore ha il compito di normare la realtà, fungendo anche da “educatore”. Di certo il fenomeno della violenza sessuale è un fenomeno che non può essere affrontato solo comminando le pene a chi ne sia riconosciuto autore, ma agendo anche in via preventiva, ossia ponendo un argine al fenomeno sociale in sé. Se 6.743.000 donne nel corso della propria vita hanno subito violenza fisica o sessuale, ci troviamo di fronte a dati allarmanti, ragione per cui un reato così grave deve prevedere un sistema normativo particolare. Se, inoltre, lo stupro è di gruppo, quindi, ancor più devastante per la vittima, non si comprende perché non possa conseguire la carcerazione preventiva a tale circostanza aggravante Difatti dovrebbe essere spiegato perché “l’agire in gruppo in altri reati, quali partecipazioni a manifestazioni non autorizzate, aggressioni a persone, rapine, costituisca un aggravante e nel caso di stupro no”(C. Saraceno). L’on. ed avv. G. Buongiorno ha ben delineato ciò che sottende alla pronuncia n.4377/2012: “la Corte ha considerato lo stupro un reato non grave”. Il relatore della sentenza in questione ha così motivato la decisione: “la ragionevolezza della legge n.38/2009 non può essere fondata sull’esigenza di risposta all’allarme sociale per il moltiplicarsi di delitti a sfondo sessuale…..perchè la prevenzione generale non può essere considerata tra le finalità della custodia preventiva”.

Eh no, proprio no!!! Svolgendo pochi anni fa un questionario sulla violenza sessuale in una scuola secondaria, alla domanda se fosse condannabile in egual misura lo stupro di gruppo e quello individuale, gli studenti di sesso maschile risposero di no considerando il primo meno grave perchè “la pena si suddivideva tra i vari autori”. Se questo è il panorama culturale in cui potrebbero muoversi i nostri adolescenti, le norme servono ad educare al fine di prevenire il fenomeno criminoso. Le leggi hanno anche questa funzione precipua che viene sottolineata anche dagli insegnanti, allorchè sottolineano che le norme servano a tutelare i più deboli dai più forti. Sarebbe più che opportuno che ciò avvenga sia nella fase preventiva che successiva alle eventuali pronunce dei giudici, finanche quelle della Corte di Cassazione. Dalla sua sentenza dovremo, quindi, ripartire di nuovo per dare un rinnovato impulso ad una iniziativa legislativa nuova, che una volta per tutte statuisca la gravità del reato di stupro. Ora più che mai è possibile agire in tale direzione, perché tre ministre, Severino, Cancellieri, e Fornero (Giustizia, Interni e Pari Opportunità), dovrebbero costituire una seria garanzia per il perseguimento dell’obiettivo finale. Se non ora, quando?

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