E' visitabile fino al 22 settembre la mostra 'Vivian Maier. The Self-portrait and its Double'
Giovedi, 01/08/2019 - Settanta autoritratti in bianco e nero e a colori raccontano la vita misteriosa di Vivian Maier. E' la mostra "Vivian Maier. The Self-portrait and its Double” in corso a Trieste presso il Magazzino delle idee, organizzata dall’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale in collaborazione con John Maloof Collection e Howard Greenberg Gallery di New Yorke e curata da Anne Morin di Chroma Photography, Madrid. Obiettivo della mostra, visitabile fino al 22 settembre, è raccontare come l’artista si vedeva e come percepiva il mondo che la circondava.
"Vivian Maier trascorre tutta la vita in anonimato fino al 2007, quando il suo immenso e impressionante lavoro, composto da più di 120.000 negativi, filmati Super 8mm e 16mm, diverse registrazioni audio, alcune fotografie e centinaia di rullini non sviluppati, viene scoperto da John Maloof, fotografo per passione e agente immobiliare per professione - spiegano gli organizzatori -. Dopo aver stampato alcune foto, Maloof le pubblica su Flickr, ottenendo un forte interesse che diventa virale. Pertanto decide di fare delle indagini sulla donna che ha scattato quelle fotografie. Vivian Maier nasce a New York il 1 febbraio 1926, i genitori presto si separano e la figlia viene affidata alla madre, che si trasferisce presso un’amica francese, Jeanne Bertrand, fotografa professionista. Negli anni Trenta le due donne e la piccola Vivian si recano in Francia, dove Vivian vive fino all’età di 12 anni. Nel 1938 torna a New York, città in cui inizia la sua vita da governante e bambinaia. Un ruolo che ricoprirà per oltre quarant’anni.
Per anni Vivian Maier è solo una 'tata francese' mentre, nella stanzetta messa a disposizione dalla famiglia presso cui abita, coltiva una passione immensa, la fotografia. Vivian passa la sua vita a catturare immagini, prima con la macchina fotografica Rolleiflex poggiata sul ventre, e poi con la Leica davanti agli occhi. Riproduce la cronaca emotiva della realtà quotidiana. I soggetti delle sue fotografie sono persone che incontra nei quartieri degradati delle città, frammenti di una realtà caotica che pullula di vita, istanti catturati nella loro semplice spontaneità. Molte foto testimoniano i viaggi dell’artista in giro per il mondo, con uno sguardo meravigliato e incuriosito sulla società contemporanea.
Nella serie di autoritratti esposti al Magazzino delle Idee, l’artista si ritrae su superfici riflettenti, specchi o vetrine di negozi. Il suo interesse per l’autoritratto è più che altro una disperata ricerca della propria identità. Produce discretamente prove inconfutabili della sua presenza in un mondo che sembra non avere un posto per lei. Riflessi del suo volto in uno specchio o in un infinito ritorno della sua immagine, la sua ombra che si allunga a terra, o il profilo della sua figura: ogni autoritratto di Vivian Maier è un’affermazione della sua presenza in quel particolare luogo, in quel particolare momento. La caratteristica ricorrente, che è diventata poi una firma nei suoi autoritratti, è l’ombra: quella silhouette il cui tratto principale è il suo essere attaccata al corpo, quella copia del corpo in negativo, 'ricavato dalla realtà', che ha la capacità di rendere presente ciò che è assente. Infatti, sebbene l’ombra dimostri l’esistenza di un soggetto, allo stesso tempo ne annulla la presenza. All’interno di questa dualità, Vivian Maier gioca con il sé fino al punto di scomparire e di ricomparire nel suo doppio, riconoscendo forse che l’autoritratto è un “intervento in terza persona che dimostra la coesistenza della presenza e della sua assenza.
Autoritratti in bianco e nero, il tema del doppio rivelato negli specchi e negli oggetti riflettenti, 11 fotografie a colori, mai esposte in Italia e realizzate dopo gli anni Sessanta, raccontano il passaggio dalla Rolleiflex alla Leica. Inoltre, Film in Super 8, girati dalla stessa artista e il film documentario “Finding Vivian Maier” diretto da John Maloof nel 2013 fanno da corredo alle fotografie in mostra. “Se hai qualcosa da dire, meglio farlo stando dietro la macchina da presa che di fronte”. Vivian Maier
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