Storia - La tendenza a rimuovere l'aspetto di disumanità ed inciviltà che sta alla base dei conflitti
Bertolini Tatiana Lunedi, 02/05/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2011
A Rovereto, città cruciale durante lo svolgimento della I guerra mondiale, è stato allestito un museo della guerra. Oltre all’apparato bellico è presente un’ampia iconografia, varie testimonianze di quello che ha rappresentato la guerra per i civili della cittadina, e come era vista la cosa da parte di chi combatteva.
Se è vero infatti che le guerre e le battaglie si vincono e si perdono e quindi la strategia e le manovre sono importanti, è altresì vero che comunque gli eserciti sono formati da uomini, e che uomini sono anche i civili che subiscono tutto questo, cosa assai spesso dimenticata quando si affronta lo studio della storia.
Nel periodo compreso sotto la voce Storia Moderna, e che va dalla scoperta delle americhe alla Rivoluzione Francese, ciò su cui si batte maggiormente sono proprio le guerre, quelle di religione, la guerra dei trent'anni, la guerra dei sette anni, quelle di Successione ecc..
Come vengono affrontate nei programmi scolastici non solo queste ma le guerre in genere?
Per cercare di rispondere a questa domanda è stato consultato una piccolo campionario di testi in dotazione nelle scuole medie inferiori e superiori in questo ultimo decennio. Non sono sostanziali le differenze riscontrate con i testi di trenta anni fa sui quali abbiamo studiato noi. Per certi aspetti le cose sono anzi peggiorate. Le recenti riforme scolastiche che si sono succedute non hanno aiutato certamente la comprensione e l'approfondimento della storia. Il primo anno del triennio professionale successivo alla scuola dell'obbligo, prevede un programma che va dalla preistoria alla fine del 1500. Con il risultato che gli argomenti sono estremamente compressi e le schede di approfondimento sono tali più di nome che di fatto. Ma un elemento generale accomuna l'esame dell'argomento: oserei dire che le guerre sono presentate con una sorta di meccanismo di rimozione da una parte e di giudizio di inevitabilità delle stesse dall'altra.
Quando si parla di guerre sui testi scolastici spesso ci si limita a parlare in modo sbrigativo delle cause e a ricordarne le battaglie. Un po' quello che in tempo reale succede con le guerre odierne. In sostanza si tende a rimuovere l'aspetto di disumanità ed inciviltà che sta alla base delle stesse. Una sensazione simile ricordo di averla studiata con la nostra storia risorgimentale durante la scuola dell'obbligo. Le guerre di indipendenza erano viste come necessarie per ricomporre l'unità geografica e politica nel nostro paese, ogni guerra un passo inevitabile per aggiungere pezzi di territorio allo stato sabaudo. In tal modo riusciva poi difficile comprendere le ragioni dei non interventisti durante la Prima guerra mondiale. E' chiaro che un siffatto approccio alla storia può far apparire come visionari o irrealisti coloro che oggi si battono contro la guerra "come strumento di risoluzione per le controversie fra i popoli", ed in questo bisogna riconoscere l'attualità della nostra costituzione, e la lungimiranza dei componenti della Assemblea Costituente.
In alcuni casi ci si sofferma ad analizzare come sono cambiate le tecniche belliche nel corso dei secoli e già qui ci si trova di fronte ad un curioso eufemismo in quanto sull'argomento si parla di "arte della guerra", come se l'uccidere persone armate o no possa essere considerato una forma d'arte. Per vincere le guerre è necessario nel corso dei secoli, dotarsi di nuove armi che richiedono notevole impegno e sforzo economico per la loro fabbricazione. Questa sarebbe una delle cause che avrebbero portato alla formazione degli stati nazionali: i singoli feudi erano destinati a soccombere, a differenza di uno stato nazionale, dinanzi ai cannoni e agli archibugi. Sempre per restare in argomento alcuni testi parlano dell'arte ossidionale, ovvero degli assedi. Ma anche in questo caso si esamina l’aspetto tattico e militare e non di come viveva la gente nelle città assediate.
A partire da Medioevo le guerre non si consumano più solo sui campi di battaglia, ammesso che sia mai stato così, ma recano con loro tutto un corollario di saccheggi e scorrerie: in genere si ricorda il Sacco di Roma, ma anche quello di Gand con decine di civili torturati in piazza non andrebbe dimenticato. Durante la guerra dei trent'anni in Germania un villaggio venne saccheggiato sette volte in un giorno solo. Viene da chiedersi alla fine cosa fosse rimasto di quel centro abitato. Esempi come questo però è difficile trovarne sui manuali scolastici in genere, le guerre sono sempre descritte dalla parte dei sovrani, questioni dinastiche, commerciali, svolgimento delle battaglie, cambiamento delle alleanze Esse rischiano di diventare un elemento necessario per lo svolgimento della storia, oltre che una conseguenza di scelte politiche precise. Saper condurre una guerra è la principale dote di un sovrano. In alcuni testi però si rileva il dibattito sorto nel ‘600 fra l'ideologia dominante che vede le guerre ancora una volta come l'ultima via per la risoluzione delle controversie, una volta esaurite le sottigliezze della diplomazia , e la posizione di alcuni filosofi quali Hume che da un lato ridicolizzano il concetto dell'onore e dell'eroismo e le virtù militari, mentre dall'altro propongono l'idea di un contratto sociale fra gli stati ed una legge delle nazioni.
A spingerli a queste riflessioni, peraltro ovviamente rimaste a lungo inascoltate, sono le considerazioni sugli effetti della guerra, che sicuramente erano più cruente di come si vorrebbe sostenere. Ampio spazio viene ovviamente dato alle battaglie di Napoleone, secondo diversi storici esse, e le sue campagne militari sarebbero le prime di dimensioni realmente notevoli. Ma anche qui scatta il fenomeno di rimozione già indicato, strategie, tattiche, numeri cioè l’aspetto quantitativo ma poco o nulla di quello che ciò ha significato per la popolazione ovvero essere un paese occupato da un esercito straniero quand'anche si presenti come liberatore. Riguardo al Risorgimento italiano è interessante notare come il celebre quadro di Borrani "Le cucitrici di camice rosse" appaia in diversi testi. Sicuramente è molto esplicativo di un'atmosfera che aveva permeato l'intera società, coinvolgendo anche chi, come ad esempio le donne, erano sempre state poste ai margini della vita sociale. Del resto è proprio con il risorgimento italiano che si impone la figura di Adelaide Cairoli, quale modello della madre cittadina. Però a questo punto è necessario fare una distinzione: un conto è mostrare come era la vita allora, come erano vissute certe situazioni, e come erano valutate determinate scelte politico-miltari. Un altro è leggerle oggi con uno sguardo maggiormente critico, cercando di vedere cose che allora per motivi anche semplicemente di propaganda o censura militare non era permesso di analizzare. In compenso viene dedicato ampio spazio nei vari testi all’iconografia miliare.
Se ogni guerra nasce da un trattato di pace, è anche vero che le conseguenze degli eventi bellici forniscono spesso l'appoggio dell'opinione pubblica per una successiva risoluzione militare. Non sono banalità questi aspetti, restano nella memoria storica e collettiva, fomentate dall'iconografia militare rendono inevitabile l'idea della guerra, anche solo per rispondere a precedenti offese e resta difficile se non impossibile, lo sviluppo e l'affermazione del concetto di pacifismo.
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